Capitolo ventiquattro

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«Ci mancava solo questa.» Era l'ennesima volta che Jessie sbuffava, Camila era ormai diventata incurante dei suoi reclami.

«C'è una competizione in corso e tutto sembra contro di noi.» Per "noi" Camila sperava che intendesse lei e l'azienda, non desiderava rientrare nel pronome.

«Non fare la melodrammatica», la rassicurò e ammonì al contempo, gustando dal calice di vino un sorso abbondante; necessitava del vino, di una quantità stratosferica di vino, per affrontare le lamentale sperticate di qualcuno.

«È solo una questione di qualche giorno, finché gli aeroporti non riapriranno.» Si approssimò alla grande finestra quadrata. Il cielo newyorkese era era ammantato in una nube nera densa e minacciosa, gli edifici erano avvolti in un manto dal medesimo aspetto tetro. I giornali consigliavano di restare a casa, per sicurezza, anche se la bufera era prevista per quella notte, era preferibile astenersi dal girovagare pomeridiano.

«Che situazione, Dio mio.» Sibilò a denti stretti, sospirando frustrata.

Camila era più frustrata di lei, ma annacquò tutti i sospiri in sorsi di vino.

«D'accordo, inutile continuare a parlarne.» Tagliò la testa al toro, troncando finalmente la conversazione. «Mi raccomando: non uscire! Hanno trasmesso qualche servizio da New York e sembra già in prossimità di scatenarsi.» Camila apprezzò lo sforzo nel ricomporsi ed esprimere preoccupazione, che sicuramente era vera, ma in quel momento apparve del tutto piatta e circostanziale.

«Sarà fatto.» Non le venne nemmeno da dire grazie. La linea si interruppe di colpo, probabilmente a causa di un guasto tecnico dovuto alle raffiche di vento, oppure per presa decisione della sua interlocutrice.

Camila non se ne curò molto. Si afflosciò sulla sedia dietro di lei, volgendo lo sguardo cupo verso una New York ancora più cupa. La pioggia non era mai stata un problema, anzi! Le piaceva farsi cullare dal ritmo scrosciante dei rovesci notturni, ma le raffiche di vento le accapponavano la pelle. Per quanto la pioggia rullasse incessante in una rapsodia insistente, non era mai disturbante come l'ululato toniturante del vento, che si accovacciava nei meandri della terra silenzioso per poi erompere in un agguato strillante. Non era il rumore di qualche tuono ad angosciarla, bensì l'ansia di aspettare qualcosa che non è ancora successo, ma che sai star arrivando.

La cubana si rilassò con un altro calice di vino, ma stavolta bianco. Aveva esagerato un po' con quello rosso, per fare un eufemismo. In quei giorni di reclusione meteorologica aveva sì lavorato e coordinato a distanza, ma le era avanzato anche un cospicuo spazio libero nell'agenda. Dinah era troppo impegnata a litigare con Normani per farle compagnia, mentre Lauren era troppo impegnata a litigare con sua sorella.

"Litigare" non era il verbo appropriato. Inaspettatamente -o forse no- la corvina aveva mantenuta salda una calma stoica. Aveva ascoltato tutto il racconto di Taylor, senza intervenire. Si era sciroppata anche le lacrime da coccodrillo della sorella, anche qui senza fare una piega. Ed infine, sazia di dettagli è satura di lacrime, si era alzata e aveva lasciato la stanza senza una parola. Se per "litigare" si intende trincerarsi in un silenzio pensoso, o punitivo, allora stavano decisamente litigando... Ma se invece si dovesse intendere lanciarsi dietro insulti -o pedine, come nel caso di Dinah e Normani- e maledicendosi l'un l'altra, allora no, non stavano decisamente dibattendo.

Camila aveva tentato di parlarne con Lauren, prendendola larga, moooolto larga, come aveva fatto durante il suo coming-out: probabilmente aveva raggiunto la meta almeno mezz'ora dopo che i suoi genitori avessero già carpito l'antifona. E anche stavolta, in un tempo decisamente ridotto rispetto al precedente, date le spiccate doti percettive di Lauren e l'esigua riserva di pazienza, era stata l'ultima a cavare il nocciolo della questione -Lauren c'era arrivata già dieci minuti prima-. La corvina aveva dichiarato l'embargo per quanto concerneva l'argomento, e la cubana non aveva potuto fare altro che fare dietrofront.

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