Sono venuto per incontrarti, dirti che mi dispiace,
Tu non sai quanto sei adorabile.
Dovevo trovarti, dirti che ho bisogno di te,
Dirti che ti ho considerata da lontano.Dimmi i tuoi segreti e ponimi le tue domande,
Oh, torniamo al punto di partenza.
Correndo in cerchio, si vedono le code,
Le teste sono una scienza a parte.Nessuno ha detto che sarebbe stato facile,
E' una vergogna per noi dividerci.
Nessuno ha detto che sarebbe stato facile,
Nessuno ha mai detto che sarebbe stato così difficile,
Oh, riportatemi alla partenza.Stavo solo calcolando cifre e numeri,
Tirare i tuoi puzzle a parte.
Domande di scienza, scienza e progresso,
Non parlano forte come il mio cuore.E dimmi che mi ami, torna e ritrovami,
Oh, e mi precipito all' inizio.
Correndo in cerchio, a caccia di code,
E tornare così come siamo.Nessuno ha detto che sarebbe stato facile,
oh sè una tale vergogna per noi dividerci.
Nessuno ha detto che sarebbe stato facile,
Nessuno ha mai detto che sarebbe stato così difficile.Sto tornando al punto di partenza.
The scientist- Coldplay
-----------------------------------------------
Dovevo ancora capire come fossi finita alla locanda con papà, i miei fratelli e il personale della cucina che mi osservavano con insistenza.
Dopo la giornata precedente che non sapevo se definire disastrosa o meno dato che ero scappata da Harry, lasciando tra noi tutto in sospeso, ero tornata al cottage e preso un sonnifero per poi collassare.
Quella mattina, quando ero arrivata a al Red Flower, papà mi aveva spupazzata: con la mia trasferta a Providence era impazzito anche lui. In seguito mi aveva chiesto quali fossero le mie grandi novità, tutto questo mentre si aggirava per la locanda a risolvere qualche problema qua e là - era impegnato fino al collo - aspettandosi che parlassi come niente fosse. Finché non eravamo arrivati in cucina, in cui avevo trovato i miei fratelli.
《Allora?》 Mi spronò papà mentre mangiucchiava un toast. Guardai Nathan in cerca d'aiuto, non sapevo come spiegare la faccenda della Brown.
《Che succede?》 Chiese Gabriel, notando le mie occhiate. Deglutii a vuoto, concentrandomi sulla mia maglietta eccessivamente colorata.
《Vivienne ha delle novità e a quanto pare ha paura di parlarne》, spiegò Richard, un po' divertito dal mio comportamento. Sorrisi nervosamente, strisciando la suola delle infradito sul pavimento piastrellato. Ero lì, ferma tra pentolame e piatti fumanti, e l'Università era il mio ultimo pensiero.
《Io...》
《Vivienne》, mi riprese, 《mi sto agitando!》 E come ad avvalorare quanto detto, allentò il nodo della cravatta.
《Viene con me》, sbottò Nathan. Sfiatai, emisi un suono talmente strano che mi guardarono tutti, ero spiazzata che fosse stato lui a spifferare.
《Cosa vuol dire?》 Domandò papà.
《Ho lasciato la Brown》, spiegai.
Il mestolo tra le mani di Gabe cadde per terra, mi parve l'assurda scena di un film vedere il viso di Richard arrossarsi sempre di più.
《Sii precisa》, pretese. Mi fissai attorno come a sottolineare che ci fossero troppe orecchie.
《Fuori!》 Gridò, adirato. Tutti, dagli sguatteri agli aiuto cuoco, sparirono in un battito di ciglia.
《Rilassati》, gli suggerì mio fratello maggiore. Per papà la nostra istruzione era fondamentale, ci dava tutto quello che volevamo a patto che studiassimo.
《Gabe, stanne fuori》, replicò. Prese un respiro profondo e rivolse lo sguardo a me, sapeva che se mi avesse gridato contro sarei impietrita. 《Piccola》, sospirò, 《cosa vuol dire che hai lasciato la Brown?》
Mi torturai le mani e mi sentii sollevata quando Nate mi affiancò.
《La Brown, non gli studi》, specificò, avvolgendomi con un braccio.
《Nathan, fai parlare tua sorella》, rispose papà.
Sbuffai, esasperata dal mio atteggiamento da bambina. 《Non voglio più tornare a Providence se non sono costretta. Odio quel posto》, pigolai. 《Studierò all'Università della Florida》, conclusi, scrollando le spalle.
Il silenzio fu così opprimente da togliermi il respiro. Guardai tutte e tre i miei uomini: papà e Gabe erano di sasso mentre il mio fratellino sorrideva come un bambino in un negozio di dolci. Non a caso, quando era stato messo al corrente, mi aveva portato fuori per i locali di Rhode Island a far festa.
《Uhm... non è che stai avendo un infarto?》 Borbottai.
Mi spaventò quando scoppiò a ridere, forte e felice, e venne ad abbracciarmi. 《Piccolina!》 Esclamò, mettendo le mani sulle mie guance. 《È fantastico.》
《Davvero?》 Chiesi. Come tutti i genitori papà desiderava che il meglio per me come Yale, Harvard, Stanford.
Mi stampò un bacio sulla fronte. 《Certo》, confermò,《sarai con Nathan!》
Alzai gli occhi al cielo. Ecco perché era contento, avrei avuto un Butterfield a tenermi d'occhio e ad allontanare i presunti pazzi omicidi. Solo ora mi rendevo conto che essere spaventata per una sua reazione negativa era stato stupido.
《Dobbiamo festeggiare!》 Esultò. Poi ci fu il caos. I dipendenti rientrarono in cucina, Gabriel e papà diedero pacche sulle spalle a Nathan - ritenendolo responsabile della mia scelta - infine due bottiglie di spumante vennero fuori da chissà dove.
《Sono le dieci del mattino》, feci presente. Gabe sbuffò come se avessi detto una cazzata.
In un sol colpo nessuna persona nella stanza fu priva di bicchiere, papà era talmente felice che versava lo spumante nelle tazze del caffè.
《Perché sembra che qua dentro ci sia una festa?》
Mi irrigidii e stritolai la tazza tra le dita fino a farle sbiancare. Con la coda dell'occhio vidi l'espressione inorridita di Nathan.
《Hai giocato col piccolo Harry》, mimò, rabbrividendo e fece saettare lo sguardo tra me e lui. 《Oh mio Dio! Come ho fatto a non capirlo? Sembri una lucina di Natale e anche lui.》
《Smettila》, grugnii, colpendolo al petto.
《Harry》, urlò papà, 《vieni qui!》
《Che succede?》 Domandò, confuso.
《Vivienne studierà all'Università della Florida, con Nathan.》
Inspirai con forza e mi voltai per guardarlo, il bicchiere che stava portando alla bocca si era bloccato a mezz'aria. Mi fissò, fu così intenso che indietreggiai fino a sbattere contro un piano in acciaio. Infine alzò la tazza in mia direzione.
《Congratulazioni》, sussurrò, serio. Mi morsi le labbra deviando i suoi occhi, avrei voluto gridargli contro che per colpa sua avevo dovuto indossare una t-shirt accollata e i jeans, che mi aveva riempita di segni e che lo odiavo.
《Non c'è niente di sicuro》, mi giustificai, 《aspetto ancora la lettera di conferma, ho fatto richiesta tardi.》
《Ti accetteranno》, disse Gabe.
《Per un attimo ho pensato che saresti andata dall'altra parte del mondo》, aggiunse papà.
Ridacchiai isterica. 《Effettivamente, volevo farlo.》 Non solo tre occhiate mi fulminarono, anche Harry.
《Che vuol dire?》 Borbottò Richard, sorseggiando lo spumante e circondando la mia figura con un braccio. Scrollai le spalle.
《Inizialmente pensavo alla Spagna.》
Gabe soffocò con la sua bevanda. 《Eh?》 Farfugliò mentre papà era rimasto di sale.
Annuii. 《Universidad Católica San Antonio de Murcia. Ha un ottimo corso di laurea in Criminologia. E io... me la cavo con lo spagnolo.》 Credevo che più mi sarei allontanata meglio mi sarei sentita.
《Cazzo》, imprecò Nathan.
Accarezzai la guancia a Richard. 《Non vado fin lì, papi》, bisbigliai. 《Per cui state tutti tranquilli!》 Mi rivolsi agli altri con un sorriso. Non guardai lui, lo sentivo sulla pelle e mi bastava. 《Mi manchereste troppo, ho già passato due anni senza voi, ho pensato che con Nathan sarà come casa.》
《È meraviglioso》, constatò papà. 《Saperti lontano mi avrebbe fatto stare in ansia.》
Dopo mezz'ora, tutti erano tornati a lavoro e io mi ero rintanata nel giardino retrostante il Red Flower, seduta su una panchina in pietra, ad abbuffarmi con due fette di crostata di mele. Non ero triste, neanche felice. Me ne stavo lì a pensare che in pochi mesi la mia vita era stata rivoluzionata. Prima avrei trovato più divertente indossare un vestito attillato e andare a una festa anziché rimanere a casa con la mia famiglia. Adesso trovavo fantastico assistere ai teatrini dei miei fratelli che mi accusavano di non essere cambiata da quando avevo diciassette anni - neanche fossi un vampiro - mentre Sharon minacciava Gabe di smettere. Adesso, Rachel che mi sbavava nel collo dopo il ruttino mi faceva sorridere. Adesso giocavo a dama con papà nei sabato sera.
Chi era la vera me?
Sentii il rumore di passi e inevitabilmente sorrisi.
《Quando me lo avresti detto?》 Domandò, rimanendo di fronte a me. Alzai il capo e lo studiai con attenzione. Mi piaceva come la camicia di lino bianca gli risaltasse gli occhi verdi, notai - per via del colletto lasciato sbottonato - che sulla clavicola gli avevo lasciato un succhiotto e sorrisi, neanche lui si era risparmiato. Attorno al collo c'era la collana d'oro bianco con un crocifisso, Harry non era credente ma quella catenina apparteneva a suo padre; poi gli anelli in acciaio e il bracciale in cuoio sul polso.
Da quando ero tornata a notare questi particolari?
Il giorno prima, quando ero sotto il suo corpo, ci eravamo talmente stretti l'uno all'altro che quel crocifisso mi aveva marchiato il petto, gli anelli mi avevano graffiato gli spazi tra le dita mentre tentavo di intrecciarle alle sue. Avevamo cercato di legarci quasi con disperazione.
Quei ricordi mi fecero rabbrividire.
Era stato mio...
《Allora?》 Mi pungolò.
Feci spallucce, concentrandomi sulle sue labbra. 《Ti aspetti davvero che pensassi alla Florida o qualcosa in generale mentre tu...》 Arrossii e non riuscii a continuare. Harry ridacchiò, mordendosi le labbra e guardando altrove. La cosa assurda era che poche ore prima ci fossimo lasciati con l'amaro in bocca e che adesso fingessimo indifferenza. Lui mi piaceva ma non volevo anteporre il mio star bene a quello di papà.
Si avvicinò fino a toccare con la spalla la quercia affianco alla panchina.
《Ti ho stesa, eh?》 Domandò, portando le braccia conserte.
Sollevai le sopracciglia, maliziosa. 《Sì》, confermai, 《tre volte sul materasso e una sulle scale.》
Scoppiò a ridere e io con lui, addirittura le sue guance si arrossarono. Amavo la sua timidezza. 《Per essere precisi sulle scale, sono stato io ad essere steso》, dichiarò.
Mi passai una mano sugli occhi mentre si sedeva accanto a me. Posai la testa sulla sua spalla.
《Ti ammazzerei》, bofonchiai, divertita.
《Io ti bacerei》, replicò, 《per cui siamo pari, sarebbe interessante vedere cosa accadrebbe se provassimo a fare entrambe le cose.》
Ridacchiai, scuotendo il capo, poi le nostre mani si misero a giocare tra loro e osservai i nostri mignoli intrecciarsi.
《Davvero pensavi di andare in Spagna?》
《Già.》
《Perché?》
《Gli spagnoli sono fighi》, scherzai.
Mi spinse leggermente, facendo una smorfia.
《È la Spagna, Harry》, ripresi, seria, come se quella risposta potesse essere esaustiva.
《Allora perché te ne vai in Florida?》
《L'ho detto. In Europa non c'è la mia famiglia.》
《Solo per loro?》
Repressi un sorriso e questa volta fui io a dargli una spintarella giocosa.
《Anche tu sei la mia famiglia, idiota!》
Rimanemmo in silenzio, io a occhi chiusi mentre Harry disegnava col pollice cerchietti sul dorso della mia mano.
《Harry?》 Lo chiamai. 《Che facciamo?》
《Intendi in questo preciso momento? Perché se è così, avrei qualche idea.》 Non mi diede tempo di rispondere che portò la bocca al mio orecchio. Da grandissimo bastardo qual era, bisbigliò tutte le cose oscene che avrebbe voluto fare su quella panchina. Mi fece tremare le ginocchia.
《Solo questo?》 Chiesi, sarcastica.
Ridacchiò. 《Poi mangiamo quella crostata.》 E indicò il piattino poco distante.
Mi alzai in piedi, ma mi tirò in modo che cadessi sulle sue gambe.
《Harry!》 Lo rimproverai.
《Sì?》 Mi prese in giro.
《Potrebbero vederci.》
《E accusarci di cosa?》
Sbuffai e ammisi a me stessa che infondo aveva ragione. Ero sulle sue gambe, non aveva le mani chissà dove.
《Ero seria prima》, sussurrai mentre le sue braccia mi avvolgevano.
Poggiò la fronte sulla mi schiena.
《Dimmi che sono matto, che non ti senti bene quando siamo insieme, dimmi che ieri in quel letto non è stato fantastico e io ti lascio in pace.》
Chiusi gli occhi. 《Harry...》
Non voglio che mi lasci stare.
《Dimmelo》, ordinò.
《Non hai diritto di avere nessuna pretesa su di me》, sbottai, staccandomi bruscamente e alzandomi in piedi. Lo fronteggiai, quel fastidio veniva fuori dalla consapevolezza di trovarmi in un vicolo cieco.
《Allora che dovrei fare?》 Si esasperò, anche lui.
《Sai che c'è? Se tu mi avessi ignorata fin dall'inizio, adesso non saremmo in questa situazione ridicola.》
《Adesso è colpa mia?》 Mi derise, acido.
Assottigliai gli occhi. 《È sempre colpa tua!》
《Che stronza!》
《Vaffanculo, cretino! Se ti dicessi quello che vuoi, mentirei, sarei più pazza di te. Ieri... Avresti potuto prenderti quello che volevi senza essere così dannatamente perfetto e io non avrei protestato. Invece, hai dovuto baciarmi le dita e i palmi e sussurrare tutte quelle paroline. Mi hai rovinato!》
《Cosa?》 Sbraitò, passandosi nervosamente le mani tra i capelli e scattando in piedi.
Gli puntai l'indice contro il petto. 《Non potrò mai più stare con nessuno perché mi verrai in mente tu!》
《Con chi è che vorresti stare?》 Mi accusò, infuriato.
《Ti sto dicendo che d'ora in poi avrò un motivo in più per paragonati a agli altri e tu te ne esci con la tua gelosia?》 Ero certa che stesse per partirmi un embolo. Ero tanto arrabbiata che - per un attimo - l'immagine di me che lo strozzavo senza ritegno, mi balenò in testa. Ancora dovevo comprendere come un minuto prima fossimo sul punto di saltarci addosso e ora volessimo azzannarci.
《Mi spieghi come faccio a starti dietro se sei perennemente mestruata?》
Oltraggiata, gli mollai un cazzotto sulla spalla, solo che lo feci con tanta foga che mi storsi il polso. Strillai e saltellai come una stupida.
《Fammi vedere》, sussurrò.
Lo fulminai con lo sguardo. 《Fottiti》, grugnì, dolorante.
《Viv, Santo Dio! Smettila di fare la bambina.》
Gonfiai le guance e tesi la mano in sua direzione.
《Idiota》, farfugliai.
《Cosa?》
《Sei un maiale se mi consideri una ragazzina e mi vuoi fare certe cose!》
Sbuffò, come se avessi detto una sciocchezza.
《Avrò anche i polsi sottili, ma non sono fatti di pasta frolla.》
Anziché rispondere con una battuta acida, ridacchiò.
E poi sono io la mestruata.
《Che c'è?》
《Il pollice deve essere sempre dentro il pugno.》
《Lo so》, borbottai. 《Almeno ti ho fatto male?》 Chiesi, speranzosa.
Sorrise. 《Cosa ti farebbe sentire meglio?》
Sospirai, scuotendo il capo. Stavamo litigando, perché adesso... Ero confusa.
《Vedi come sei?》 Bisbigliai.
《Cioè?》
Scrollai le spalle. 《Sì, a volte sei un idiota ma anche dolce.》
《Che c'è di male?》
《Sei un tale romantico》, dichiarai. 《È strano. Io non sono come te, non dico cose carine e smielate, penso che strofinare i nasi prima di baciarsi sia da diabete e probabilmente ho dato più baci a stampo a te - in un giorno - che in tutta la mia vita.》
Mi spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. 《A te piacciono tutte queste cose, Viv.》
Liberai il braccio dalla sua presa. 《Ora non ti allargare》, borbottai. 《Forse siamo troppo diversi.》
《Diversi?》 Domandò, aveva lo sguardo di un serial killer: calmo.
《Diversi?》 Ripetè. Forse era pazzo.
Improvvisamente mi afferrò il viso con forza. Sgranai gli occhi.
《Harry》, lo avvertii, capendo le sue intenzioni. 《Non azzard-》
Si infischiò di tutto e mi interruppe baciandomi. Non compresi cosa scattò nella mia testa, ma mi ritrovai a spingerlo via per poi mollargli una sberla.
Impietrii, la mia mano rimase a mezz'aria mentre la sua guancia si colorava di rosso.
《Oddio》, gemetti. Portai la mano sull'altra guancia.
《Mi hai schiaffeggiato》, constatò, allibito.
《Scusa》, sussurrai, avvicinandomi. 《Scusa.》 Questa volta fui io a prendergli la il volto, gli baciai la tempia. 《Scusami》, scesi sullo zigomo.
《Viv...》
Okay, prima gli avevo dato un pugno ma non con la vera intenzione di fargli male.
《Scusami, per favore》, supplicai. Mi feci trascinare e arrivai l'angolo della bocca. Mentre mi guardava confuso, posai le labbra sulle sue. Un bacio a stampo, ne seguì un altro e un altro ancora un po' più approfondito. Potevo giurare che la mega pomiciata dietro la quercia - cosicché fossimo nascosti - non era prevista.
《Aspetta!》 Lo fermai, con la voce strozzata. Harry sospirò, facendo un passo indietro. Si passò le dita tra i capelli. 《Ti piace proprio tenermi in sospeso, eh?》

STAI LEGGENDO
Fil rouge |h.s|
Fanfiction"Ogni persona porta, fin dalla nascita, un invisibile filo rosso legato al mignolo della mano sinistra che lo lega alla propria anima gemella" Come lo dimentichi l'amore della tua vita? Viv è tornata a Blacksburg e fa ancora parlare di sé. Eppure...