Capitolo sette

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Ciao a tutti!

Ho pubblicato adesso perché domani sarà una giornata abbastanza impegnativa e ci tenevo a far uscire il capitolo. Detto ciò, che lo leggiate stanotte o domani mattina, vi auguro una buona lettura. :)



«Ti stanno molto bene questi orecchini, sai?» Jessie fece scivolare le mani sulle spalle scoperte della cubana, depositando un bacio sul suo collo esposto.

Camila portò la sua mano sopra quella dell'altra, ma il suo sguardo rimase fisso sullo specchio, fisso nei suoi stessi occhi. Sorrise fievolmente, ringraziandola blandamente.

«Ally ha detto che Dinah ha avuto un'emergenza moda, e si sono precipitate al centro commerciale,» annunciò Jessie, spostandosi verso il comodino dove giaceva il sul fedele orologio. Venti carati, laccio in argento, touch. Modestamente, rifletté orgogliosa la donna mentre agganciava il fermaglio.

«Okay, vorrà dire che le aspetteremo nella hall.» Convenne la cubana. Dopo aver imparato ad amministrare un'azienda, gli imprevisti erano ormai pane quotidiano. Niente che la turbasse.

«Oppure...» Uno sguardo malizioso abbagliò le iridi screziate della donna, mentre con passo felino e sorriso salace si approssimava alla cubana. «Potremmo aspettarle qui,» bacio, «io e te,» bacio, «da sole.»

«Non credo proprio.» Camila si rese conto forse troppo tardi di essere suonata un po' troppo dura e ingiustamente, così si affrettò ad addurre «È solo che ho impiegato ore per farmi i capelli e sarebbe una noia dovermi truccare di nuovo.» Si giustificò, girandosi frontalmente verso la sua interlocutrice, e consolandola con un intima carezze sulle spalle coperte dalla camicetta elegante e sbarazzina che aveva indossato la donna.

«Lo capisco,» sorrise Jessie, lasciandole un altro bacio sulla mano, «sei stupenda. Non vorrei mai essere causa di deturpamento.» Strappò un sorriso a Camila, la quale sentiva una morsa al cuore ogni volta che la donna si mostrava tanto accomodante e paziente.

Lo smartphone della cubana si illuminò. Jessie, notando la luce attraverso il riflesso dello specchio, si premurò di portarle l'aggeggio. Era Dinah, che avvertiva che tutte quante l'aspettavano fuori dall'hotel, davanti all'auto di Normani. Camila ragguagliò Jessie che impiegò solamente cinque minuti per aggiustare la giacca e cospargersi di profumo. 

L'ascensore era miracolosamente libero, al che le due ne approfittarono per evitarsi una sfacchinata per la tromba delle scale, che con il vestito di Camila sarebbe stata quasi un'impresa.

Raggiunta la hall, la cubana incrociò lo sguardo penetrante di un'estranea che la squadrò da capo a piedi, incassando la conseguente occhiata truculenta di Jessie che anche Camila catturò.

«Sei seria?», domandò inarcando un sopracciglio, trovando un po' eccessiva la gelosia della donna, visto il livello "nullamente" progressivo della loro relazione.

«Che c'è?», si strinse nelle spalle e sbarrò gli occhi «Sto solo facendo bene il mio lavoro,» motivò trasversalmente, strappando una risata abbastanza sonora da parte della cubana che malauguratamente capitò proprio nel momento in cui stava varcando la soglia dell'hotel, e la sua ilarità si spandeva in strada come la brezza del mare sulla pelle.

Quando la cubana virò il capo, trovò ad osservarla otto occhi, tutti intrisi di un'espressività disparata. La cubana ventilò lo stuolo di occhiatacce, soffermandosi con un sospiro grave sull'ultima di esse.

«Ti vedo, Cabello.»

«Che sei gelosa?»

«Pff. Ti piacerebbe.»

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