Capitolo 27: Amy

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La sveglia non suona e quasi cado dal letto per afferrare il telefono che squilla da almeno un minuto buono. Sul display compare il nome di Alex. Ricordo la serata e ricordo che a una certa mi sono girata ed era scomparsa. Credo di avere il diritto ad essere irritata dalla sua voce visto che sono le 6.30 del mattino e che avrebbe dovuto coprirmi le spalle durante la serata di ieri.

"Buongiorno Amy. Devo chiederti un favore"

Di prima mattina è già tanto se parlo, figurarsi a intavolare una trattativa per un favore.

"Me ne devi ancora uno tu"

"Lo so, ma credo siano collegati" dopo una breve pausa continua "cosa è successo ieri notte?"

"Ho ballato con Neil. Ecco cosa è successo e ti avevo espressamente chiesto di scambiarci se fosse successo" sono davvero furiosa. In che senso "cosa è successo"??? Pensavo fosse mia amica e nel momento del bisogno si è volatilizzata. Speravo di potermi fidare di lei, ma la verità era che l'unica persona a cui avrei affidato la mia vita poteva essere solo Brianna.

"Beh... ecco.. io non ricordo nulla. È come se avessi avuto un'amnesia" ora cominciamo anche a cacciare scuse?

"Senti se non volevi prenderti la briga potevi dirmelo e avrei chiesto ad Adriana di scambiarci. Non accampare scuse ti prego"

"Amy, ti prego sono davanti la porta di casa tua, aprimi 'che ti devo mostrare una cosa"

La chiamata termina e sento bussare. Rabbrividisco quando i piedi nudi toccano le piastrelle del pavimento, ma voglio sentire le motivazioni di Alex e non perdo tempo a cercare le ciabatte.

È davanti a me, tutta imbacuccata e con il viso contratto in un'espressione colpevole e confusa allo stesso tempo. Mi sposto da davanti l'uscio della porta per farle spazio per entrare.

"Caffè?" se quello che aveva da dirmi era importante dovevo essere completamente sveglia e calma... al contrario di tutti gli esseri umani il caffè aveva su di me un effetto calmante.

"Va bene" inizia a levarsi la sciarpa il cappello, il cappotto, il maglione e rimane in reggiseno.

"Che fai?" ora davvero non ci stavo capendo niente, o forse stavo ancora sognando.

Alex si gira di schiena e mai avrei pensato di vederla ridotta in quel modo. Aveva lividi sui fianchi e sulla schiena, dei graffi tra le scapole e una macchia rossastra alla base del collo.

Mi sposto una sedia del tavolo e ci crollo sopra sconvolta. Mi passo una mano sul viso sperando che quando riaprirò gli occhi la schiena di Alex sarà solo frutto della mia immaginazione, della stanchezza e dei pensieri su quanto accaduto al Ticket che mi hanno accompagnato tutta la notte. Ma non è così, quel quadro di dolore e violenza che è la sua pelle è ancora lì, pronto ad urlarmi in faccia chi sono.

"Chi ti ha fatto questo?" Ora sono io a sentirmi in colpa per averla rimproverata. Bambina egoista che sono. Quando si rigira ha gli occhi lucidi e incurvati all'ingiù come un cane bastonato.

"Non me lo ricordo" crolla a terra piangendo e io mi rannicchio affianco a lei mettendole una coperta sulle spalle. Quando alza lo sguardo e i suoi occhi verdi si fissano nei miei e perdo le staffe: chiunque sia stato non la farà franca. Riconoscevo quello sguardo nei suoi occhi perché era lo stesso che non riuscivo a sostenere anni fa guardandomi allo specchio ogni santa mattina. Qualunque animale l'avesse ridotta così doveva trovarsi al Ticket ieri sera e l'avrei trovato.

"Hei Alex, respira. Ora ci sono io e scopriremo chi è stato"

Restiamo a terra per un po'. Non so dire quanto perché la mia mente viaggia alla ricerca di un piano di vendetta soddisfacente. La porto sul letto e i suoi respiri si fanno meno affannati e più profondi. Trema. Tremo anche io, ma non per la paura quanto per la rabbia. Pensavo che allontanandomi dalla città degli orrori essi non mi avrebbero inseguita. Tremo perchè  tramite quei graffi, quei lividi, quelle lacrime rivedo me stessa di qualche anno fa e so quanto possa far paura credere di non avere abbastanza coraggio per rispondere a quelle domande che ora le riecheggiano in testa: perchè io? Cosa ho fatto? Sono sbagliata? Io ho dato una risposta a queste domande e ho messo a tacere quelle voci, ora è il mio turno di aiutare.

Le consiglio di restare qui per tutto il tempo che vorrà e quando si addormenta le rimbocco le coperte e vado a lezione.

Sarebbe stato difficile non dire nulla a Brianna, ma Alex mi aveva fatto promettere di non farne parola con nessuno e poi Brianna mi avrebbe fatta allontanare immediatamente da quel locale che non le andava a genio fin dal primo giorno, ma non glielo avrei permesso altrimenti non avrei scoperto nulla.

Ogni posizione su quelle dannate sedie è uno strazio per la schiena e per i glutei, i professori spiegano ma non riesco a sentire una sola parola. Così passo tutta la mattina a fissare le mie mani che rigirano la matita che ho intrecciato ad un elastico per i capelli.

Siccome non ho lezioni il pomeriggio torno all'appartamento per pranzo e, durante il tragitto, mi fermo al supermercato per comprare qualcosa di pronto per me e Alex.

"Sono a casa!" mi sarei aspettata di vedere Alex in giro per l'appartamento dopo essersi fatta una doccia, ma sono sola. Almeno sul tavolo ha lasciato un post-it così non mi sarei preoccupata.

<<Sono tornata a casa mia. Ci vediamo stasera a lavoro. Grazie per la comprensione>>

Dovevamo entrambe tornare in pista se volevamo arrivare in fondo a questa storia, letteralmente in pista.

Per tutta la mattinata non avevo ancora incontrato Brie.

/Sono a mensa. Dove sei?/

/A casa a mangiare insalata con petto di pollo, perché?/

/Neil mi dice di ricordarti che devi andare da lui alle 16.00/

/Digli che me lo ricordo e che il mio numero ce l'ha/

Non volevo affatto che ci fosse del gelo tra me e lui, avevamo deciso che essere amici era la cosa migliore e questo avrebbe comportato continuare a scherzare e ridere come sempre.

La schermata dei messaggi viene occupata da una chiamata in arrivo. Quei due sono dei fulmini al telefono.

"Neil"

"Tesoro" Le risate dei compagni arrivano soffuse da questa parte del telefono "ti sei persa i racconti della serata di ieri. Ti aggiorno pomeriggio"

"Mi hai chiamata per questo?"

"E per sentire la tua voce" sembra affranto, ma potrebbe essere solo la mia impressione. So che non si mostrerebbe mai debole davanti ai suoi compagni.

"La sentirai tra qualche ora quando mi lamenterò della voce soporifera del tuo professore, quello che biascica e non fa capire un cazzo!"

"Non dire le parolacce tesoro, non si addicono a una ragazza fine ed elegante come te"

"A dopo tesoro, vaffanculo" dico ridendo.

Mentre stacco il telefono dall'orecchio per chiudere la chiamata sento i ragazzi ridere e chiedere il perché del nomignolo.

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