Parte 23

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Roberto mi fissa inebetito, poi balbettando mi chiede: «Susy, scusa se mi permetto, perché, per viaggiare, non ti sei vestita in maniera più comoda e, soprattutto, meno appariscente?»

«Mica dobbiamo andare in chiesa», gli rispondo sorridendo, ma a muso duro, mentre osservo il suo abbigliamento triste, formale e antiquato. Nonostante non indossa l'abito o il collarino, si intuisce da un miglio di distanza che è un prete. «Se proprio lo vuoi sapere... Sono così abituata ai tacchi a spillo, che senza mi sento scalza. Il rosso è da sempre il mio colore preferito e non posso farne a meno. La borsetta di Prada, invece, è un vezzo. Il tu colore preferito, invece, deve essere il nero: non sembri un'uomo ma la sua ombra.»

«Scusami, sono stato inopportuno e maleducato. Non ti ho nemmeno ringraziato per aver mantenuto fede, nonostante tutto, alla tua decisione di seguirmi.»

«Lascia perdere la fede. Patti chiari e amicizia lunga. Io non sono abituata a seguire nessuno! Affronteremo questa avventura insieme e, soprattutto, alla pari.»

«Giusto. Ho mal di testa, questa notte non sono riuscito a chiudere occhio. Se mi dai il permesso, chiamerei l'ascensore così lasciamo questo pianerottolo angusto e andiamo all'aria aperta, prima che mi venga anche una crisi di claustrofobia.»

Usciti in strada Roberto mi confessa: «Anch'io non amo volare. Non mi sono mai spostato in aereo, perché basta il solo tragitto verso l'aeroporto a farmi sentire male». Scoppio in una risata fragorosa mentre lui mi guarda con un'espressione estremamente seria; evidentemente non era una battuta.

Arrivati all'aeroporto e sbrigate velocemente le formalità, ci dirigiamo al gate d'imbarco, passando attraverso un corridoio affollato da viaggiatori in movimento. Provo la strana sensazione di averlo già percorso, durante il sogno della precedente notte.

In attesa di salire a bordo ci sono persone di ogni genere, ma nessun affascinante modello, per fortuna. Il parroco non è di alcuna compagnia, è impegnato a scrutare con attenzione ciascuno degli altri passeggeri, in cerca di chissà quale indizio e per chissà quale oscuro scopo. L'attesa per salire a bordo è snervante e ho i nervi a fior di pelle. Strattono il parroco per un braccio. «Hai, per caso, qualcosa per il mal d'aria?»

«Porto sempre con me delle gomme medicinali. Prendine una!»

«Dammene quattro o cinque. Grazie.»

Le afferro, le scarto e le metto tutte insieme in bocca, commentando distrattamente: «Speriamo che siano miracolose».

Si sono aggiunte alla fila un gruppo di suore. A volte bastano dei piccoli particolari per far apparire un luogo terribilmente familiare, anche se non ci sei mai stato, ma ancor più inquietante è quando rilevi delle coincidenze tra i tuoi incubi e ciò che ti accade nella vita reale.

A bordo prendo posto a fianco all'oblò, così da potermi distrarre guardando il panorama. Mi autoconvinco che non c'è nessun motivo razionale per cui mi debba allarmare: viaggiano per il mondo tantissimi religiosi e, d'altronde, io stessa sono in compagnia di un prete. Noto, però, che le suore si sono sedute, con tra tanti posti disponibili, proprio dietro di me.

Mi concentro sulla cintura di sicurezza che non riesco a stringere e cerco di trovare una posizione comoda sul sedile, mentre, alla mia destra, Roberto intona sottovoce una litania infinita. Esasperata chiudo gli occhi e provo a immaginare di essere su una sdraio all'ombra di enormi palme, al centro di una spiaggia tropicale deserta e con la brezza marina profumata di salsedine ad accarezzarmi il viso. Mi sembra di sentire i gabbiani in lontananza e di vedere le onde sul bagnasciuga che si susseguono lentamente una dopo l'altra, con un dolce e cadenzato fragore quasi ipnotico.

Nel frattempo, l'aereo è decollato e si libra leggero tra nuvolette di un bianco intenso e accecante, che risaltano su un cielo azzurro carico.

Vedo le suore dietro di me chiacchierare tranquillamente, ma indossano occhiali da sole. Questo strano particolare mi riporta nuovamente alla mente il sogno fatto la notte precedente e mi induce a guardare, titubante, fuori dall'oblò. Osservo attentamente in direzione dell'ala. Fortunatamente non noto alcun fumo fuoriuscire. Faccio un sospiro di sollievo e mi giro verso Roberto, che dorme placidamente. Mi avrebbe fatto piacere condividere con lui questo mio attimo di panico, ma forse è meglio così: sarei potuta apparire ridicola.

Con l'idea di distrarmi con una buona lettura frugo freneticamente nella borsetta in cerca del romanzo di Matilde Asensi, che sono sicura di averlo portato me: eppure non c'è!

Un rumore secco e metallico mi mette in allarme. Mi afferro con le unghie alla poltrona, mentre l'aeroplano si inclina sulla destra, facendomi mancare l'aria nei polmoni.

Guardo in direzione dell'oblò e non vedo più il cielo: è scomparso dietro una cortina nera.

Il fumo invade velocemente l'abitacolo inghiottendo nella sua coltre tutti i passeggeri, me compresa. Non vedo più nulla e i suoni risultano ovattati, poi sento una voce gentile che mi chiama: «Vieni. Susy, vieni. Vieni con me». Grido, ma non emetto alcun suono. Forse sono morta.

La voce sembra meno lontana e più minacciosa, dice: «Ti mostrerò gli inferi, il luogo dove sei destinata a finire». Mi sento come se il sangue si fosse ghiacciato nelle vene.

Adesso, chiunque lui sia, è così vicino da sussurrarmi all'orecchio: «Hai ascoltato l'angelo sbagliato. Se continuerai a seguire Lucifero, condannerai la tua anima».

Fluttuo nel nulla più assoluto, muta, immobile, attendendo di dissolvermi nel nulla e, l'attimo dopo, urlo come un dannato che arde nelle fiamme dell'Inferno. Vedo intorno a me le hostess che mi fissano con sguardo severo e irritato, mentre Roberto mi strattona implorandomi di calmarmi. Smetto di strillare, nonostante mi senta ancora allucinata e mi stropiccio gli occhi. Il parroco, con un'espressione turbata stampata sul volto, lascia la presa sulle mie spalle, mentre le hostess si allontanano borbottando. Fuori l'oblò il cielo è terso. Le suore sembrano assorte nei loro pensieri e, soprattutto, non indossano strani occhiali.

Nemmeno il tempo di riprendermi che sobbalzo, per un annuncio improvviso che proviene dagli altoparlanti. «È il capitano che vi parla. Purtroppo, vi devo rendere partecipi di un episodio increscioso e preoccupante avvenuto su questo volo.» Tento di stringere ancora di più la cintura di sicurezza. «Il personale di bordo mi ha riferito di una persona non mentalmente stabile in seconda classe.» Mi guardo intorno, preoccupata. «Vi voglio rassicurare, la situazione è tornata sotto controllo. Il volo procede regolarmente e ci stiamo per avvicinare all'aeroporto internazionale Charles de Gaulle, dove atterreremo in perfetto orario.»

Adesso finisco anche rinchiusa in un manicomio. Che mi succede?

Devo calmarmi, probabilmente mi sono soltanto addormentata e ho fatto un incubo peggiore del precedente.

Controllo nuovamente che la cintura di sicurezza sia ben stretta e mi concentro sul momento in cui, finalmente, potrò appoggiare i piedi sulla solida terra.

Sospiro per l'ansia.

Un rumore secco e metallico, mi fa sobbalzare il cuore in gola.

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