#6 Capitolo

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Passò un'altra settimana prima che potessi andare a casa, alcuni test erano sbagliati e mi avevano tenuta dentro un altro po'.

Poi stamattina Natalie entrò in camera mia, avevo iniziato a conoscerla e devo dire che non era tutta questa stupidaggine, fatto sta che appena la vidi sprizzava gioia da tutti i pori «Sam! Preparati, vai a casa» e mi sorrise, mostrandomi la fila di denti perfettamente allineata e perfettamente bianchi.

Dopo aver riempito il borsone con le mie cose e averlo caricato nella macchina di mia madre partimmo per casa.

Mi mancava così tanto il vialetto, mi mancava persino quella stupida porta gialla che mia madre dipingeva ogni anno. Era tutto uguale a prima, il piccolo soggiorno con il divano a L nero, la sala da pranzo illuminata con il piccolo cucinotto e le scale, l'ultimo scalino era scheggiato, mi toccai il sopracciglio e la sentii, la piccola e gonfia cicatrice che delineava la fine del mio occhio, il solo pensiero a tutto quello mi faceva mancare l'aria.

Portai di sopra il borsone e sopra il letto ci trovai la borsetta che tenevo quella sera, il telefono era li accanto.

Troppe chiamate, troppi messaggi, e questo Ian che mi risuonava nelle orecchie. Sentivo le farfalle nello stomaco e le ginocchia sciogliersi come burro quando sentivo quel nome, ma non riuscivo ad associarlo ad nulla e a nessuno.

Erano le sette sette di sera quando mia madre disse che era arrivata la cena. Non è mai stata brava a cucinare da quando ricordo avevamo sempre mangiato d'asporto. Scaraventai le coperte a terra e mi alzai, percorsi tutto il corridoio feci le scale, l'ultimo sforzo prima di buttarmi sulla sedia, stasera il menù dava sushi, poteva andarmi peggio. Ogni tanto provava quei nuovi negozi bio dove tutto sapeva di cartone, oppure quelle robe o troppo piccanti o piene di spezie, il sushi era il mio cibo preferito, e volevo godermelo. Presi le bacchette e inizia a mangiare, intanto mamma e Jam parlavano ininterrottamente, io intanto annuivo ma non stavo ad ascoltare nulla di quello che dicevano.

Finita la cena baciai mia madre e poi mio fratello e gli diedi la buonanotte. Salii le scale e mi buttai a letto e spensi la luce. Le stelline che da piccola avevo attaccato al soffitto ora illuminavano piccole parti della stanza.

Appena chiusi gli occhi senti il telefono vibrare:

DA IAN

All’inizio avevo molti dubbi su di te, o forse su di me, perché nemmeno io sapevo che cosa volevo, stavo sempre a cercare qualcosa senza sapere cosa.. Ho cercato in molte persone qualcosa che potesse farmi “risvegliare”, che potesse farmi innamorare, ho continuato a cercare persino il primo giorno che ci siamo visti, quando ti avevo davanti, ma continuavo a cercare altrove.. fino a quando, un giorno, mi ha incuriosito qualcosa di te, mi hai incuriosita così tanto che per un pò ho smesso di cercare quel qualcosa, quel qualcuno, per scoprire poi, che, quello che cercavo, lo avevo davanti. Per favore, ricordati di me. Io ho bisogno di te.

Ed ecco che quel vuoto nel cuore ancora si faceva sentire. Sembrava che più cercavo di ricordare e più dimenticassi, odiavo il mio cervello, la stupida mente che mi ha fatto questo avrebbe dovuto pagarla cara, perchè secondo il mio organismo lui era qualcosa, che io purtroppo non riuscivo a far riaffiorare.

**

Il giorno dopo mi alzai da letto che erano quasi le 11.30, andai di sotto perchè il mio stomaco voleva cibo. Mia madre era già andata a lavoro lasciandomi una spremuta e la medicina da prendere. Presi il bicchiere e mi buttai sul divano accendendo la televisione. 
Dopo circa venti minuti suonò il campanello, e con la voglia pari a quella di un koala andai ad aprire.

Mi ritrovai davanti un mazzo enorme di rose, ringrazia il fattorino e le posai sul tavolo osservandole, ce ne erano sei bianche e una dozzina rosse. Presi il bigliettino rosa, lo aprì
"Devi sapere che sei rose indicano la mancanza, e tu mi manchi davvero tanto.
E' come se ovunque io guardi, io vedo la tua assenza.
E' come se qualcosa mi avesse scavato una voragine nel petto.
L'altra dozzina stanno a significare che io voglio continuare la mia vita sapendo che tu ci sei.
Tuo Ian."

Ero stanca di questo vuoto. Presi il telefono e scrissi a lui.

A IAN:

Vediamoci e fammi ricordare di te. 

La risposta arrivò praticamente subito

DA IAN:

Dove?

A IAN:

Immagino tu sappia dove abito, stasera dopo cena.

DA IAN:

Ok, piccola.

Leggevo quel messaggio non con la mia voce, ma con una maschile, "piccola" nessuno mi chiamava in quel modo, ma mi faceva sorridere pensarlo.

Ero in ansia non pranzai neppure, iniziai a pulire casa, misi i fiori in un vaso e li piazzai al centro della mia scrivania in camera. Aprii tutte le finestre per far entrare aria e luce. Iniziai dal salotto poi la sala da pranzo, la cucina, il bagno, la mia camera, non avevo mai pulito così tanto manco quando mia madre me lo chiedeva. 
Non so perchè ero così agitata, le mie mani erano congelate e tremavano, vedevo piano piano il cielo calare e il freddo entrare dalle finestre, era il 25 marzo e faceva ancora freddo. Solo dopo che fossi certa che anche i pomelli delle porte fossero lucidi andai a fare la doccia. Accesi l'acqua e mi spogliai, guardai il mio corpo davanti allo specchio, ero tornata del mio colorito abituale, i miei occhi erano tornati di un color rame e non avevo più borse. Entrai in doccia e la splendida sensazione di calore pervase il mio corpo, amavo stare li e non pensare a nulla. Rimasi ferma per un eternità, sentendo il getto caldo sul coppino, presi lo shampoo e iniziai a strofinare, poi presi il bagnoschiuma e lo strofinai energicamente sulla pelle sperando che rimanesse sulla pelle per sempre.

Andai in camera e tirai fuori un paio di jeans corti, una canotta rosa pallido i miei stivale stile cowboy ed un intimo in pizzo color carne, speravo di andare a fare una camminata poi, tranne se questo incontro non mi avesse stordito. 
Scesi e mangiai qualcosa al volo.

Il campanello suonò e con il cuore che batteva a mille andai ad aprire, ed eccoli li, come ho potuto dimenticarmi di quegli occhi.

«Ian» piangevo.
«Sam, piccola mia» e mi baciò.

Amore proibitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora