Capitolo 35: Neil

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Lei non c'è. La ballerina che cerco di rincontrare da settimane non c'è.

E' da quando ho finito di ballare con Amy, per lasciarla ad Erin, che inizio a guardarmi intorno alla sua ricerca. L'insistenza di quel ragazzo nel volersi mettere in mezzo mi ha irritato, ma la cosa che mi ha dato più fastidio è il fatto che Amy non abbia battuto ciglio. Se fosse stato un altro ragazzo del gruppo avrebbe avuto qualche reazione come storcere il naso, scrollare le spalle, o perfino ridere e tirarlo in mezzo con un abbraccio, ma era Lui che... la rendeva rigida e malleabile allo stesso tempo. Amy lo aveva guardato come se fosse ipnotizzata, in balia di quegli occhi azzurri come il ghiaccio. 

Irritato dalla situazione, ho deciso di fare un passo indietro, poi altri cinque per cercare Lei. Sui cubi non c'è, affianco al dj c'è una ragazza che potrebbe somigliarle, ma non è una ballerina del locale, nei bagni non c'è. Inizio a vagare per le stanze del piano superiore passando davanti a quello che dev'essere il camerino. Una ragazza sta discutendo con quello che dovrebbe essere il proprietario, ma non è lei. Girovago ancora per un po', perdendomi in corridoi che non avevo mai esplorato le sere precedenti. La musica qui arriva ovattata, ma continua a vibrare nel mio petto e sulle pareti. Mi sento intontito per via della musica, dello spumante e della tempesta di emozioni che mi travolge ogni volta che sto con Amy. Avvicinarsi a lei è come flirtare con la morte: un attimo prima ci sei, l'attimo dopo vieni trascinato all'inferno. 

In una delle stanze accanto sento gente che ansima. E' una parte del locale che non avevo mai visto e che, sinceramente, preferivo non vedere.È decisamente tutto così strano qua sopra che decido di tornare dai miei amici e da Amy.

I suoi capelli svolazzano a ogni movimento della testa, è leggera, spensierata e si muove come una foglia nel vento evitando di scontrarsi con le coppiette che ballano intorno a lei ed Erin.

La guardo estasiato per qualche minuto mentre volteggia con quell'accenno di sorriso sul volto. È bellissima e credo che la mia ossessione a cercare informazioni sul suo passato sia più potente dell'ossessione a trovare l'identità della ballerina. Attraverso la pista andando dietro di lei e mi faccio promettere un ultimo ballo.

Alla fine della serata sale in macchina con me e passa tutto il tempo a guardare con attenzione la strada come se stesse guidando lei e dovesse concentrarsi per non mettere sotto nessuno, anche se alle quattro di notte le strade sono deserte.

Vedo delle piccole rughette che si formano sulla sua fronte, segno che i suoi pensieri sono parecchio contrastanti e immagino che stia rimuginando sulle parole che mi ha sussurrato all'orecchio mentre ballavamo e a quel bacio inaspettato per entrambi.

"Cos'è successo in passato, Neil?"

Quella domanda mi prende alla sprovvista e, sebbene una parte di me desideri confidarle tutto con la speranza di trovare qualcosa di nuovo con lei, un'altra parte di me custodisce avidamente il segreto e vuole tenerla lontana per proteggerla.

"Credo che dovresti risalire" è l'unica cosa che la mia mentre paralizzata riesce a dire. Non posso e non voglio che lei scavi nel mio passato perché potrebbe trovare qualcosa che non le piace.

Non si smuove così la faccio scendere a forza e, prima che lei sbatta energicamente la portiera, mi supplica "Non chiudermi fuori"

Quella preghiera mi ricorda immediatamente la sera in cui, ubriaco, riconobbi James fuori da un locale.

Gli avevo detto che ero all'università fuori per studiare e farmi una vita lontano dalla città che mi aveva strappato via l'unica persona che avessi mai amato all'infuori della mia famiglia. Ma avevo incontrato brutta gente, approfittatrice e spregiudicata. Credevo di aver trovato il mio equilibrio, il mio posto nel mondo prima che arrivasse lui a distruggere un briciolo di decenza che credevo di aver recuperato grazie all'alcol e al sesso.

Mi disse "Mi hai sbattuto fuori dalla tua vita" e "Non le piacerebbe vederti in queste condizioni", ma io continuavo sera dopo sera a vomitare tutto quello che mi facevano bere e a portarmi a letto qualunque essere femminile che respirasse. Passavo le giornate con i postumi della sbornia a girovagare e provocare risse per il semplice gusto di provare qualcosa: un dolore diverso. Poi capii perché lo facevo: se Marilyn era troppo buona per questo mondo, io lo ero troppo poco. Mi stavo distruggendo e annientando nella speranza di poterla rivedere il prima possibile.

La sera che realizzai tutto ciò mi separai dai miei compagni di bevute, tanto non si sarebbero mai accorti della mia assenza, e iniziai a passeggiare sul ponte vicino al locale. L'acqua sotto scorreva costante e quasi non si vedeva per quanto era scura. Mi sarebbe piaciuto essere una goccia di quel fiume e lasciarmi tutto alle spalle roccia dopo roccia, scoprire un luogo di pace così come quella goccia avrebbe scoperto un lago pochi chilometri più giù. Desideravo così tanto annientarmi e diventare quella goccia che salii sul parapetto. Se avessi voluto farlo non avrei dovuto avere così paura, giusto? Invece i respiri si fecero più frequenti e le gambe più pesanti. Le mie mani iniziarono a staccarsi dalla ringhiera un dito alla volta, ma prima che potessi rendermene conto una mano afferrò il mio polso.

Guardai la mano e risalii fino al volto. Riconobbi James anche se i suoi lineamenti erano offuscati dalle mie lacrime. Mi riportò dal lato sicuro della balaustra e non disse niente fino al mattino successivo, quando mi convinse a rimettermi sulla giusta strada. Non seppi mai come aveva fatto ad essere nel posto giusto al momento giusto, ma mi aveva salvato la vita e per questo non l'avrei mai ringraziato abbastanza.

Non avrei mai concesso ad Amy di guarire le mie ferite, perché questo avrebbe implicato che gliele mostrassi. Molto più facile sarebbe stato stare con qualcuno a cui non dovere delle spiegazioni, per cui mi dirigo al bar più lontano dall'università dicendo a Taylor di farsi trovare lì.

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