Skyfall

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Questa è la fine
Trattieni il respiro e conta fino a dieci
Sentiti la terra tremare sotto i piedi e poi
Ascolta il mio cuore scoppiare di nuovo

Perchè questa è la fine
Sono annegata e ho sognato questo momento
Così in ritardo, glielo devo
Spazzata via, sono stata derubata

Lascia che il cielo cada, quando si sbriciola
Noi staremo proprio qui a testa alta
O lo affronteremo assieme
quando il cielo cadrà

Cominceremo proprio quando cadrà il cielo
Distanti migliaia di miglia e diametralmente opposti
Quando i mondi si scontreranno, e le giornate saranno buie
Avrai il mio numero, e saprai il mio nome
Ma non avrai mai il mio cuore

Lascia che il cielo cada, quando si sbriciola
Noi staremo proprio qui a testa alta
O lo affronteremo assieme
quando il cielo cadrà

Dove vai tu vengo anche io
Quello che vedi tu lo vedo anche io
So che non sarò mai me stessa, senza la sicurezza
delle tue braccia affettuose
che mi tengono lontana dal male
metti la tua mano nella mia mano
e resteremo in piedi

Lascia che il cielo cada, quando si sbriciola
Noi staremo proprio qui a testa alta
O lo affronteremo assieme
quando il cielo cadrà

Lascia che il cielo cada,
Noi staremo proprio qui a testa alta
quando il cielo cadrà
Skyfall- Adele
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《Allora?》 Esordii Karine. 《Da dove iniziamo?》
Era al cottage con l'idea darmi una mano a fare i bagagli. Non era che avessi bisogno poi del suo aiuto. La mia vita riusciva a entrare in un'unica sacca, solo che lasciare Martha's House mi creava una fitta allo stomaco. Era una sensazione nuova, di solito non ero legata ai luoghi però poi vedevo le pareti arancioni del salotto, quelle gialle della cucina o le azzurre della stanza da letto... Harry ripeteva che avevo usato troppi colori, io replicavo che era un noioso del cavolo.
Si provava una sorta di soddisfazione nel mettere a nuovo un posto con le proprie forze. Il cottage era un luogo vissuto, pieno di vita, mio.
《Non lo so》, ammisi.
《Camera da letto?》 Tentò. Annuii disinteressata, bevvi l'ultimo sorso di caffè. Karine imboccò il corridoio non rinunciando alla ciambella cosparsa di zucchero a velo. Avrebbe sporcato tutto già lo sapevo.
《Merda!》 Imprecò, vedendo i vestiti sparsi dappertutto. 《Che hai fatto?》
Feci spallucce. Non potevo certo confessare che avevo aperto armadio e cassettoni per gettare tutto in aria.
《Così non è più facile?》 Ammiccai.
《Se lo dici tu...》
Si legò i capelli usando un dread ed estrasse il cellulare dalla tasca posteriore per far partire la riproduzione musicale. La fissai allibita appena riconobbi la prima traccia.
《Cambia!》 Imposi. Nonostante fossero passati giorni avevo ancora a che fare con le mestruazioni, per cui ero ipersensibile. I won't let you go di James Morrison, non era la colonna sonora adatta.
《Pff... guarda tu se devo avere a che fare con una schizzata》, disse, assecondando la mia richiesta. Le tirai addosso un paio di shorts.
《Idiota!》 Sbraitò. 《Mi hai colpito con la cerniera》, dichiarò, massaggiandosi il gomito.
《Te lo sei meritato.》
Mettere due persone prevalentemente pigre a svolgere un compito seppur semplice non era una grande idea. Trovavamo qualsiasi pretesto per far altro: dopo un po' iniziammo a pogare con una canzone dei The Killers. Karine frustava l'aria con i dread che ormai si erano sciolti, purtroppo i miei capelli non erano teatrali come i suoi ma mi andava bene.
《Quando te ne vai tu?》 Gridai, sperando di sovrastare la musica.
《Non lo so》, strillò, compiendo una giravolta, 《prima devo passare dai miei e poi mi trasferisco all'Università.》
Alzai gli occhi al cielo. 《Berkeley, Karine, Berkeley. Hai una fottuta borsa di studio per Berkeley. Non fare la modesta!》
Fece una smorfia, divertita, e questa volta fu lei a lanciarmi qualcosa addosso. Il tessuto scuro di una camicia mi coprii il viso. Il mio buon umore evaporò appena mi accorsi che non mi apparteneva. Era sua. Di Harry. Capitava spesso che si portasse dietro un cambio cosicché al mattino non dovesse passare da casa prima di raggiungere la locanda. Questa era bianco sporco e io la usavo come giacchetta quando sentivo freddo la sera. Arrotolavo le maniche e non chiudevo i bottoni.
Capii che oltre ai miei vestiti dovevo sistemare anche quelli di qualcun altro. Recuperai uno degli scatoloni che avevo preparato all'ingresso e mi misi a frugare nel pandemonio sul letto per recuperare tutto ciò che non era mio: boxer, t-shirt, pantaloncini da basket, jeans e scarpe. Uno scatolone non bastò.
《Ma che cazzo? Si era trasferito qui e non lo sapevo?》
La ignorai mentre mi comportavo da matta e buttavo con veemenza tutte quelle cose. Corsi una bagno con le ginocchia che tremavano. Che bastardo! Aveva contaminato il cottage. Fu la volta del suo shampoo, lo spazzolino che non aveva usato neanche una volta, i rasoi. Mi ripromisi di non ricordare, finché non presi la schiuma da barba.
Sospirai sedendomi sul bordo della vasca. Meno di due settimane prima avevo provato a rasarlo. Mi ero seduta sul ripiano accanto al lavandino e lui si era posizionato tra le mie gambe e avevo spalmato una grossa quantità di schiuma sulle sue guance mentre si legava i capelli nel solito cipollotto. Lo avevo riempito di tanti tagli che giurò che non si sarebbe più avvicinato me. Poi, mentre ridevo, mi aveva baciato. Alla fine dovemmo lavarci i denti perché la schiuma ci era entrata in bocca.
Il bagno non era grande, quando dovevamo darci una sistemata di fronte allo specchio, si metteva alle mie spalle e finivamo sempre per spingerci a vicenda. Una mattina eravamo tanto assonnati e scordinati che Harry mi pettinò i capelli con le dita mentre gli abbottonavo la camicia.
Strizzai gli occhi, maledicendomi per aver scelto di tornare a Blacksburg.
Mi mossi, raggiungendo la stanza.
《Tutto okay?》
《Sì, certo!》
《Come gli restituirai la sua roba?》
《La lascio qui, verrà a prendersela.》
《Come fai ad esserne sicura?》
《Al posto suo, una volta partito, andrei a casa sua.》
Ora che ci pensavo anch'io avevo qualcosa da lui, ma non avrei fatto nulla per recuperarla. E di certo non mi sarei portata dietro niente di suo. Era sbagliato volerlo cancellare? Volevo scordarmi di quei mesi, dalla prima volta in cui era entrato a Martha's House alla mattina del delirio. Ricordare tutto mi procurava letteralmente un male fisico, lo stomaco mi si annodava e le tempie pulsavano come preludio di un mal di testa epico.
Mentre Karine svuotava un comò accanto al letto, io mi occupai di quello dell'altro lato.
Fu così che quella divenne la giornata di merda per eccellenza.
Nascosti da un disordine incredibile c'erano una serie di post-it con la sua calligrafia un po' strana. Me li lasciava attaccati sulla federa del cuscino quando ero troppo intontita dai sonniferi che prendevo di notte. C'era anche una fotografia. Quasi risi: ritraeva uno dei miei polsi. Si intravedevano le vene bluastre e parte del palmo. Nonostante mi avesse sempre preso in giro, Harry aveva un'ossessione per i miei polsi rachitici e anche per la schiena, adorava che non spuntasse il profilo delle vertebre.
《Che diamine!》
L'urlo di Karine mi riscosse. Sbiancai. Tra le mani aveva il mio taser. A bocca aperta premette il pulsante sul laterale e si irradiò una piccola scarica elettrica. Sussultò leggermente, più per la sorpresa che per altro.
《A che ti serve?》 Borbottò, confusa. Sorrisi forzatamente, ero a disagio.
《Mmm... mi piace sentirmi al sicuro》, mi giustificai, iniziando a infilare le mie t-shirt nella sacca verde. Evitavo il suo sguardo perché non riuscisse a leggere niente nel mio, troppe volte aveva sorvolato sui miei comportamenti strani a limite del maniacale. Non aveva mai obiettato neanche quando impiegavo minuti interi per girare tutte le mandate delle serrature, anche in pieno giorno.
《Non è un po' eccessivo?》 Rise, isterica. Mi morsi l'interno della guancia, battendo il piede contro il parquet. Infondo era Karine...
《Vuoi conoscere una storia?》 Le chiesi, usando un tono leggero per non farla insospettire. Si strinse nelle spalle e annuì.

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