Epilogo

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(Disclaimer: le copertine me le auto produco da un po', siate clementi 😂. Buona lettura)

Quattro anni dopo...

«Hai compilato tutti i documenti ?»

«Sissignora.»

Camila le scoccò un'occhiata bieca. Detestava qualsiasi appellativo autoritario. Lei lo sapeva, infatti insisteva ad usarli.

«A che ora parte il volo?» Si informò mentre scorreva fra le email, pretendendo fosse una domanda come tante altre.

«Quando vuoi tu.» Rispose coincisa Dinah, attendendo che lo sguardo di Camila si posasse su si lei per terminare la frase. «Sei tu il capo.»

La cubana roteò nuovamente gli occhi al cielo e affrettò il passo, ignorando la risatina compiaciuta dell'amica.

L'azienda di suo padre era stata ceduta e smantellata, ma nessuno le aveva impedito di rifondarla. Era la sua sicurezza a sollecitar e rispetto quando entrava nella stanza, ma era il suo cognome a indurre un inchino. Così non si sentiva troppo lontana da suo padre, anzi! Se commetteva un errore poteva quasi udirne il borbottio in sottofondo. Aveva accumulato una certa esperienza in quanto ad "aziende", perciò non aveva impiegato più di due anni a farsi conoscere. Le era bastato un altro anno per spopolare. Aveva deciso di fondare il quartier generale proprio a Miami, cosicché potesse aiutare sua madre quando le buste erano pesanti e rimproverare sua sorella quando l'avventatezza era troppo leggera. Dinah era tornata da lei un anno dopo la nascita dell'azienda e da allora era già tanto se Camila poteva andare al bagno da sola.

«Partiamo alle 08. Avverti il pilota, per favore.» Sentenziò, inspirando abbastanza da gonfiare la gabbia toracica, ma non da comprimere le sue angosce.

Dinah non ebbe l'ardire di chiederlo mentre era così vicina, ma appena si fu allontanata di qualche passo la richiamò: «Camila.» La cubana fece scattare la testa ma non si voltò. Sapeva cosa doveva domandarle, si meravigliava non lo avesse fatto prima, ma le era grata per essersi convinta quando poteva ancora darle le spalle. «Sei sicura di voler andare?»

Di cose rischiose, anche stupidamente sconsiderate, ne aveva collezionate a volontà. Eppure, adesso, si sorprendeva di tremare. Deglutì per stabilizzare la voce prima di rispondere.

«Sono sicura.»

Proseguì la sua uscita di scena a passo sostenuto, concedendo all'ironia dell'amica di sgonfiarsi in un sospiro.

Prima di decollare, Camila andò a salutare Sofia e Sinu. Non sarebbe stata via più di tre giorni, il tempo di prendere parte all'evento come sponsor e tornare, ma sua sorella soffriva maggiormente il distacco da quando la viveva quotidianamente. Anche Sinu, per quando si sforzasse di minimizzare l'apprensione della figlia con gesti lesti, mal tollerava i viaggi di Camila. Le era già successo di salutare qualcuno e non vederlo più bussare alla porta. Non sapeva come affrontato la prima perdita, ma non poteva sopportarne un'altra. Questo a Camila non lo diceva, ma la donna trascorreva abbastanza tempo con i suoi papabili partner da fiutare un bluff ad occhi chiusi. Ed era proprio così che Sinu sventolava la mano quando si salutavano sulla soglia: ad occhi chiusi.

Rincasò prima della mezzanotte, concedendosi qualche minuto di silenzio prima di abbandonarsi al sonno. Sapeva di aver firmato un contratto da sponsor per la prossima macchina messa in produzione dalla nuovissima azienda di Sean McConell, quello che non sospettava era che la sua presenza fosse necessaria agli eventi. Ma in cuor suo, ciò che la manteneva ancora sveglia, era proprio il pensiero opposto. E se invece ne fossi stata perfettamente consapevole? Era inutile cercare le risposte adesso. Poteva trovare solo il sonno ora. Le risposte, invece, all'indomani.

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