Capitolo 56: Amy

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Dopo altri due giorni di viaggio siamo arrivati a Elyria.

Era esattamente come la ricordavo. Mi affaccio al finestrino e osservo le case farsi grandi e poi di nuovo piccole, vedo la gente sui marciapiedi allontanarsi veloce e vedo la mia vecchia galera farsi più grande alla fine della strada.

Il locale Walter aveva bisogno di una rimodernata fin dall'epoca in cui avevo iniziato a lavorare lì, ma a detta di molti era proprio l'aspetto cadente che ispirava la gente ad andarci. Questo perché rendeva più piacevole la sorpresa di ciò che si trovava all'interno: morbidissima moquette porpora, bancone di legno massello laccato a specchio, file infinite di alcolici disposte con ordine maniacale e divani in pelle costantemente trattati con prodotti specifici. Lo stile ruggente anni '20 conquistava immediatamente ogni cliente e ogni sera li avevo visti diventare sempre più numerosi, almeno fino a quando non avevo iniziato a lavorare in una singola, piccola, lurida stanza di questo palazzo reale che era il mio inferno personale.

La macchina si ferma nel parcheggio sul retro. Qui siamo fuori dalla visuale di qualunque telecamera stradale, così è più facile far scendere due ragazze ammanettate senza essere visti.

"Ben tornata a casa, cucciola" dice Walter ammirando l'insegna al neon cadente di questo posto di merda.

'Hell'

E penso che non poteva dargli nome migliore.

Appena entriamo, Thomas alza una leva e tutte le luci illuminano a giorno il locale. Raramente lo avevo visto così luminoso: all'ora in cui arrivavo io le luci erano già soffuse e l'atmosfera era frizzante per via degli scambi clandestini che mio padre e i suoi soci gestivano.

Il locale era sempre stato una copertura, fino al giorno in cui è diventato parte integrante dei suoi traffici illeciti.

"Venite" dice il vocione di Walter arrochito dalla vecchiaia e da anni di fumo.

Saliamo scale rivestite di moquette consumata. È evidente che per mio padre sia importante solo ed esclusivamente l'apparenza, altrimenti avrebbe fatto rimettere la moquette ovunque.

Finite le scale ci ritroviamo davanti a una doppia porta di legno scuro e io so che dall'altra parte c'è lo studio di mio padre.

Anche questo è rimasto identico a come l'avevo lasciato. L'ultima volta che ci ero stata dentro come figlia sua era stata la sera in cui mi aveva costretta ad aiutarlo a ripagare il debito con i messicani. La piccola ingenua che era in me aveva accettato senza sapere le condizioni. Lo avevo aiutato, ma mi era costato l'umanità e quasi la vita. Pillola dopo pillola avevo drogato le mie compagne e notte dopo notte mi costringevo a convincermi che lo avessi fatto per una buona causa. Giorno dopo giorno perdevo un pezzo di me che non sarebbe mai tornato se non fosse stato per Brianna... all'epoca Jessica.

Pensavo di essere cambiata, invece eccomi di nuovo qua a cedere agli accordi di mio padre e a corrompere la mia anima affinchè pensasse di aver fatto la scelta giusta per me e per gli altri. La realtà è che sono una finta altruista, altrimenti non avrei mai mandato quel messaggio a Brianna costringendola a compiere di nuovo questa discesa negli inferi.

La verità è che non ho mai pensato a un futuro diverso quando l'unica cosa che desideravo era un passato diverso. E mio padre lo sapeva, per questo mi ha detto che mia madre era tornata da lui. Avevo sempre e solo desiderato una famiglia normale e con Brianna, Neil, James e le ragazze del Ticket l'avevo quasi trovata, ma ecco che il passato torna a chiedere il conto. Non sarei mai scappata da lui tanto sono robuste le catene che mi legano ad esso.

"Dov'è mia madre?"

"Tom, porta Jessie nella sua stanza, io devo riunire la mia famiglia" dice Walter.

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