[1]

58 4 0
                                    

La prima volta che la vidi, io fui il suo barista. Entrò nella caffetteria chiedendomi "un caffè con amore" e, accortasi del mio stupore nel sentire quella richiesta, mi spiegò che intendeva un caffè corretto. Era mattina, una mattina grigia in una settimana piovosa e le sedie vuote ospitavano i fantasmi dei clienti abituali che non venivano da giorni, presumibilmente perché faceva troppo freddo.

Rimase in piedi davanti al bancone e, nel silenzio interrotto dal passare delle macchine, le chiesi per sincera curiosità da dove arrivasse il suo strano ordine.

Mi spiegò che era abituata così nel piccolo bar del paese da dove veniva ed era il suo primo giorno in città. Da quel giorno la vidi tutte le mattine, alla stessa ora entrare dalla porta e dopo poco capii che le uniche differenze nel suo inizio giornata potevano essere "con qualcosa da mangiare" e "con un bicchiere d'acqua". Se chiedeva da mangiare c'era un ordine specifico: brioche con ripieno ai frutti di bosco, altrimenti quella al miele e, se non c'erano, le sue preferenze sul podio erano marmellata classica, crema e cioccolato.

Ogni tanto entrava e diceva "acqua e salato" con un sorriso stanco e terribilmente dolce che, come da lei spiegato la prima volta, significava "insieme al caffè corretto, un bicchiere d'acqua e un toast, ieri sera non ho cenato".

Le mattine salate erano quelle che odiavo di più perché ogni volta immaginavo un motivo diverso per il quale potesse non aver mangiato e sentivo una piccola fitta al petto. Aveva i capelli biondi e mossi, un taglio a caschetto, quando ti parlava era piena di dolcezza e usava troppi "grazie", "per favore" e "se non ti disturba".

Con il passare delle mattinate avevo occasione di scoprire qualcosa di lei. A volte sembrava proprio che avesse bisogno di parlare e mi raccontava come i clienti con cui lavorava fossero incontentabili o mi citava momenti con lo zio; in altre giornate il suo sguardo si perdeva sotto un velo di malinconia e mi faceva domande sui clienti e il lavoro.

Tutto cambiò quando, un pomeriggio, la vidi camminare assorta sul marciapiede davanti alla vetrina. Stavo staccando dal mio turno ed ero appena uscito per andare a casa.

Entrai nel panico: una parte di me voleva correrle incontro ma l'altra mi diceva "non sai nemmeno il suo nome", una parte di me voleva sapere dove andava ma l'altra mi diceva "e se lei non volesse compagnia?". La mia più grande paura era quella di spaventarla e di non vederla più la mattina: avevo paura di perderla, ancora prima che diventasse seriamente parte della mia vita.

Mi svegliai come da un sogno e alla fine le corsi incontro con un "Ehi!", che non la fece voltare verso di me.

Le arrivai vicino e la salutai, notando che aveva gli auricolari alle orecchie, ma vedendomi mi sorrise e per un attimo, tutti i "ma" vennero zittiti.

Spense la musica e mi disse "Ciao! Come stai?".

Non saprei tutt'ora dire perché, ma rimasi spiazzato dalla domanda. Ero sorpreso dal fatto che una cliente si preoccupasse di come stavo, al contempo mi sentivo lusingato perché era lei a chiedermelo e sollevato dal peso dei miei dubbi.

"Bene grazie! Ho appena appeso il grembiule del bar e stavo andando a fare un giro" mentii, ma era una bugia piccola piccola "..ti ho vista passare e mi sembrava carino chiederti se volevi venire con me" come un idiota, ma corressi il tiro "sai, visto che sei qui da poco, se volevi vedere la città!" sperai con tutto il cuore di averla fatta franca.

Lei sorrise e si guardò per un attimo i piedi, poi mi fissò e sorrise "Oh, che carino! Grazie!" qualcosa si spense nel suo sguardo "Ora però devo fare delle commissioni e poi correre da mio zio in ufficio..." i suoi occhi si persero nel vuoto.

Rimasi in silenzio, come sospeso, per mezzo secondo che sembrò due imbarazzanti minuti, "Ti va però se.." inspirò in fretta "ti lascio il mio numero di telefono e ci mettiamo d'accordo per uno dei prossimi giorni?".

"Certamente, quando vuoi!" troppo entusiasmo, cercai di ricompormi "Penso che tu abbia molto da fare, quindi si, se ti va mi farebbe piacere essere il tuo cicerone."

Rise, una piccola, mezza risata "In effetti mi servirebbe, è difficile imparare ad orientarsi facendo sempre le stesse quattro strade."

Sorrisi e lei si affrettò a darmi il telefono.

"Salva il tuo contatto, ti scrivo più tardi."


Parlami ancora dei fiori d'arancioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora