Capitolo 5: Amy

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Il telefono poggiato sulla toeletta del camerino segna le 22.48.  Alex mi aiuta a chiudere il bottone del top, si gira e ripeto lo stesso movimento. La preparazione alla serata è una danza che ripetiamo ogni volta, sempre uguale a se stessa. Siamo un po' in ritardo, ma ci saremmo giustificate con Brent, il proprietario del locale, dicendo che quello era il nostro tipico ingresso trionfale fatto per creare suspance. In fondo molta gente veniva al Ticket solo per le ballerine, soprattutto per Alex e non avrebbe potuto licenziarci per dieci minuti di ritardo dato che gli portavamo tanto profitto. Alex è imbattibile in bellezza: rossa di capelli e con delle forme pazzesche. Ci avevo parlato qualche volta nel camerino e, da come ho potuto osservare in due mesi che lavoro qui, mi è sembrata tranquilla.

Io e Alex usciamo dal camerino spostando la pesante tenda da teatro che ridà sulla pista. Come due reginette del ballo scendiamo le scale che dalla balconata portano ai lati della postazione del dj e iniziamo a intrattenere il pubblico. Urlano, impazziscono, guardano curiosi. Tutto è come ogni sera e sinceramente non mi dispiace essere guardata così: mi fa sentire attraente e femminile e soprattutto potente.

Mi distraggo quando vedo Brie al bancone che parla con un tizio... quello della pacca sul culo. Una cosa è certa: Brie non ha bisogno del mio aiuto per trovare una scusa per parlare con qualcuno. L'importante è che non venga anche Neil. Non so perché, ma farmi vedere a lavorare lì non mi sembrava poi così professionale. 

Per questa sera non è arrivato nessuno fortunatamente. A fine siamo rimasti io, le altre ragazze e Jeff. Con la gola totalmente asciutta vado a prendere il telefono in camerino e torno al bancone per farmi preparare qualcosa da Jeff. Sono sempre stata ipnotizzata fin da bambina dalle file infinite di bottiglie di superalcolici che ci sono dietro i banconi: Sky, Havana club, Kinross gin, Disaronno, Jegermaister, Jim Beam... così all'infinito. Leggevo i nomi delle etichette della prima fila e poi scendevo alla seconda, come se fosse un libro e quando li avevo imparati a memoria li recitavo come una poesia. Crescendo mi resi conto che l'ordine non era casuale, ma alcuni barman li mettevano per genere 'i rum con i rum, le vodke con le vodke', altri in base a quali venissero consumati più spesso. Quest'ultima era la tattica di Jeff.

/Potevi almeno cagarmi 2 minuti, regina del ticket/

Brie è un po' arrabbiata

/Scusa Brie ti avevo vista col tizio di ieri mattina e non volevo interrompere nulla e poi avevo paura che arrivassero TUTTI i suoi amichetti/

/Io e James abbiamo parlato un po' e mi ha detto di essere lì solo perchè Brent cerca un buttafuori/

/Ah, allora ha anche un nome! Domani andiamo a correre al parco e mi racconti bene/

/Il parco nooooo.../ Odia fare allenamento con me, soprattutto perché mi piace ideare percorsi a tempo e lei torna sempre a casa con litri e litri di acido lattico. Quando eravamo bambine lo facevamo sempre al parco giochi sotto casa sua e, da come ricordo, non era così rammollita come ora. Deve comunque ringraziare il suo invidiabile metabolismo.

Chiudo la conversazione lì e rivolgo la mia attenzione a Jeff che mi ha premurosamente preparato un Metropolitan e un bicchiere d'acqua.

"Grazie angelo"

"Milady"

Quando fa l'occhiolino è stranamente affascinante. Sollevo il bicchiere in suo onore e in quel momento mi sento Leonardo Di Caprio nel film 'The Great Gatsby'

Neil non aspetta a farsi sentire: mi stavo spogliando per fare la doccia e il telefono vibra.

/Domani dopo lezione vieni all'ingresso del dormitorio maschile così ci organizziamo/

Era un ordine o aveva dimenticato il punto di domanda?

/ok/

Risposta semplice e senza troppe pretese.


*Angolo autrice*

Mi scuso se questo capitolo è un po' più corto del solito, ma ho pensato che dividerlo dal successivo in questo modo fosse la cosa migliore.

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