Capitolo 16: Amy

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La mattina di Santo Stefano regala solo meraviglie. Sono piegata sulla tazza del bagno a vomitare il whiskey che ho ingerito con tanta noncuranza poche ore fa, ho spasmi allo stomaco e la gola che va a fuoco. La cosa più brutta è che devo reggermi i capelli e la fronte da sola. Mi sciacquo il viso sperando di non avere altri attacchi e mi butto di nuovo a letto.

Non ho chiuso occhio tutta la notte perché non riuscivo a stare stesa sul letto senza avere la sensazione di trovarmi su una barca in balia delle onde e quando le palpebre si erano fatte pesanti ecco il sole che puntava dritto sull'occhio. Alzarmi ad abbassare la serranda è stata la peggiore decisione che potessi prendere, smuovendo tutto ciò che di liquido o solido ci fosse nello stomaco.

Sono le 17.21 quando il campanello fuori la porta mi sveglia. Almeno pare che un po' ho dormito.

"Chi è?" urlo per il corridoio raccogliendo gli indumenti sparsi sul pavimento dalla notte scorsa.

"Sono Neil" che cazzo ci fa qui? Lui sicuro non ha passato la notte e la mattina a vomitare e sicuro ha una cera migliore di quella che devo avere io ora. Ho addosso ancora la roba di ieri sera, la stessa che ha cercato di non farmi levare perdendo a poker... forse è venuto a riscuotere il favore.

Gli apro sperando che non si spaventi per le occhiaie nere di mascara e lo chignon disordinato.

"Come mai qui?"

"Pensavamo di vederti questa mattina sul tardi, ma non c'eri e sono venuto a controllare che fossi tutta intera" dice mentre lo faccio entrare.

"Ho avuto parecchio da fare questa mattina" Reggermi è ancora un'impresa, così con nonchalance mi appoggio allo stipite della porta d'ingresso e incrocio le braccia.

"Quante volte ti sei sentita male?" credo che la sua voce tradisca un leggero senso di colpa, ma la sfida l'ho accettata io mica lui.

"Tre" confesso.

"Potevi chiamarmi, sarei venuto subito"

"So vomitare da sola, tesoro. Ma grazie del pensiero" alzo lo sguardo e incontro il verde dei suoi occhi. Dio, se sono la cosa più bella dopo una notte in hangover "Caffè?"

"Sì dai" vede che non mi schiodo dalla porta, così con un gesto della mano mi invita ad entrare... a casa mia... Sono rallentata, ok? Ho bisogno dei miei tempi.

Ci sediamo con le nostre tazze calde tra le mani e per un po' di tempo, non saprei dire quanto, ci guardiamo come per studiare particolari fino ad ora nascosti l'uno dell'altro. In fin dei conti lui è perfetto, non ha nulla che sia fuori posto a parte qualche rotella al cervello, ma come chiunque del resto. La mamma di Brie dice sempre che ognuno e matto a modo suo. Io sono certo meno perfetta, anzi sono così profondamente imperfetta comparata a Neil. Sono piena di cicatrici sul cuore, sulla schiena e nella mente.

Abbasso lo sguardo di riflesso, come se tanta perfezione mi facesse male.

"Tutto bene?" lo ha notato.

"Perché l'hai fatto?" lancio la domanda come un pescatore getta l'amo.

"Cosa?" chiede alzando un sopracciglio.

"Hai forzatamente perso molte partite e da quel che so non ti dispiace affatto vedere ragazze nude"

"Tu non sei 'tutte le ragazze'" dice sottolineando le ultime tre parole "questo non significa che non desidero vederti nuda, ma non è quello il modo"

Stringo le labbra "Nobile da parte tua"

"Sono le 19.30, credo che devo tornare al dormitorio. Mangiamo da Ryan e Devon, prendono le pizze. Vuoi venire?"

"Le 19.30!" lancio un gridolino sommesso. Devo prepararmi per andare al Ticket o farò tardi "Devo andare a lavoro! Grazie lo stesso"

"Se vuoi ti porto io" non pensarci nemmeno, tesoro!

"Tranquillo, devo prima farmi una doccia e non voglio farti aspettare. Vai"

"Posso arrivare quando voglio da Ryan, tesoro. Farò in tempo"

"Posso andare da sola" forse l'ho detto un po' duramente, ma l'importante è che mi lasci andare. Non può venire al Ticket.

"Come vuoi. Se ti senti male per strada non chiamarmi" dice risentito alzandosi e andando verso la porta.

Lo seguo per aprirgliela e quando si rigira a salutarmi i nostri volti sono così inaspettatamente vicini che sento il suo profumo.

Quegli occhi verdi un giorno mi risucchieranno.

"Non è vero" dice abbassando lo sguardo sulle mie labbra. D'istinto mi mordo il labbro inferiore e lui recupera subito il contatto visivo come se questo mio gesto minacciasse il suo autocontrollo "se non ti senti bene chiamami. Ok?" la sua sembra una supplica.

Un piccolo sorriso incurva le mie labbra alla sua dimostrazione di tenerezza. "Ok" rispondo svegliandomi da questo incanto quando si allontana.

Sono fottuta.

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