CAPITOLO 12

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Passo il resto della settimana ad usare di nascosto il telefono, ad uscire fuori per fare foto ma senza mettendomici davvero d'impegno, mi ritrovo ad essere troppo occupata a cercare di individuare un ragazzo dalla felpa e cappuccio nero, ma niente. Sembra quasi che lui sappia che io lo stia cercando e si mostra solo quando meno me lo aspetto, impresso in una delle tante foto che scatto. Le ho analizzate a lungo, le foto, per tentare di scorgere anche un minimo dettaglio del suo viso, corpo o vestiario ma con scarsi risultati, solo una felpa nera e una macchina fotografica in mano. Si aggira nel mio quartiere ma non mi sembra di averlo mai visto, è possibile che io mi stia creando solo paranoie inutili e che si tratti di un semplice ragazzo a cui piace fotografare e vestire di nero.
A casa le cose sono sempre le stesse, non sembrano migliorare di una virgola e penso spesso di volermene andare.
< Non sembra che ti crei molti problemi il non avere più un telefono > pronuncia mio padre tenendo lo sguardo fisso sul suo piatto di pasta
< No infatti > in tono fermo
< Mi costringi così a toglierti dell'altro...> alza lo sguardo severo su di me.
Vorrei poter urlare, alzarmi bruscamente e buttare a terra tutto ciò che c'è in tavola,  chiudermi in camera per giorni non rivolgendo la parola più a nessuno, tuttavia so che facendo così non faccio altro che fargli capire quanto questa situazione mi stia stressando. Utilizzo, perciò, l'atteggiamento che mi piace usare spesso durante i litigi, quello che fa ribollire il sangue a qualsiasi persona: l'indifferenza.
< Come vuoi, io non cambierò università > dico in tono piatto
< D'accordo, da oggi userai la tua macchina fotografica solo per l'università, non voglio vederti uscire di casa per passare il tuo tempo a scattare delle inutili foto > dice tenendomi testa.
Non si è mai scosso durante un litigio, non ha mai alzato la voce, guarda dritto negli occhi le persone e con sguardo rilassato e in tono severo pronuncia il suo verdetto.
Rimango in silenzio per qualche minuto, respiro a fondo e pianto il mio sguardo gelido su di lui
< Come vuoi tu, papà > a denti stretti
< Bene, ci siamo capiti allora > si alza da tavola per dirigersi in camera sua
< Tesoro...> mi poggia una mano sulla spalla mia madre
< Lasciami > me la scrollo di dosso
< Lo fa per te, vuole che tu abbia un futuro >
< Sai mamma, lui non lo fa per me... > parlo in tono piatto, ma le lacrime cominciano a scendere lungo le guance < lo fa per se stesso, lui vuole solo che io segua i suoi passi, vuole solo che mi trovi un lavoro che mi occupa tutta la giornata ma che mi faccia guadagnare un sacco di soldi...a lui interessano solo quelli >
< Non dire cosi Alice...> passa la sua mano sulle mie guance per asciugarmi le lacrime
< Me ne andrò via di qui molto presto...questa non è una casa...è una gabbia >

Il resto della serata, mentre mio padre è in doccia e mia madre in soggiorno, mi organizzo per telefono con Tailer e Grace la giornata che avrei passato con loro domani. Saremmo andati nuovamente sul tetto e dopo a fare qualche acquisto in giro per i negozi.

L'ARTE DI UNA PROMESSA (Completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora