Parte 15

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Il pub è caldo, accogliente e arredato in tipico stile inglese, ma soprattutto si trova sotto casa e resta aperto tutta la notte.

Sento scendere la birra gelata giù per la gola, è rossa, artigianale e ha un sapore intenso, corposo e soave, che svela solo nel finale un retrogusto leggermente amaro. Ne ho bevuta abbastanza per annebbiare la mente, ma non per dimenticare l'incubo che avevo fatto qualche ora prima. Avevo nuovamente visto le tenebre avvolgermi e provato un dolore atroce, così terribile da desiderare di morire.

Lo avevo riconosciuto subito, era "L'Angelo della Distruzione", la presenza più inquietante che si possa immaginare. Era tornato per mettermi in guardia. «Non fidarti di Roberto», mi aveva detto. «Dopo aver tentato di farti morire, nega la mia esistenza per tentare di convincerti a non credere in me. Adesso che lo hai minacciato, se lo rivedrai sarai costretto a eliminarlo, prima che sia lui a uccidere te.»

Rimango perplesso, non sono abituato a prendere ordini da nessuno e poi Roberto è colui che mi ha salvato la vita, è un prete e soprattutto il mio unico amico. Non sono nemmeno sicuro che abbia tentato di uccidermi, perché non sono ancora convinto che l'episodio dell'esorcismo sia avvenuto realmente. Spaventarlo mi è sembrato l'idea migliore, ma non metterò mai in pratica le mie minacce.

«Adolfo, un altro!» Sbatto rumorosamente il pugno sul bancone di mogano lucido e guardo dritto negli occhi l'uomo alto, muscoloso e tappezzato di tatuaggi, che mi scruta con occhi di ghiaccio. «Questo lo chiami boccale? È così piccolo che l'ho buttato giù con un solo sorso.»

Lui mi risponde a muso duro: «Per oggi hai bevuto abbastanza!»

«Sto aspettando», lo sfido.

«Non ti ho mai visto esagerare così tanto.»

«Perché non è mai capitato prima che qualcuno mi chiedesse di uccidere il mio unico amico. Capisci? Gli devo la vita!»

«Stai delirando, almeno spero. Hai davvero bevuto troppo.»

Sorrido e poi cerco di spiegare qualcosa che non è chiaro nemmeno a me. «Il mio amico mi ha lasciato morire di fame e sete.»

«Ecco il perché di tanta sete» sghignazza divertito. «Mi sfugge solo un piccolo particolare: perché sei ancora vivo?»

«Lo vorrei sapere anche io», concludo rassegnato a non essere creduto. «La birra, dov'è?»

«Facciamo un patto. Tu mi fai finalmente chiudere il locale e io ti riaccompagno a casa.»

«Solo se mi dici quanto ti devo.»

«Offro io.»

Estraggo in fretta il portafoglio dalla tasca, ma mi scivola di mano. Nell'impatto con il pavimento cade qualcosa, che tintinnando rotola via. Adolfo è il più veloce a raccoglierla.

«Mi vuoi pagare con i dobloni d'oro?» mi irride.

«Che diavolo... Dammelo subito!» sbraito, fuori di me.

«Ecco, tieni.»

«Scusami», spiego con tono pacato. «È un ricordo della mia sorellina... morta.»

«Ok, ma adesso andiamo!»

«Sì, ma domani torno, mi dai quella birra e mi fai pagare! È da quando ti ho raccontato che sono un killer... Avevi la faccia terrorizzata, mentre sdrammatizzavi dicendo che era un lavoro come un altro; ti saresti dovuto vedere. Da allora ti comporti in maniera stranamente gentile. Hai paura di me? Non uccido chiunque e non di certo gratis.»

Facendo un'espressione da duro, Adolfo ribatte: «Perché dovrei avere paura? Sono tre volte più grosso di te. Io non ti giudico! Anch'io non sono un santo, da giovane sono stato in riformatorio. Non posso offrirti da bere?».

«Che tu mi giudichi o no, devi sapere che io rendo il genere umano migliore, eliminando la feccia dalla faccia della terra. Ti assicuro, le mie vittime sono esseri che non meritano alcuna pietà. Forse ti comporti così, perché consideri i miei soldi sporchi? Se non ti posso pagare, dimmi almeno come posso ricambiare.»

«No, sei fuori strada, non è per questo.»

«Insisto, dammi il modo di ricambiare.»

«D'aiuto ne avrei bisogno, ma...»

«Parla!» sbatto di nuovo il pugno sul bancone, ma sorridendo.

«Facciamo così, ti racconto una storia. Ecco... Un tizio, nonostante abbia un mutuo sulla casa, decide di ristrutturare il proprio pub. A causa di vari imprevisti la spesa lievita molto, così questo tizio si trova nella condizione di dover decidere se non pagare il mutuo o non riaprire il locale.»

«Lascia perdere "tizio" e dimmi che cosa hai fatto.»

«Un mio ex compagno di classe, notando che il locale era chiuso da tempo, mi ha contattato e si è offerto di aiutarmi con un prestito. In un primo momento ho rifiutato, poi ho dovuto cedere. Da quel momento in poi, la mia vita è diventa un inferno: già dalla settimana successiva, questo cosiddetto amico, venne a pretendere gli interessi. Finché ho potuto, ho pagato senza saltare nemmeno una settimana. Poi, inevitabilmente, mi sono trovato in difficoltà. Lui, mi ha concesso un mese per restituire l'intero capitale più gli interessi arretrati, minacciando che, nel caso in cui non avessi pagato o lo avessi denunciato alle autorità, sarebbe andato sotto scuola di mia figlia...»

«Dimmi il nome e cognome di questo bastardo!»

Ascoltando queste parole, Adolfo De Leca, un omone di due metri con il fisico da culturista, non riesce più a trattenere le lacrime e si accascia sul bancone singhiozzando come un bambino.



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