The Story

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Tutti questi segni sul mio viso
Raccontano la storia di chi sono
Cosi tante storie di dove sono stata
E come sono arrivata dove sono
Ma queste storie non hanno significato
Quando non hai nessuno a cui raccontarle
E' vero
Io sono stata fatta per te

Ho scalato le cime delle montagne
Nuotato per l'oceano blu
Ma ,baby , io li ho superati per te
Perché anche quando ero squattrinata
Tu mi hai fatto sentire molto preziosa
Si lo fai
E io sono stata fatta per te

Vedi il sorriso che è sulla mia bocca
Sta nascondendo le parole che non escono
E tutti i miei amici pensano che io sia benedetta
Loro non sanno che la mia testa è incasinata
No,loro non sanno chi sono realmente
E loro non sanno cosa ho passato ma tu si
E io sono stata fatta per te

Tutti questi segni sul mio viso
Raccontano la storia di chi sono
Cosi tante storie di dove sono stata
E come sono arrivata dove sono
Ma queste storie non hanno significato
Quando non hai nessuno a cui raccontarle
E' vero
Io sono stata fatta per te

oh si è vero
Io sono stata fatta per te
The Story- Brandi Carlile.
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Fino all'ultimo aveva sperato che la sua fosse solo una stupida infatuazione. Eppure non riusciva a immaginare un momento della sua vita in cui non lo avesse amato. Lui era stato il primo uomo a tenerla fra le braccia non appena era nata; le aveva cambiato pannolino e vista correre nuda come un verme nel giardino di casa sua.
Sette erano gli anni che li separavano e per lui era solo una sorellina.
Viv, con la sfacciataggine tipica di chi era cresciuto tra un branco di uomini, dopo i sedici anni aveva sempre lanciato battutine maliziose a quell'uomo che le piaceva tanto. Tutti, lui compreso e a partire da suo padre, ci avevano riso. Non l'avevano mai presa sul serio e inconsciamente ne aveva sofferto; maledetto gli anni che li dividevano e odiato anche lui per quel modo in cui l'aveva sempre trattata. Per averle instillato nella mente l'idea che non avrebbe amato nessuno che non l'avesse guardata nel modo in cui faceva lui.
La consapevolezza l'aveva colpita a quindici anni, all'improvviso, quando lo aveva visto in una festa di paese attaccato a una mora. Quella sera, il cuore si era stretto tanto che aveva pensato di morire e il mondo le era crollato addosso.
Oggettivamente, era bella: capelli come il fuoco, occhi azzurri, naso all'insù, labbra carnose, l'incarnato di porcellana e il corpo formoso e ricoperto da lentiggini. Vivienne era sempre piaciuta ai ragazzi, ma nessuno era lui.
Aveva collezionato esperienze su esperienze senza sentir nulla, in parte si rifiutava di amare qualcuno per cui non era nient'altro se non un bel corpo.
Ricordava ancora quella volta in cui, in tono malizioso, gli aveva detto che sarebbe stata la donna che avrebbe sposato. Lui aveva sorriso, forse a disagio perché Viv lo aveva sempre messo in soggezione nonostante fosse adulto e lei una ragazzina.
Ironia della sorte ora era al suo matrimonio. Di lui. Con una ragazza che non era lei.
Si sentiva frastornata, forse perché la sera prima aveva bevuto tanto da non sapere il suo nome o forse per l'aver ingoiato un ansiolitico accompagnato da un sorso di vodka, prima di uscire da casa.
Aveva diciotto anni e sentiva come se quella cerimonia fosse il funerale del suo cuore caduto in battaglia. Una guerra che aveva perso a causa della sua età.

Aveva voluto sopprimere tutto: il dolore; la perdita; l'amore; la schiacciante consapevolezza di non essere stata abbastanza. Sempre troppo o troppo poco. Così quella mattina - quando si era svegliata - la sua vanità di donna le aveva imposto di indossare il suo vestito migliore. In seta, della stessa sfumatura dei suoi occhi e lungo fino ai piedi, le lasciava scoperta la schiena fino a mostrare le fossette di venere - di cui andava fiera - le spalle coperte da lentiggini e il tatuaggio che le percorreva la spina dorsale. Una frase.
Non le importava di ciò che avrebbe potuto dire il resto degli invitati; Viv era conosciuta per la sua ribellione, la voglia di attirare l'attenzione e gli sguardi.
Si ritoccò lo chignon sbarazzino sulla nuca, il viso incorniciato da qualche ciocca. Il cuore trasformato in pietra, l'orgoglio di non voler versare neanche una lacrima e il sorriso plastificato sulla bocca. E mentre un boato di applausi esplodeva, riusciva a sentire solo il rumore della sua anima che si sbriciolava ai suoi piedi e sulle sue Jimmy Choo.
Era morta.
Era al suo quinto flute di spumante, si era scolata un paio di shot di tequila con il più grande dei suoi due fratelli, Gabe, mangiato abbastanza da non permettersi di ubriacarsi con Nate - l'altro - e ballato con suo padre Richard e qualche altro invitato.
I novelli sposi ballavano. Felici.
Bevve un altro sorso e si alzò. Camminò in loro direzione e prima di parlare respirò profondamente, anche se i polmoni le bruciavano come fossero in debito di ossigeno.
《Posso ballare con lo sposo?》 Domandò, fingendosi raggiante, con quel sorrisetto impertinente che l'aveva sempre caratterizzata.
Sasha annuì. Era l'opposto di Viv con quel suo atteggiamento calmo e posato. Alcune volte le ricordava una nonna, non in senso dispregiativo ma come una donna che aveva visto e vissuto tanto da sapersi comportare in ogni occasione.
Viv non era mai riuscita a odiarla sul serio. Sasha era gentile, delicata, dolce e bellissima nel suo abito da sposa.
Quando si allontanò, Viv lo vide con la coda dell'occhio irrigidirsi.
《Ehi》, sussurrò, calma. Con le braccia gli circondò il busto mentre ancora una volta malediceva la sorte che per quell'occasione aveva scelto The story di Brandi Carlile. La sua guancia era sulla tempia di lei. Viv cominciava a sentire la malinconia sepolta da quintali di forza d'animo venire a galla.
《Sei qui a ripetermi che sono stato pazzo a sposarmi?》 Chiese, sulla difensiva. Viv, durante i mesi della preparazione di quell'evento, lo aveva spronato ad aprire gli occhi. Mossa dalla gelosia e in parte dall'istinto. Scosse il capo.
《Credo ancora che venticinque anni siano pochi per un passo del genere ma sei abbastanza adulto da fare le tue scelte》, spiegò, chiudendo gli occhi per godersi quel profumo speziato.
《Spero che lei ti renda felice.》
A quel punto la scostò per guardarla in viso. Viv aveva le spalle dritte, il mento alto e gli occhi lucidi di lacrime che non avrebbe versato.
《Spero ti prendano sempre sul serio.》
《Viv che succede?》 Domandò, confuso.
《In fondo non mi hai mai capito》, riprese, amareggiata. 《Ti ho sempre amato. E ti amo, ma per te è sempre stato più facile credere che fosse una cotta adolescenziale. Ti ho amato a un anno quando mi cambiavi i pannolini; a tre anni quando mi davi da mangiare; a dieci anni quando sono caduta da quell'albero e mi hai riempito di cerotti di Hello Kitty; e quando a quindici anni mi hai rimesso a letto dopo la prima sbornia.》
Avevano smesso di ballare e si guardavano negli occhi mentre il resto del mondo continuava a girare attorno a loro. Harry era visibilmente scosso e il suo colorito era pallido.
《Spero che il suo amore ti basti perché un giorno qualcuno mi vedrà veramente. Un giorno a qualcuno basterà la mia età, la mia eccentricità, il mio corpo; la mia risata sguaiata e il mio cuore spezzato. Un giorno qualcuno mi amerà e io sarò felice. E spero anche che tu non riesca mai ad aprire gli occhi per renderti conto che hai avuto la donna della tua vita a un passo da te ed essertela fatta scappare》, concluse. Harry boccheggiò e finalmente Viv si sentì libera. Gli sorrise serena, gli scompigliò i capelli ricci e non contenta gli baciò la punta del naso, quel gesto tipico che lui le aveva sempre riservato. Infine gli diede le spalle.
Quella fu la prima volta che la vide per ciò che era. Fu la prima volta che la perse.

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