Bad day

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Dov'è il momento di cui più abbiamo bisogno?
prendi a calci le foglie e la magia s'è persa
dicono che il tuo cielo blu
si sia sbiadito nel grigio
dicono che la tua passione sia andata via
e non ho bisogno di riportartela

Sono stato lì in coda solo per
evitare un'altra tristezza
Stai facendo uno dei tuoi sorrisini falsi
mentre prendi il caffè
mi dici che la tua vita è stata disconnessa
stai cadendo in pezzi ogni volta
e io non ho bisogno di portarti avanti

perchè hai avuto un brutto giorno
hai passato un giorno "no"
canti una canzone triste solo per voltare pagina
dici di non sapere niente
dici di non dire bugie
lavori sorridendo e esci per una passeggiata
Hai avuto un brutto giorno
la macchina fotografica non mente
stai tornando indietro e davvero non t'importa
Hai avuto un brutto giorno
Hai avuto un brutto giorno

Beh hai bisogno di una vacanza da cielo blu
il punto è che loro ridono di quel che dici
ed io non ho bisogno di portare avanti

Hai avuto un brutto giorno
hai passato un giorno "no"
canti una canzone triste solo per voltare pagina
dici di non sapere niente
dici di non dire bugie
lavori sorridendo e esci per una passeggiata
Hai avuto un brutto giorno
la macchina fotografica non mente
stai tornando indietro e davvero non t'importa
Hai avuto un brutto giorno

A volte il sistema si guasta
e l'intera cosa è sbagliata
tu potresti non aggiustarla mai, lo sai
che potresti stare bene, oh così forte
bene, io non mi sbaglio

Quindi dov'è la passione
quando ne hai bisogno di più?
oh, io e te
Hai preso a calci le foglie e la magia s'è persa

perchè hai avuto un brutto giorno
hai passato un giorno "no"
canti una canzone triste solo per voltare pagina
dici di non sapere niente
dici di non dire bugie
lavori sorridendo e esci per una passeggiata
Hai avuto un brutto giorno
hai visto quel che ti piace
e come ci si sente per una volta in più
Hai avuto un brutto giorno
Hai avuto un brutto giorno
Hai avuto un brutto giorno
Bad day- Daniel Powter
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Abbassai lo sguardo, non ero felice, le cose stavano solo andando per il verso giusto.
《Perché sei silenziosa?》 Chiese papà, sfiorando il dorso della mano. Sorrisi leggermente.
《Non so che dire.》 In teoria avrei dovuto fare i salti di gioia.
《È una bella notizia, no?》 Continuai.
《Piccola》, superò la sua scrivania, 《è un passo avanti》, mi abbracciò come se non volesse più lasciarmi. Perché non avevo il suo umore? Annuii incerta.
《Sì, hai ragione》, confermai, 《è fantastico.》 Giusto?
《All'udienza preliminare il giudice ha rigettato la richiesta di uscita su cauzione》, ripetei, confusa. Feci un passo indietro e cercai di sorridere. Come era possibile che dovessi essere contenta se gli rifiutavano la libertà vigilata. Io... Ero un mostro se lo volevo morto? Che marcisse all'inferno? Non volevo accontentarmi. Non ero una persona perfetta, anche con tutto l'aiuto di questo mondo, non sarei mai riuscita a perdonarlo. Non si trattava neanche di giustizia, desideravo la sua sofferenza; per tutte le notti che avrei passato insonne, per le lesioni al mio corpo che non sarebbero mai guarite e soprattutto per avermi spezzato nel profondo, senza alcun pentimento. Nonostante a Blacksburg fossi al sicuro, non uscivo di casa senza lo spray al peperoncino, avevo perfino comprato...
《Viv》, sospirò. Sì, io ero stata la vittima materiale, ma anche la mia famiglia ne aveva risentito. Papà era invecchiato di dieci anni, Gabriel e Nate sembravano volessero tenermi in una campana di vetro lontano dal mondo.
《Non preoccuparti》, lo rassicurai, 《ora devo andare.》

Gabe aveva le mani d'oro. Non ero di parte, potevo fare un elenco di tutti i suoi difetti - davvero tanti tra l'altro - ma di certo, i suoi waffle erano una meraviglia. Non a caso era uno chef, fin da ragazzino - dopo la scuola - aveva lavorato alla locanda come sguattero; dopo il diploma si era iscritto a una scuola di cucina di Chicago e al suo ritorno, papà lo aveva assunto.
《Buonissimi》, dissi, per l'ennesima volta e con la bocca piena.
Le buone maniere non fanno per me.
Gabriel sorrise spadellando qualcosa. A dispetto del suo atteggiamento da buffone, quando entrava nel suo mondo, era serissimo. Era bello guardarlo. Me ne stavo seduta su un tavolo d'acciaio, con le gambe a penzoloni e mi ingozzavo come se non ci fosse un domani. Mi sarebbe piaciuto essere una di quelle ragazze che mangiava qualsiasi cosa senza ingrassare di un etto, no, non ero fortunata, potevo permettermi tutti questi peccati di gola solo perché ero dimagrita. Presto o tardi, avrei iniziato nuovamente con lo spinning, così il mio sedere non si sarebbe trasformato nella brutta copia di quello di Nicki Minaj.
《Sei affascinante come una balena spiaggiata.》 Sì, il suo era amore fraterno. Gli feci la linguaccia con la bocca ancora piena.
《Sei disgustosa》, borbottò, arricciando il naso.
Da che pulpito.
《Perché non discutiamo di cose serie》, proposi, sorridendo maligna.
Sollevò le sopracciglia. 《Cioè?》
《Qualcuno mi ha detto che hai fatto una cazzate》, lo punzecchiai.
《Ne fa tante》, disse Travis, l'aiutocuoco. Gabe lo fulminò con lo sguardo mentre una risata generale si diffondeva.
Si schiarì la gola. 《Quale di preciso?》
《Qualcuno ha un problema》, cantilenai divertita.
《Non fare la stronza》, biascicò. Si ripulì le mani in un canovaccio e si osservò attorno. 《Si tratta di Sharon?》 Domandò, a bassa voce. Era tenero che non volesse mettere in piazza la sua vita privata. 《Cosa ti ha detto?》
Sharon, donna timida e impacciata, teneva per le palle mi fratello. E probabilmente neanche se ne rendeva conto.
Amo mia cognata.
Feci spallucce. 《Per quale cavolo di motivo hai detto che Melanie è carina?》 Lo rimproverai, colpendolo al petto. Gabe era un paraculo, mai un pazzo suicida. Melanie, era la cassiera del supermarket ed effettivamente, era bella; ma Sharon era una donna insicura per la gravidanza che le aveva donato qualche rotondità. E anche per gli ormoni, lo aveva spedito sul divano per la notte.
《Mi è scappato》, si difese. E a me scappò una sberla.
Ben ti sta!
《Sei un cretino》, lo ripresi, 《non hai neanche tentato di ritrattare!》
《Non ho mica ammesso di avere l'amante》, s' infuriò.
Ruota gli occhi.《Papà te lo spiega da una vita》, gli ricordai.
《Quel metodo serve a entrare nei pantaloni di una donna!》
Scoppiò in una risata e io strinsi le labbra per non imitarlo. Aveva ragione, lo sapevo, ma non ero una femminista per cui non mi importava di obiettare. C'erano donne intelligenti, le altre avevano i prosciutti negli occhi.
《Ripeti il suo mantra》, ordinai, allegra. Mi piaceva prenderlo in giro.Sospirò come se fosse in agonia, in realtà si stava divertendo.
《Le donne hanno sempre ragione》, iniziò, ma non credeva alle sue parole. 《Sono sempre bellissime》, represse una smorfia, 《i difetti in realtà sono pregi camuffati.》
Non resistendo più, ridemmo come matti. Gabe si poggiò contro la parete e finse di asciugarsi le lacrime.
《E dire che riusciva a rimorchiare!》
Rabbrividii al pensiero.
《Sì, anche sfigato》, feci presente.
《Cazzo》, imprecò, 《se consideri che tua madre è scappata...》
《E che la tua è morta...》
Ridacchiammo come stupidi. Poteva essere macabro scherzare su argomenti simili, ma era un modo tutto nostro per alleggerire le nostre vite.
《Se avrà un'altra donna, sfornerà altri piccoli Butterfield per poi essere rapita dagli alieni》, scherzò.
《Se è fortunata》, precisai.
《Te lo immagini a cullare un bambino?》
No! Adoravo essere la piccola di casa, non volevo nessun fratello, anche se adesso c'era la piccola Rachel. Come ogni nonno, si trasformava in un rimbambito quando la teneva fra le braccia; ma era impensabile essere gelosa di mia nipote.
《C'è Rachel e se non gli basta, farai meglio a mettere in cantiere altri figli》, lo avvertii.
Sbiancó. 《Viv, non vedo l'ora che inizi a parlare, almeno smetterà di piangere》, disse, serio. Sapevo quanto la amava, era sua figlia dopotutto, ma non aveva tutti i torti, le sue corde vocali erano infernali.
Continuammo a parlare di cose futili, anche quando tornò ai fornelli, finché un particolare non attirò la mia attenzione.
Dalla finestrella che dava sulla sala del ristorante - serviva per il passaggio delle vivande - intravidi una donna. Era carina, una bellezza classica, ma a incuriosirmi fu l'uomo. Avrei riconosciuto il profilo, quella postura e i capelli legati in uno chignon, ovunque. Harry.
In un'altra vita ci troveremo.
Per quanto ancora avrei finto che tra noi fosse tutto normale? Che quando lo vedevo non mi sentissi invincibile e nel contempo vulnerabile?
Indossava dei jeans neri e una camicia di lino azzurra, un po' larga, con le maniche sui gomiti per via del caldo.
C'era qualcosa nel sorriso di lei, nel modo di porsi, che mi suggeriva quanto fosse interessata; ebbi la conferma quando iniziò a giocare con i capelli neri e sbattè le ciglia troppo velocemente. E poi c'era Harry e... sentii lo stomaco in subbuglio. Lo conoscevo come non avrei mai potuto fare con me stessa.
È il suo tipo!
A Harry piacevano le donne semplici, carine e non necessariamente belle da togliere il fiato; adulte, pacate ed eleganti.
Insomma, ciò che non sarei mai stata.
Già una volta avevo dovuto sbattere il muso contro una realtà simile.
E fa schifo.
Santo cielo! Avevo superato la bufera Harry.
Irrigidii la schiena come una tavola, quando gli sfiorò il braccio. E per un attimo, immaginai di trascinarla via per i capelli.
Non sono gelosa!
Solo... Sembrava che la Provvidenza mi stesse prendendo per il culo. Come Harry era stato costretto a fare i conti con Dillon, io assistevo al tentativo di una ragazza di flirtare.
Non sono gelosa.
Non volevo tornare quella di un tempo: ossessionata fino al midollo.
《Ti sei incantata?》 Mi risvegliò Gabriel.
《Chi è quella?》 Domandai, indicandola col capo.
Assottigliò gli occhi e li volse nella direzione giusta, poi un sorriso beffardo gli solcò il volto.
《È proprio un difetto di famiglia》, ghignò.
Sollevai le sopracciglia per invitarlo a spiegarsi.
《Possessivi da far schifo!》 Esclamò. Strinsi gli occhi, infastidita.
Almeno non ha detto che sono gelosa.
《Bé?》 Lo spronai.
《Che diamine vuoi che ne sappia》, sbuffò, 《sarà un ospite》, bofonchiò, poco interessato. Mai una volta che fosse utile!
《Ash》, chiamai una delle cameriere, 《sai chi è quella ragazza?》
Anche lei la studiò.《Alloggia qui da una settimana》, mi informò.
E che cavolo mi prese fu un mistero. Un minuto dopo ero fuori la cucina. Il mio piano? Nessuno. Doveva notarmi, vedere quanto mi fosse indifferente che gli piacesse una donna.
Sì, come no.
Non feci nulla di eclatante, non camminai nemmeno al loro fianco. Eppure, sentii i suoi occhi addosso. Era strano come il mio corpo percepisse il suo in modo così sottile e dopotutto tanto sconvolgente.
《Viv!》 Attirò la mia attenzione. Repressi un sorrisetto di vittoria e finsi un'espressione smarrita.
《Ehi》, dissi, avvicinandomi. E non potei evitare di baciarlo, troppo vicino all'angolo della bocca. Fui talmente avventata che avvertii il suo stupore. Non mi importò.
《Ciao》, mi rivolsi a lei. La guardai attentamente. Ha gli occhioni da cerbiatto!
Era spiazzata, si stava chiedendo chi diavolo fossi.
《Piacere Amanda Rozmus》, si presentò, sorridente. Cristo! Mi aveva detto persino il suo cognome. Era ufficiale, mi ricordava Sasha. Perfettina, dolce, mai sboccata...
《Vivienne Butterfield》, ricambiai.
Beccati questa!
Immaginai le rotelle del suo cervello lavorare in fretta, finché non arrivò alla conclusione che desideravo.
《Sei la proprietaria di questo posto?》
Okay, in realtà papà possedeva il Red Flower, ma sono particolari no? Per una volta potevo essere megalomane.
《Oh... in un certo senso》, dichiarai. Harry mi lanciò un'occhiata confusa, non andavo mai in giro a pavoneggiarmi per il mio tenore di vita.
《Cavolo》, sussurrò, 《adoro questa locanda》, si complimentò.
Non me ne può fregar di meno.
Vedevo la sua concentrazione su Harry e tanto bastava a farmela stare sulla punta del...
《Sì, uno dei nostri obiettivi è creare un'atmosfera accogliente.》 Seriamente, da quando avevo questo linguaggio? Sembravo uscita da una guida alberghiera.
《Allora di cosa stavate discutendo?》 Domandai, innocente.
《Ho chiesto a Harry...》 E smisi di ascoltarla. Harry? Harry! Da quando erano passati al tu? Altro sorrisino finto.
Harry fa bene il suo lavoro.》 Forse suonai un po' troppo sarcastica, infatti, il suo braccio mi circondò il bacino. Forte.
Qualcuno ha la coda tra le gambe.
E, anche se avrei voluto mollargli un calcio sullo stinco - per essere buona - fu meraviglioso. Come vincere a mani basse, mi scelse.
Finalmente.
In un mondo perfetto, avrebbe compensato tutte quelle volte in cui non lo aveva fatto. Tuttavia ricambiai la presa, intrecciai le dita con la mano sul mio fianco. C'era poco da dire.
Sto bene.
《Ci vediamo in giro》, concluse Amanda.
Addio!
Quando fummo soli rimanemmo fermi nelle nostre posizioni. Sembrava non volasse una mosca.
Stavolta sono stata io a fargli la pipì attorno.
Non ero in imbarazzo, solo, volevo fuggire via. Non emisi un sol fiato, nessuno sguardo e mi scostai e mi con calma apparente.
Appena mi riafferrò la mano sorrisi, mi fece saltare il cuore in gola. Non mi avrebbe lasciato andare. E con la sua tipica sfacciataggine, mi fronteggiò. Sorrise, forse con malizia, e con gli occhi mi percorse il corpo, senza nascondersi. Mi fece sentire meravigliosa.
Eravamo sul filo del rasoio. C'era la possibilità che litigassimo, bastava una piccola parola al momento sbagliato e sarebbe esplosa la bomba.
Non dicemmo nulla eppure lo capii, era naturale questa sintonia. Non osservò neppure attorno a noi quando mi mise le mani attorno alla vita, risposi con un salto avvolgendolo con braccia e gambe. Non fui brava come lui, guardai la sala del ristorante. Il nostro comportamento non era appropriato, Harry era pur sempre il direttore amministrativo, ma come si rinunciava a qualcosa di così semplice e sconvolgente. I pochi ospiti presenti ci indicarono sorridenti, chissà come apparivamo dall'esterno; dalla finestrella che dava in cucina vidi Gabe spiazzato, non m'importò.
Sprofondai col viso sul suo collo.
《Anche tu sai come rimettere le persone al loro posto》, scherzò.
《Stai zitto》, m'imbarazzai. Ridacchiò e si mise a camminare, per uscire dal centro dell'attenzione. Finsi di non essere spaventata dall'idea che papà potesse vederci. Non contento passò dalla hall, con me abbarbicata a lui, finché non fummo sul giardino retrostante al Red Flower. Non mi allontanò e io non gli chiesi di farlo. Sembrava la situazione più normale al mondo: abbracciati in un angolo come ragazzini.
《Viv》, bisbigliò.
《Sono possessiva come te》, mi difesi. Rise e la sua presa si spostò più in basso.
《Sì, avevo notato.》
Riuscivo a ricordare tutte le volte in cui avevo conosciuto le sue fidanzate, quello che provavo ora era niente in confronto. Non mi erano mai piaciute e non lo nascondevo. Una certa Monica, la ragazza antecedente a Sasha, mi odiava; così gelosa che una volta mi minacciò. Le feci passare le pene dell'inferno, finché Harry non perse interesse. Paradossalmente, neanche i miei ragazzi erano andati a genio a Harry.
Ecco perché mi ero illusa.
《È il tuo tipo》, continuai, sottovoce, 《sorridente, calma, con una risata raffinata》, lo fissai negli occhi, 《senza carattere.》
《Cosa vorrebbe dire?》 Chiese divertito. Nel frattempo ruotò i nostri corpi e la mia schiena si scontro con un muro dell'edificio. Fu un dannato deja vu quando si schiacciò su di me.
《Non ti piace litigare》, ansimai, 《eppure con me lo fai bene.》
Trasalii appena accostò il viso al mio, fece scontrare i nostri nasi per poi posare la bocca al lobo dell' orecchio.
《Sei gelosa, Viv?》 Ripetè.
《E tu?》 Replicai, col respiro pesante. Percepii il suo sorriso sulla pelle e chiusi gli occhi. L'alchimia tra i nostri corpi era straziante.
《Terribilmente》, ammise. Merda. Era impossibile! Non riuscivo a crederci. Deglutii a vuoto, oramai mi sentivo ubriaca.
《Noi siamo amici.》 Parve una domanda e mi maledii. Rise.
È impazzito.
《Siamo amici?》
Gli pizzicai il fianco.
《Smettila di fare il pappagallo!》E non mi accontentai, con le dita superai la camicia e gli strinsi i fianchi. Stavolta fu lui a scattare.
《Fai la brava》, scherzò.
Gli poggiai il viso sulla spalla, con una aveva smesso di sfiorarmi le gambe, lentamente, chissà com'erano le cicatrici sotto il suo tocco.
《Per cui Dillon...》
《Non continuare》, impose.
Repressi una risata.《Harry》, bisbigliai.
《Anche tu sei gelosa》, dichiarò. Chiusi gli occhi. La mia era solo possessione.
《Amanda è carina.》
《Sì, lo è.》
《È interessata a te.》
《Avevo intuito.》
《Ti ha già chiesto di uscire?》
《Sì.》
M'irrigidii e qualcosa scattò dentro me. Ero egoista e in quanto tale, non volevo che desse attenzione a nessun'altra.Improvvisamente gli afferrai le guance e non distolsi lo sguardo dal suo.
《La questione è questa, Harry》, iniziai, 《ciò che è mio non si tocca!》 E tornai a essere la ragazzina coraggiosa di un tempo e fu liberatorio, istintivo. Stavo giocando col fuoco, avrebbe potuto fraintendere, pensare che volessi di più. Nonostante tutto non ero pronta a qualcosa che non fosse amicizia. E per la prima volta, ammisi a me stessa, che non lo ero stata neanche due anni fa, anche se mi avesse amato come desideravo.
Quando sorrise, sembrò un angelo.
《Sono tuo?》
Strabuzzai gli occhi, non mi aspettavo che rigirasse la frittata in questo modo. Tempo prima avrei dato la vita per una domanda simile.
《Viv》, mi baciò il mento, 《 mi hai appena definito》, passò al naso, 《di tua proprietà.》
Cazzo!
《È fottutamente assurdo》, bisbigliai.
Forse era desiderio di rivalsa, egoismo, il caldo estivo, non sapevo che pensare.
Gli amici non fanno così!
Mi inumidii le labbra e anche io gli presi il volto tra le mani, fronte contro fronte, ero indecisa se ci tenessimo fermi per non cadere nella tentazione o per obbligarci ad affrontare la realtà.
《Sei mio?》 Sembravamo degli adolescenti alle prime armi.
Ridicoli.
Annuì. E una parte di me sembrò rinascere. Ero certa che avesse notato i miei occhi umidi.
《E tu sei mia》, dichiarò. E non ebbi il coraggio di dirgli che non potevo, stavo ancora cercando di riappropriarmi di me stessa.

///

《Per cui si è fatto perdonare》, constatai guardando Sharon. Era raggiante.
Avevamo passato il pomeriggio a Greenville e ora eravamo di rientro, in macchina.
《Sì, decisamemte》, ridacchiò.
Abbassai il volume dell' autoradio, Let her go di Passenger, ci faceva compagnia.
《Che ha fatto di preciso?》 Domandai, divertita, anche se non era difficile intuire come avessero concluso la serata. Scrollò le spalle scalando la marcia, ci stavamo avvicinando al cottage.
《Ha preparato i miei biscotti preferiti》, spiegò.
《Dovevi vedere quanto era tenero mentre li infornava》, sorrise, 《poi mi ha preparato un bagno caldo.》 E dal modo in cui arrossì, compresi che non avrei mai fatto il bagno nella loro vasca.
《E mi ha detto che sono sempre bellissima ai suoi occhi》, continuò, 《che ho ragione》, abbassò lo sguardo per un istante prima di riguardare la strada, 《è che è difficile stare con me perché tutti i miei difetti, in realtà sono pregi.》
Fottuto bastardo!
Non potevo crederci. Mi morsi le labbra per non scoppiare, ero indecisa se sputtanare mio fratello o meno. Che razza di paraculo.
Alla fine, appena parcheggiò di fronte casa mia, decisi di stare in silenzio. Prima o poi Sharon lo avrebbe scoperto e a quel punto sarebbero stati cavoli di Gabe.
《Un poeta》, scherzai. Mi slacciai la cintura di sicurezza. 《Ti va di scendere?》
Fissò Rachel nell'ovetto del sedile posteriore, stava ancora dormendo.
《Sì, credo di aver dimenticato il cellulare da te》, disse.
Pensavo sarebbe stata una giornata come le altre, dovetti ricredermi appena vidi la facciata della porta. Le buste che avevo tra le mani caddero a terra. Il respiro accelerato, le gambe tremanti, gli occhi lucidi, la paura opprimente. Inspirai e osservai il tremore delle mie mani.
Solo un incubo.
Chiusi le palpebre, forse, appena le avrei riaperte mi sarei accorta che la mia era solo un' allucinazione. Quando lo feci non cambiò nulla, sulla porta, a caratteri cubitali, c'era scritto "puttana". Nero su bianco.
Sharon, accanto a me, era pallida e stringeva forte Rachel.
《Vai a casa.》
《Vivienne.》
E caddi nelle vecchie abitudini: 《Non devi dirlo a nessuno!》
《Come?》
《Sharon》, la fronteggiai, 《non una sola parola》, ripetei. Adesso sembrava sul punto di svenire.
《Gabe, tuo padre》, balbettò, col respiro corto.
Mi passai le mani tra i capelli.
Non di nuovo.
《So che ti sto chiedendo molto》, sussurrai, 《ma hanno già tanto cui pensare!》
Sospirò, battè un piede per terra e notai l'esatto momento in cui cedette.
《Serve acqua calda e detersivo per piatti》, disse, seria, 《prepara tutto mentre porto Rachel nel tuo letto.》
Abbozzai un sorriso.
Non sono sola.
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Si accettano scommesse. Secondo voi chi è stato? Il primo che lo scopre, quando sarà, avrà il capitolo dedicato! Avvertitemi degli eventuali errori per favore.
Ditemi cosa ne pensate!! E votate!! Mi raccomando :)

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