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"Cosa devo fare? Cosa?" continuavo a chiederle mentalmente.

Passeggiare mi aveva sempre aiutato a schiarire le idee, lo avevo capito quando i miei si erano separati. Era stato camminando che avevo metabolizzato la cosa e correndo avevo scacciato tutta la rabbia che avrei riversato sulle scelte dei miei genitori.

Buttato nel cestino il mozzicone, misi le mani in tasca e mi ritrovai tra le dita la lettera. Sbuffai e continuai la mia strada fino a parco Garibaldi, dove c'erano panchine in ferro, tanti alberi e un laghetto dove ogni tanto si vedevano dei pesci rossi.

Mi sedetti nel mio posto preferito, lontano dalla zona che si affollava di più e leggermente nascosto da un biancospino. Impiegai un po' di tempo prima di aprire la busta.

Avevo quello strano pezzetto di Vera tra le mani e al tatto mi dava una sensazione gradevole. La carta era ruvida e sembrava riciclata, ma dalla texture pensai che si trattasse di carta di riso, che avevo visto forse un altro paio di volte solo in cartoleria.

La portai vicino alla bocca e annusai: sentivo una leggera fragranza di fiori, come se ci avesse spruzzato sopra del profumo o fosse rimasta vicino ad una maglietta e ne avesse preso l'odore.

La scartai con delicatezza e lentamente, con un po' di paura di quello che avrei potuto trovarci dentro.

"Ciao Mattia,

sono Vera. Non so bene come iniziare questo lettera, ma ci sono due cose che so di volerti dire: grazie e scusa.

Grazie per essere venuto a prendermi l'altra sera e scusa per come mi sono comportata, ero un po' fuori di me... non era stato un granché come pomeriggio.

Comunque, sei stato molto gentile e, sinceramente... non lo so, non me l'aspettavo. In questo mondo c'è tanta cattiveria ma ancora di più c'è tanta indifferenza. Sai, ho sempre sofferto un po' l'indifferenza delle persone, tipo quando al supermercato si prende il primo shampoo che si trova, ecco, io non sono d'accordo, ci metto sempre un sacco perché devo annusarli tutti, ma proprio tutti! Se non li annuso tutti poi mi vengono sempre i dubbi che quelli che non ho annusato possano essere più buoni e di aver scelto di fretta!

In ogni caso lo shampoo più buono che abbia mai comprato era all'arancia, con qualche altro aroma strano. L'ho preso solo una volta, da ragazzina, mentre ero in gita di classe. L'ho amato così tanto... mi ricordava un odore specifico: quello che c'è tra marzo e aprile nei campi dietro casa mia in paese, dove ci sono decine di aranci che iniziano a fiorire e il sole fa brillare il bianco dei piccoli petali tra le foglie. Vedi, io non sono molto brava a dire le cose che devo dire, sono molto più brava a cambiare discorso. Anche se penso che vada bene così, perché sennò invece di una lettera carina sarebbe stato un bigliettino.

Mi dispiace, penso che tu qua non abbia trovato nulla di utile, carino o interessante, spero di non averti deluso.

E visto che la carta ora sta scarseggiando.. grazie di nuovo Mattia, grazie di esserci stato.

Vera"

Chiusi gli occhi per trattenere le emozioni.

Era davvero una lettera inutile, aveva ragione, ma leggere quei dettagli, entrare per un po' nei suoi ricordi, nel suo modo di fare, nella sua quotidianità, mi fece sentire vicino a lei, quasi dentro la sua mente o dentro al suo cuore e mi vennero le vertigini.

Rilessi la lettera almeno una decina di volte, le ultime concentrandomi solo su alcune parole, come "arancio" e la rotondità delle sue lettere o "Mattia", che scritto da lei era compatto ma non troppo corto, così perfetto che, per un attimo, fui certo avesse impiegato quel secondo in più solo per il mio nome.

Mi guardai attorno e mi realizzai che stava iniziando a far buio.

Avviandomi verso casa tenni la lettera tra le dita e continuai ad accarezzarla nell'intimità delle mie tasche.

Quando arrivai a casa decisi di impegnarmi nel preparare la cena e, tra il tagliare la cipolla e il grattugiare le carote, mi chiesi che gusti avesse Vera. Quando mangiava salato a colazione mi aveva detto, la primissima volta, di portarle un toast e quando le avevo chiesto quale si era stupita.

A quanto pareva, nel bar del suo paese, servivano un solo tipo di toast, con prosciutto e formaggio, mentre al Cinnamon c'era anche una piccola cucina, quindi l'offerta dei toast andava da quello vegetariano a quelli con speck o crudo, tacchino, salmone e altri. Così, ogni volta ne aveva ordinato uno diverso.

Il problema era che quelle mattine erano le peggiori, dove una volta seduta al tavolo fissava il vuoto, poi sembrava seguire con lo sguardo la trama dipinta sul muro e cercare dettagli insignificanti tra le vene degli inserti in legno; quando mangiava era come se fosse in trance e si dovesse impegnare per ricordarsi come si fa.

"Sembra quasi che faccia fatica a mangiare." pensai: quella consapevolezza mi aveva chiuso un po' lo stomaco.

"Perché fai fatica a mangiare?" le chiesi, mentre preparavo la tavola.

"Cos'è successo prima, prima di tutte quelle mattine?" ma non mi avrebbe risposto, ero da solo.

"Cos'è successo... quella sera?"

Parlami ancora dei fiori d'arancioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora