Tornando verso l'appartamento inizia pian piano a sentire un senso di vuoto. Inizialmente pensai che fosse la nostalgia di casa, sentire la mancanza di un ambiente familiare, ma c'era qualcosa che non mi tornava, che, si svelò, quando dal nulla pensai "vorrei tanto dirlo a Vera".
Mi sentii vulnerabile e desiderai potermi rintanare come un orso durante il letargo: un letargo che doveva durare il tempo di dimenticarmi di lei.
"Vorrei presentare Vera a mia mamma, a Iris e a Viola, vorrei farle vedere casa mia.
Vorrei che Vera sapesse cosa studio, vorrei che mi ascoltasse.
Vorrei vederla arrivare con un sorriso e poi... vorrei poterla abbracciare."
Avevo una fitta nel petto. Perché, nell'amor del cielo, che qualcuno me lo spiegasse! Perché mai dovevo desiderare qualcosa di così tanto impossibile?
C'era stata una ragazza una volta, quando all'università frequentavo ancora le lezioni, che si era dimostrata interessata a me. Eppure quella ragazza, di cui avevo già scordato il nome, mi aveva solo fatto sentire lusingato dalle sue attenzioni, senza che mai mi avesse sfiorato il desiderio di conoscerla di più, di vederla dormire o scoprire se russava. Con Vera era diverso, di lei volevo vedere le mani, i piedi, sapere se aveva freddo o caldo, se preferiva la pasta scotta o al dente, anche se speravo che la preferisse al dente. Quando appoggiai le borse per aprire la porta d'ingresso controllai velocemente il telefono, dove vidi la notifica di un messaggio. Ricordando di aver chiesto un consiglio a mia madre lasciai perdere e salii, ripromettendomi di risponderle appena tolte le scarpe.
Salite le scale, arrivato in appartamento, cambiato d'abiti e andato in bagno, mi sedetti per spiegare con calma a mia madre che avevo preso un regalo alle bimbe e fu in quel momento che lessi "Scusa per oggi. Non avevi un bell'aspetto. Sono ancora preoccupata, mi dispiace."
Mi si strinse la bocca dello stomaco e al contempo una scarica di emozione mi diede alla testa. Vera mi aveva scritto, io dovevo risponderle, assolutamente, ma come? Scrissi, ritentando per alcuni minuti, prima di inviare.
"Ehi, ciao :)
Tranquilla, ieri notte non sono riuscito a dormire e oggi è stato traumatico alzarsi, ma sto bene"
Soddisfatto, cercai in frigo qualcosa da mangiare.
Bzz.
"So che non è il mio posto, ma posso chiederti come mai? Se vuoi dirmelo"
Serissimo, inizia a risponderle, dimenticandomi di cenare.
"..è stata una serata strana. Ho iniziato a pensare ad un paio di cose e queste si sono trascinate dietro brutti ricordi, uno tirava l'altro come in una specie di catena
E non sono riuscito a levarmeli dalla testa, mi hanno tenuto sveglio tutta la notte"
"Capisco
Capita anche a me ogni tanto, è parecchio brutto. Soprattutto quando hai impegni il giorno dopo e più resti sveglio, più sei nervoso perché sai che dormirai poco... e va avanti così"
"Ti succede spesso?"
Mi resi conto di essere triste. Forse giocò di gran lunga la stanchezza, perché mi accasciai sul tavolo con gli occhi che si chiudevano, dimenticandomi di calcolare quello che dovevo scrivere.
Passò un minuto o due.
Bzz.
"No, non così tanto spesso, ma abbastanza da ritenerla quasi una routine. Ero quasi certa che fosse una cosa che succede solo a me, non avevo sentito nessuno parlarne.. prima d'oggi. Fa schifo, non l'avrei proprio augurato a nessuno
Mi dispiace davvero"
"Ma va, tranquilla... insomma, è stata una sera.
Fa male sapere che a te succede spesso."
"Scusa, in che senso?"
"Nel senso che sapere che a te succede una cosa così brutta abbastanza spesso da ritenerla routine... fa male. Mi fa male sapere che stai male."
In quel momento mi esposi davvero, ma, pensai, era facile dietro ad uno schermo. Preparai del latte con i cereali e continuai a scriverle, anche se non mi aveva ancora risposto.
"Tutto okay? Spero di non aver detto niente che ti abbia ferita."
Nulla.
Lavai la tazza, passai in bagno e mi stesi a letto, appoggiando il telefono sul comodino.
Mi si stavano chiudendo gli occhi.
Bzz.
Ripresi il cellulare in mano e mi nascosi sotto le coperte per non illuminare la stanza.
Bzz.
"Ehi, scusa mi aveva cercata mio zio, tranquillo
Non mi hai detto nulla che mi ha ferita"
"Scusa Vera"
"Per cosa?"
"Non ci credo che ti ha chiamata tuo zio"
"In che senso?"
"Dai, hai capito"
Non mi rispose subito e quel lasso di tempo fu più che sufficiente per farmi addormentare.
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Parlami ancora dei fiori d'arancio
RomanceI dettagli celano la verità e i cocci tagliano i piedi nudi. Solo scoprirsi e rendersi vulnerabili potrà avvicinare davvero due ragazzi. Tra le vie di una città, dietro ad un bancone e nel silenzio della notte si trova la tenerezza. L'energia che sp...