Mentre ascoltavo con un orecchio Ivan e Cristina, guardavo Vera, standole vicino e tenendola per mano sopra il tavolo.
Una parte di me voleva davvero intromettersi nel discorso di Ivan che discuteva di retribuzioni e lavori per studenti, perché Riccardo raccontava di macchine e impianti elettrici e la mia predisposizione umanistica stava avendo la meglio sul desiderio di socializzare.
La differenza sulla bilancia la faceva Vera, che sentivo ogni tanto stringermi un po' di più la mano. La prima volta pensai che fosse semplicemente un gesto carino, la seconda notai che si era un po' irrigidita sulla sedia e la terza volta, prestando attenzione al discorso, mi accorsi che Riccardo aveva iniziato un ragionamento sui nostri coetanei.
"Voglio dire. Alla nostra età, a parte chi sta finendo gli studi, dovremmo essere già tutti che lavoriamo o che abbiamo lavorato da qualche parte. Insomma, arrivare a venticinque anni e non aver mai fatto niente, zero? Assurdo. Non è bene. Adesso ce ne sono così tanti che non hanno voglia di lavorare, me lo dice sempre il mio datore. Continuano a cercare giovani da inserire, ma anche quelli che prendono poi restano poco e se ne vanno altrove e, dico io, ma dice giustamente il mio titolare, perché devi prenderli? Insegnargli il lavoro e poi loro ti lasciano e tu ti ritrovi da capo a formare gente, dipendenti, che poi comunque se ne vanno e quelli che hai formato vanno in altre aziende che se li trovano belli e bravi che sanno lavorare senza aver mosso un dito per la loro formazione... perché lo hai fatto tu!" sbuffò "Non esiste più la fedeltà per l'azienda in cui lavori..."
"Sì, capisco il tuo ragionamento" intervenne Stephan, la mano di Vera allentò la presa "e non dico sia sbagliato. Il fatto che oggi, quelli della nostra età, non abbiano il concetto di fedeltà all'azienda" disegno delle virgolette nell'aria "è un problema per i datori di lavoro, ma non consideri che oggi le aziende hanno altre forme, altre figure e spesso nel fermarti in un'azienda non è detto che fai carriera. Noi vediamo le possibilità perché sappiamo che ci sono, ci siamo arresi all'idea di vivere in affitto e di non avere un posto fisso e non so neanche quanti lo possono desiderare. Io no, ad esempio." e lo guardò dritto in faccia.
Arrivò in quel momento la cameriera a portare gli ordini. Dopo l'unione di ognuno al suo bicchiere e un breve brindisi, Riccardo riprese a battere ferro.
"Comunque, secondo me siamo più pigri dei nostri genitori" sentii la mano di Vera premere "perché io mi ricordo di quand'ero piccolo e i miei mi raccontavano dei turni che facevano e poi tornati a casa si mettevano anche lì a fare lavori. Io adesso lavoro e quando vado a casa cerco di fare qualcosa ma mi rendo conto che in realtà non ho proprio voglia di fare niente eh." sospirò "Perché una volta erano abituati al lavoro, eri sempre che lavoravi ma avevi pure degli obiettivi, tipo la casa o i figli."
"Sì, adesso però non tutti hanno voglia di lavorare per spendere i soldi nella casa o nei figli, ci sono anche quelli che preferiscono lavorare di meno, spendere di meno e magari godersi un po' di più il quotidiano." lo interruppe l'amico "Perché anche io mi ricordo i miei, ma ancora di più i miei zii, ad essere onesto. Un giorno, parlavo con mio padre e mi ha detto che loro a cena fuori o a farsi un aperitivo, una gita al museo, mica ci andavano." diede un sorso al suo long drink "I miei hanno fatto tutto ma con molta calma, perché entrambi si rifiutavano di vivere per lavorare. Quindi almeno una volta al mese andavano a fare una cena fuori o lasciavano stare i lavori di casa per prendersi mezza giornata di svago. Io sinceramente sono per un ragionamento del genere."
"Credo che..." iniziai senza accorgermene "scusa, stavi dicendo?" cercai di rimediare alla figura barbina.
"No no, vai tranquillo, avevo finito io." mi rassicurò Stephan.
"Beh, io credo che alla fine dipenda tutto da persona a persona. Non ci si può aspettare scelte uguali da persone diverse, semplicemente perché ciò che conta per me magari non conta per un altro, o conta di meno. Sta ad ognuno capire cosa è importante per lui o per lei e poi cercare di vivere secondo la scala della sua importanza..." guardai Riccardo "Vero che se nessuno resta in azienda questo può creare difficoltà ad altri, ma se andiamo dietro a questo finisce che viviamo per fare ciò che ci si aspetta da noi e non quello che vogliamo." tornai con gli occhi da Stephan "Di sicuro un po' dobbiamo prenderci le nostre responsabilità, ma fare come i tuoi, che hanno trovato il loro modo per... come dire... combinare il lavoro alla vita, secondo me è un traguardo. Non per tutti sarà quello, ma loro ce l'hanno." pensai un attimo "Chiaramente non c'è nulla di sbagliato nel lavorare con valori e costruire qualcosa, di certo non vedo nulla di male nel godersi la vita e non comprare mai una casa. Poi, ora come ora, anche se ho un'idea, non credo di sapere cosa deciderò tra qualche anno." conclusi.
"Sono d'accordo." Vera spezzò il silenzio nel quale fino a quel momento aveva ascoltato il discorso "È abbastanza riduttivo fare un confronto con i nostri genitori. Vivevano in un altro mondo, solo per dire, non c'erano computer o cellulari... le scelte che facciamo adesso sono in un contesto sociale differente e ognuno si adatta a modo suo." era decisa e mi diede l'impressione, che cozzava con la Vera delle mattine al bar, di essersi forzata per non essere maleducata.
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Parlami ancora dei fiori d'arancio
Любовные романыI dettagli celano la verità e i cocci tagliano i piedi nudi. Solo scoprirsi e rendersi vulnerabili potrà avvicinare davvero due ragazzi. Tra le vie di una città, dietro ad un bancone e nel silenzio della notte si trova la tenerezza. L'energia che sp...