Parte 9

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ATTENZIONE: ROMANZO IN VENDITA in tutte le librerie e online con il titolo: "PREDESTINATI PER SCELTA" a 18€


ATTENZIONE: Questa è solo una bozza embrionale, da cui si può solo intuire il successo editoriale di "PREDESTINATI PER SCELTA"


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Odio viaggiare, odio i treni e, più di ogni altra cosa, odio viaggiare in treno. Ho deciso di fare il parroco, non il missionario, per poter restare nei luoghi che mi sono familiari e in cui mi sento protetto, ma quando la morte bussa alla tua porta non puoi far altro che fuggire.

Il treno è affollato e sporco. Rimpiango la tranquillità della mia routine, la colazione fatta con tutta la calma che merita, la preghiera nel silenzio della chiesa ancora chiusa, fresca e profumata d'incenso. Questa mattina, invece, sveglia all'alba, in taxi nel traffico fino alla stazione centrale di Napoli e un misero cornetto al bar. Il caffè è stato l'unico piacere, corposo al punto giusto, sento ancora il suo aroma nelle narici.

Non è un tragitto lungo, ma i sedili sono scomodi e stretti, il chiacchiericcio della gente mi rimbomba nella testa, il pavimento è lurido e sento la polvere fluttuare tutt'intorno.

Questi maledetti finestrini non si possono aprire.

Mi manca l'aria.

L'essere rimasto sotto le macerie del terremoto mi ha lasciato la paura dei luoghi chiusi, oltre a quella, ancora più irrazionale, che una disgrazia qualsiasi si possa abbattere su di me all'improvviso. Mi concentro sul panorama che scorre oltre il finestrino e mi faccio forza. Vedo le vestigia delle mura della città dell'epoca repubblicana, segno che stiamo per entrare nella stazione di Roma Termini. Mi ritornano in mente le parole del poeta Orazio, il quale racconta che, ai suoi tempi, oltre queste mura venivano gettati i cadaveri dei poveri, insieme ai rifiuti e alle carogne degli animali. Erano fosse comuni a cielo aperto dove i corpi in decomposizione, straziati da lupi, cani randagi e uccelli, erano un elemento consueto nel panorama.

Con l'arrivo dell'apocalisse, la terra intera apparirà come un'enorme fossa comune. Questo pensiero mi angoscia, forse ancor più della preoccupazione di essere braccato da un killer sanguinario e senza scrupoli.

Non posso fare a meno di ripensare alla visione che ho avuto prima della Vigilia di Natale. Sono stato abbattuto da una luce accecante, in cui scorgevo, a malapena, la figura di un angelo con le ali spiegate. Mi ha parlato per ore, rivelandomi cose inimmaginabili. Poi, mi ha affidato una missione dalla responsabilità immane: evitare la fine del mondo.

Proprio io, che ho sempre cercato di condurre una vita semplice e tranquilla, seguendo la corrente, sono stato scelto per combattere contro il crudele destino che incombe sull'intera umanità. Un compito impossibile per un povero prete: ho assolutamente bisogno d'aiuto.

Mentre cerco di spinger via dalla mente le preoccupazioni, diventate opprimenti, recupero dal ripiano portabagagli la mia valigetta e il cappotto lungo. Istintivamente, porto la mano alla tasca, dove custodisco un bigliettino appuntato a penna e, purtroppo, mi ritorna l'ansia.

L'angelo, come se non bastasse, mi ha chiesto di fare una strana telefonata, avvertendomi che per nessun motivo avrei dovuto tardare. Con essa avrei salvato un uomo, che altrimenti sarebbe stato assassinato e la colpa sarebbe ricaduta anche su di me. Sul foglietto ho riportato il numero telefonico e quello che mi è stato imposto di dire, ma non la data e l'ora in cui fare la chiamata. Il momento giusto lo avrei capito da solo, mi è stato detto. Mi sarà mandato un segno tangibile, che non potrò ignorare, in un lunedì.

La puzza di chiuso è un filo spinato che si stringe attorno al mio collo. Attendo ticchettando con le dita sulla porta di uscita e sbuffo: voglio scendere subito da questa scatola di metallo.

Tento di distrarmi ed estraniarmi dal resto, pensando a qualcosa di futile: l'abbigliamento che ho scelto per quest'avventura. Indosso un anonimo completo blu e niente che possa far presumere che sia un sacerdote, tranne, in effetti, un rosario, ma è nascosto sotto la mia camicia azzurra preferita, leggermente sgualcita. Non è un rosario qualsiasi, mi è stato regalato dal professore di teologia del seminario e su di esso c'è inciso il suo nome e cognome. Lui è stato ciò che nella mia vita più si è avvicinato a una figura paterna. Mi manca molto. Ieri mi sono fatto coraggio e gli ho telefonato, dicendo di aver bisogno di aiuto. Nonostante da anni ci eravamo persi di vista, non ha esitato un attimo nell'offrirmi soccorso: mi ha suggerito di correre subito da lui. Ha detto che sarebbe voluto venire personalmente ad accogliermi alla stazione ma, siccome la sua salute precaria glielo impediva, avrebbe mandato qualcuno in sua vece: una donna di sua fiducia.

Il treno si ferma: è arrivato. Questo potrebbe essere il momento migliore per un attentato. La mia mente torna ad affogare nella paura. Facendo esplodere ora una bomba, infatti, ci sarebbero tantissime vittime e devastazione. La cosa peggiore sarebbe, però, che il mio corpo straziato, identificato sulla base del nome inciso sul rosario, verrebbe attribuito alla persona sbagliata. Così però eviterei di dover salvare il mondo. Non sono per niente un eroe: Dio si sbaglia!

Devo farmi coraggio, scacciare via queste fobie assurde che mi tormentano e concentrarmi sulla realtà: tra pochi giorni Antonio verrà a cercarmi, per togliermi la vita. Sempre che faccia in tempo, visto che il Creatore vuole eliminarci tutti. Non so cosa sarebbe peggio.

Appena si aprono le porte mi fiondo giù dal treno e mi incammino tra la gente vociante. Devo solo individuare la libreria nei pressi della biglietteria, dinanzi a essa mi dovrebbe attendere una ragazza con un giaccone rosso.

Nella folla mi sento come una foglia secca in balia della marea e mi gira la testa.

Non ho idea di dove sia questa maledetta libreria.

Un ragazzo, correndo, passa con il trolley sui miei piedi, per poco non bestemmio.

Mi fermo, mentre il mondo mi scorre accanto, per cinque minuti di respiri lunghi, cadenzati e a occhi chiusi.

Rinuncio a chiedere informazioni all'edicola, perché c'è una fila interminabile in attesa, e mi forzo a fluire anch'io nel viavai disordinato. Non riuscendo a orientarmi torno più volte sui miei passi, ma quando finalmente giungo alla libreria non ho alcun problema a individuare la misteriosa donna. Non passa certo inosservata: tacchi alti, gonna corta, longilinea ma con le forme ai punti giusti. Inoltre, i suoi lunghi capelli, i vestiti, le scarpe, i gioielli in corallo e il rossetto sulle labbra carnose sono tutti di uno stesso identico rosso fiammante.

Un barbone, con gli occhi allucinati e una bottiglia di vino nelle mani luride, sembra averla notata e sbraita ad alta voce nella sua direzione: «Cos'hai donna? Non fissarmi! Non lo sopporto! Non sopporto la tua faccia sciatta e le cosce lisce che attirano gli sguardi ingordi di lussuria. Non puoi trattenere il peccato, tutta di rosso, non ti vergogni? Rosso come il sangue su un pezzo di carne appesa al gancio di un macello. Vattene o sarai dannata. Vattene via!»

Lei si allontana contrariata e sono costretto a correrle dietro, affannando come un maniaco che vede fuggire la sua preda. La raggiungo, le taglio la strada e la guardo negli occhi. «Un attimo. Sono Roberto. Mi dispiace tantissimo averla fatta attendere così tanto. Buongiorno.»

«Buongiorno è una parola grossa, non è stata una gran giornata, almeno fino ad adesso. Per fortuna ne ho approfittato per fare shopping», con un gran sorriso mi mostra una grossa busta piena zeppa di libri.

«Mi spiace che sia dovuta venire. Avrei potuto prendere un taxi. Dopotutto...»

«Non importa», mi interrompe la ragazza. «Mi chiamo Susy. Sarebbe più pratico se ci dessimo del tu, perché passeremo molto tempo insieme.»

«Pensavo che la casa del professore non fosse così lontana.»

«Ci sono troppe cose che non sai, ancora.»

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