CAPITOLO 56

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Per la terza volta, mi sto incamminando verso la casa di Seba intenta a vederlo e a potergli parlare a costo di rimanere seduta sugli scalini, davanti alla sua porta, per tutto il giorno. Mi sta respingendo, vuole non vedermi e sentirmi per riuscire a dimenticarsi di me, ma al campeggio mi serviva una prova, una prova che lui mi volesse, ne ho avuta più di una e non sono perciò intenzionata ad andarmene. Come le volte precedenti, busso e suono il campanello insistentemente ma il silenzio che incombe la casa mi fa pensare che non ci sia nessuno al suo interno. Mi siedo perciò, sugli scalini in marmo bianco, che precedono la porta e attendo che qualcuno si faccia vivo prima che cali il sole.
Passo le prossime due ore a installarmi strani giochi al telefono per far passare il tempo, a fare una videochiamata con Recel aggiornandola di tutto l'accaduto e a pensare cosa potrei dire a Seba. Per poco non chiudo gli occhi addormentandomi definitivamente quando a pochi centimetri da me si ferma la macchina dei genitori di Sebastian.
< Tesoro..> mi guarda con sguardo accigliato Gabriella < che ci fai qui > dalla macchina escono suo marito, il piccolo Cristian e una figura imponente con felpa e cappuccio alzato, i suoi occhi incrociano i miei e mi fissa con sguardo teso e sopracciglia inarcate
< Io...volevo parlare con Sebastian > ingoio a fatica
< Ma aspetti da molto? > mi domanda lei venendomi ad abbracciare < è così bello rivederti > sussurra
< No, no...qualche minuto >
< D'accordo > mi sorride < allora noi entriamo dentro > si fanno strada dentro casa chiudendo la porta alle loro spalle mentre Seba si avvicina a passo lento verso di me
< Da quanto aspetti...seriamente > alza un sopracciglio scrutandomi dalla testa ai piedi
< Tre ore...> sussurro
< Accidenti Alice! Perché? > si agita
< Perché cosa.... > corrugo la fronte
< Perché continui a volermi vedere, a chiamarmi e a mandarmi messaggi >
< Perché tu mi piaci > abbasso lo sguardo < e ti piaccio anche io >
< Ti prego basta! Ti ho detto quello ciò che è successo non perché tu mi facessi da croce rossina e mi aiutassi ad uscirne, te l'ho detto perché così tu potessi allontanarti da me spontaneamente >
< Si ma non lo voglio fare >
< Cazzo! > sbotta < Ma come devo parlare con te, perché continui a non capirmi...ti sto dicendo che non sarò mai in grado di darti ciò che vuoi >
< Tu mi stai dando molto più di quello che pensi > dico
< Ah si? E come? Dicendoti che sei brava a fare foto e ad aver concesso che una delle tue fotografie fosse appesa ad una mostra? Questo mica basta a reggere una relazione >
< Mio padre...ha venduto la mia macchina fotografica > abbasso lo sguardo < da quando ti ho conosciuto non mi è più importato ciò che pensasse lui di me... penso a te in continuazione e tu mi fai sentire bene, speciale...e sono sicura che se andassimo più a fondo tu riusciresti a darmi molto altro >
< Certo, ma non amore, la mia diventerà ossessione >
< Tu hai solo bisogno di qualcuno che ti ami e io...posso esserne in grado >
< Tu non mi piaci > pronuncia con indifferenza
< Non è vero...> scuoto la testa < stai solo cercando di farmi allontanare da te, non ti credo >
si muove in maniera agitata e respira pesantemente 
< Vattene! > dice, scuoto la testa < Te ne devi andare Alice mi stai stufando >
< Si anche tu > mi avvicino per poterlo afferrare dalle braccia < Smettila-di-respingermi > lo fisso dritto negli occhi, percepisco la rabbia e la frustrazione, mi guarda come per supplicarmi di lasciarlo andare. < baciami...> sussurro a poca distanza dalle sue labbra, sento il suo respiro farsi più regolare e i suoi muscoli sciogliersi.
< Mi dispiace...> si scrolla dalla mia presa < va a casa Alice... > dice prima di entrare dentro casa sue e sparire dalla mia vista.

L'ARTE DI UNA PROMESSA (Completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora