Capitolo 3: Amy

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Non posso crederci! È già arrivato lunedì e la notte scorsa ho dimenticato di impostare la sveglia. Sono crollata guardando uno di quei film schifosamente sdolcinati che parlano di una storia d'amore a lieto fine... mai vista una cosa del genere su questo mondo.

Mi lavo velocemente i denti e la faccia, sento se i vestiti del giorno prima hanno un buon odore e decido che per le tre ore di lezione può andar bene. Fortunatamente il campus è a poco meno di due chilometri da casa, così non ho neanche il bisogno di correre nonostante sia già tardissimo.

Mi è piaciuta fin da subito questa città: è caotica, ma tranquilla. Il quartiere dove mi trovo è molto giovanile poiché è un quartiere universitario. Ci sono una miriade di bar a destra e sinistra e mentre cammino sul marciapiede ne incontro almeno 3 in 500 metri. Il vociare proveniente dai baristi dentro che urlano ordini in stile Starbucks mi infonde voglia di partire col piede giusto e lo stesso fanno i colori sgargianti delle case cui sto passando affianco. Vedo due bambini con indosso dei grembiulini graziosi attraversare il cortile della villetta e scappare dentro un autobus mentre la mamma li saluta dal portico. Non se la sono calcolata minimamente, ma sanno che la loro mamma li ama. Forse anche la mia mi aveva amata così, allora perché non mi ha portata con sé? Scaccio questo pensiero dalla mente e accelero il passo.

Come al solito il campus è inondato di persone: ragazzi alti e palestrati, magrolini e occhialuti, ragazzi con fogli e libri in mano o altri che ripetono per l'esame con le cuffiette alle orecchie, ragazze dai capelli super colorati a fianco a coloro che dovrebbero essere i più popolari del college e altre che non se ne fregano nulla del genere maschile. Brave, sono dalla vostra parte... credo. La cosa a cui non resisto è l'odore del caffè, soprattutto ora che ricordo di non aver fatto colazione, ma siccome viene dalle macchinette evito di farmelo piacere più di tanto: è solo una schifosa miscela tossica di acqua e polveri zuccherate.

Fisioterapia, primo piano, prima aula. Cazzo sono rimasti solo i posti davanti, ma in fin dei conti non sono così male dato che oggi abbiamo anatomia e devo seguirla alla perfezione. Tre ore passano in fretta quando hai la fortuna di avere un'insegnante che parla con passione.

Spengo l'aggeggino per la registrazione degli audio e lo rimetto nella borsa. Brie è già seduta in caffetteria ad aspettarmi per pranzare insieme. Inutile dire che, come tutti si aspetterebbero, le mense fanno schifo. Oggi il menu prevede una strana poltiglia a base di patate e insalata talmente verde che sembra venire direttamente da Chernobyl.

"Wow come mangi di gusto" dice con aria schifata Brianna

"Se mangi veloce non ha sapore" le dico di rimando "e poi non ho fatto colazione stamattina"

Brie fa un verso strano che somiglia molto a un conato di vomito mentre gira il cucchiaio con su il mostro di patate e, vedendo che ci rimane incollato, butta la posata nella purea e si abbandona sullo schienale a braccia incrociate.

"E' successo qualcosa?" Ovvio che è successo qualcosa, ma se non la incito a raccontare porterà il suo segreto nella tomba.

"Ti ricordi di quell'Aaron, che fa il terzo anno di economia? Beh l'ho stalkerato un po' su instagram e ho scoperto che ha la ragazza"

"Nooooo" le dico con una finta aria sconvolta. Adoro quando mette il broncio come una bambina a cui Babbo Natale ha portato una sottomarca della casa per le bambole che ha chiesto.

"Sì rifregami, stronza" ha leggermente recuperato il sorriso vedendo la mia espressione divertita "non mi piaceva ma, cazzo, ogni volta che cerco qualcuno scopro che si frequenta o ha già la fidanzata... figurati invece quel Trevor di cui ti avevo parlato quattro ragazzi fa era pure gay! Sono senza speranze!"

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