Capitolo quattro

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«Il marketing sta procedendo bene. Roberto è contento, dovresti esserlo anche tu.»

...

«E poi, i concorrenti non sanno ancora che il premio è stato messo in palio da Towers. Saranno euforici, quando lo scopriranno stasera.»

...

«Voglio dire..» Sospirò. «Voglio dire, mi stai ascoltando Lauren o no?» Sbottò Normani, chiudendo bruscamente il fascicolo dispiegato sulle sue gambe.

La corvina alzò lo sguardo dalla sua provvisoria scrivania. Aveva affittato una villa nella quale soggiornare durante quei mesi lontana da New York; la prima cosa alla quale aveva pensato era stato il suo ufficio. Doveva essere grande e spazioso, con una bella vista e una scrivania bianca.

«Come, scusa?» Farneticò, schiudendo appena le labbra. Si era persa tutto il discorso dell'amica.

Normani sospirò esausta ed esacerbata. Si portò una mano sugli occhi e massaggiò le tempie prima di rispondere. «Non è possibile lavorare con te oggi. Sei peggio di quando bevi vodka.» Assunse una posizione austera, sostenendo spavalda lo sguardo minaccioso e incupito della donna.

Lauren spazzò via la refrattarietà, sublimando in un sospiro. Distolse lo sguardo verso un punto imprecisato della stanza. L'anello di suo padre era l'unica cosa che gli restava di lui. Lo teneva costantemente all'anulare, come promessa verso di lui e verso se stessa. Ci giocava sempre quando era nervosa, e adesso lo era eccome.

Normani si morse ma guancia interna, mentre assisteva al somatizzare spasmodico della collega. Gli avvertimenti erano freschi e forse avrebbe fatto bene a non intavolare la conversazione, ma era più forte di lei. «Stai pensando a Camila?» 

Lauren si irrigidì immediatamente. Il movimenti febbrile che molleggiava l'anello sulla lunghezza del dito si interruppe all'istante. Il suo sguardo rimase però congelato sul panorama fuori dalla finestra. Le onde erano calme, creavano appena un'increspatura sulla superficie. Eppure, una delle frasi che preferiva, che doveva aver letto in un libro di filosofia, recitava "Solo perché il mare è calmo, non significa che sotto non sia avvenendo niente".

Si voltò verso Normani, lentamente. La donna non mosse ciglio. Ormai si conoscevano da troppo tempo. Sapeva che azzardare con Lauren era un rischio, ma era un rischio che era pronta a correre. Perché se non rischiavi, con Lauren non ottenevi niente.

«Sto pensando che ho bisogno di un doppio whisky.» Affermò la corvina, alzandosi per esaudire il suo desiderio.

Raggiugne il tavolino in cristallo dove erano adunati i suoi pregevoli alcolici. Ne versò un bicchiere solo, sapendo che Normani disdegnava liquidi puri, e che preferiva di gran lunga quelli aromatici.

Normani piroettò sulla sedia girevole, voltandosi faccia a faccia con la corvina, adesso in piedi accanto alla libreria, immancabile nel suo ufficio, dovunque esso fosse.

«Hai paura che possa parlare?» Postulò la donna, inclinando appena la testa.

«Ma per favore.» Lauren sorrise sarcastica, scuotendo la testa. Ingollò un sorso tutto d'un fiato, rabboccando il bicchiere svuotato. «Non ha parlato in tutto questo tempo, figurati se lo farà adesso.» In realtà, nei recessi reconditi della sua coscienza, sapeva che Camila avrebbe avuto tutte le ragioni e le possibilità per sovvertire la situazione, ma qualcosa dentro di lei le suggeriva che non lo avrebbe fatto.

Non era quello che l'angustiava. Non erano le giuste domande. Non era perché ne avesse paura, ma come ne aveva paura.

Lei aveva paura di non dormire, di non riuscire a normalizzarsi dopo che quel torneo sarebbe finito. Perché quel torneo sarebbe finito. E Camila se ne sarebbe andata, di nuovo. Senza perdonarla, di nuovo.

Towers 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora