#12 Capitolo

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Ian Pov

Era da quasi tutta la giornata che Samantha non si faceva sentire, e di solito era piuttosto assillante in questo.
La chiamata della notte prima mi aveva stupito, parlava strano, era come se fosse arrabbiata.

L'unica cosa andata secondo i calcoli era che non ci fossimo incontrati in giro. Quella sera Jennifer mi aveva portato fuori a ballare per festeggiare il nostro anniversario.
Gli avevo comprato un collier che mi era costato un occhio della testa, ma per una scopata questo ed altro. Infatti appena tornati casa, dopo la chiamata di Sam, lei mi aveva dato il mio regalo con un completo davvero succinto.
Ci siamo incontrati al college e ogni volta che avevo una voglia lei mi soddisfaceva.

Ho pensato molte volte di lasciarla, ma per tutte le volte che ci provavo lei diventava pazza, una di quelle donne che ti perseguitano, e quando l'ultima volta ha cercato di togliersi la vita sono dovuto rimanere con lei facendogli credere ancora in qualcosa.
Tutto sommato lei esaudiva ogni mio desiderio sessuale e non.

«Buongiorno amore, ho fatto la tua colazione preferita, vuoi?» mi sedetti a tavola e aspettai che mi portasse il piatto con i pancake e appena si sedette vicino a me mi versò anche della spremuta appena fatta. Io gli sorrisi e gli diedi un bacio sulla guancia.
«Sentì un po'.. Avevo pensato ad una cosa, che ne dici di una piccola gita in montagna? Prenditi due tre giorni dal lavoro e andiamocene..» ancora con questa storia? Non capiva che adesso che ero professore di una classe e non più supplente non potevo avere solo occhi per lei? «Piccola quante volte dobbiamo parlarne ancora? Non posso.. Senti -mi stavo pulendo la bocca prima di alzarmi- mi vado a preparare e poi se vuoi andiamo a fare un giro..» dissi quasi sbuffando, era una pezza.
«Ok va bene, preparo la borsa» e mi baciò, un bacio insistente come se volesse prendere tutto il succo d'arancia che mi era rimasto sulle labbra, gli appoggia le mani sulle spalle e la staccai sperando di non sembrare troppo stronzo, poi mi girai e tornai in camera a prepararmi per portarla fuori.

Il campanello suonò e immaginai che Jennifer fosse andata ad aprire, aspettavo qualcuno che mi salvasse così corsi di sotto a vedere chi fosse.
Sentì Jen dire con voce dolce «Hai bisogno?» e subito mi misi di fianco a lei per sapere a chi si stesse rivolgendo «Piccola chi è?» gli chiesi appoggiando una mano sopra il suo fondo schiena, poi la vidi i suoi occhi color miele mi colpirono come un proiettile in pieno petto.

Non riuscì a dir nulla perché lei scappò subito in macchina e in men che non si dica partirono sgommando.
Jen si girò e chiuse la porta andando in contro alla sua borsa già pronta sul divano «Stupidi ragazzini» sbuffo lei, «Già..».

Sam Pov

Ero riuscita a partire subito, fermando Jam che voleva correre a spaccare la faccia a Ian. Mi sarebbe piaciuto, ma che avrei risolto?

All'inizio avevo dato la colpa all'alchool e non riuscivo a crederci. Ora sentivo una voragine in mezzo al petto, non capivo più nulla e tutte le farfalle che erano dentro il mio stomaco erano state ammazzate con il miglior pesticida.

Appena arrivammo a casa mia madre venne ad aprirmi la porta ma non la considerai e corsi in camera chiudendo la porta ed accasciandomi contro piangendo.
Jamie e Emily stavano parlando con mia madre, più volte sono venuti davanti la mia porta bussando, chiedendomi di uscire, chiedendomi se avevo bisogno di qualcosa.
Io restavo inerme stesa davanti alla porta.

Mi ero addormentata sul mio pavimento che in quel momento mi sembrava il mio migliore amico, ma il mio telefono stava squillando nella mia tasca. IAN, ventinove chiamate perse, quattordici messaggi.
Vedevo dappertutto il suoi occhi, il suo corpo.
Sentivo il suo profumo ovunque, nella mia stanza, nelle mie coperte persino addosso a me.
Aprii il balcone e mi misi a guardare le stelle che ormai controllavano quella giornata, erano così belle, e anche se i miei occhi ormai stanchi e gonfi riuscivano a vederle a malapena comunque avevo iniziato rilassarmi.
Decisi di scendere di salotto, erano ormai le undici e dovrebbero essere andati tutti via.

La televisione del salotto ancora borbottava qualcosa, come arrivai in salotto per spegnerla mi si strinse il cuore, mio fratello, la mia migliore amica, Tyler e Sarah erano messi come meglio si poteva sul divano e tutti dormivano.

Mi soffermai su Ty, dormiva con la bocca poco aperta e tra le gambe teneva sua sorella.
Era così dolce con ancora addosso la berretta rossa. Si era addormentato con il telecomando in mano, così mi avvicinai per sfilarglielo e spegnere finalmente quella scatola rumorosa, gli diedi un bacio sulla guancia, così calda e paffuta, e poi andai in cucina.
La cena era li sul tavolo con un piatto sopra per tenerlo caldo il più possibile, un bicchiere pieno d'acqua con un foglio che gli era appoggiato sopra. Appena me lo passai tra le dita riconobbi subito la grafia di mia mamma, con quelle M e quelle I quasi scarabocchiate. Per fortuna mia mamma non aveva la solita scrittura da dottore incomprensibile.

"Amore mio, non so cosa ti sia capitato.
Jam mi ha detto che quando ti saresti sentita pronta me lo avresti detto tu, e mi ha detto anche di non preoccuparmi ma come faccio? La mia bambina sta male e io non posso fare nulla.
A ogni compleanno vai un po' più via da me, sento che ormai sei una donna adulta e spero tu sappia che comunque io sarò sempre la tua mamma.
Quando cadrai io comunque ti aiuterò a rialzarti.

Mamma."

Corsi di sopra e aprii piano la porta di camera di mia madre. Era a letto chissà da quanto.
Era una donna bellissima anche se andava per la cinquantina.
Non gli si vedeva affatto la stanchezza di tutti quegli anni tranne per qualche rughetta che gli delimitava il volto. Ero orgogliosa di lei.
Mi stesi affianco a lei abbracciandola e baciandola tra quei folti capelli neri. Lei si svegliò e appena capì fossi io si voltò contro di me in modo che potessi appoggiare la testa al suo petto e sentire quel suono rilassante che era il suo cuore.
«La mia piccola donna..» disse intanto che mi coccolava e mi accarezzava i capelli.

Lei si addormentò ancora ma io non riuscivo più a chiudere occhio.

Probabilmente nulla di quegli ultimi sei mesi doveva accadere. Probabilmente noi, insieme, non dovevamo accadere.

Amore proibitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora