«Ottima idea, davvero geniale!» Suonò antifrastica la cubana, iraconda e incredula al contempo.«Ma che dovevo fare? Pensavo fosse una buona alternativa.» Scattò sulla difensiva Jessie.
Camila la fulminò con lo sguardo, poi riprese a camminare avanti e indietro sul solco già scanalato. Pensa, serve una soluzione. Pensa. Ripeteva macchinosamente, ma invece di architettare una reale soluzione al problema, riusciva solamente a ripetersi di trovarne una, senza veramente cercarla.
«E poi, anche secondo Dinah era una buona idea.» Brutta mossa. Brutta, brutta mossa.
Camila ridacchiò sardonica, mormorò preghiere al limite dell'esasperazione, e poi, con il tono più decente e civile possibile: «Dinah non sa neanche cosa sia un'auto da corsa, e tu ti affidi a lei? Pensavo che fossi abbastanza in gamba da pensare da sola.» L'ammonì la cubana, prima a denti stretti, dopo garrula.
«Era una situazione d'emergenza! Camila, cerca di capire.» La donna tentò di afferrarle la mano, ma la cubana la ritrasse in un modo incondizionato.
In quel momento ebbe la rabbia a giustificazione dell'evasione istantanea, ma era una maschera che sarebbe presto caduta.
«Quindi? Come hanno fatto a scoprire che avevi truccato l'auto?» Sospirò, mantenendo il solito tono duro e statico.
«La giuria se ne è accorta a causa del troppo fumo, in più la macchina andava troppo veloce in curva e ha rischiato di cappottarsi più volte.»
«Ah, bene. Abbiamo gettato anche il nostro pilota nella fauci del caso. Dio Santo, Jessie.» Non voleva restare in quella camera d'albergo un minuto di più, eppure non riusciva neanche a prendere la porta e andarsene: voleva capire come rammendare lo strappo.
«Mi dispiace, volevo solo il ben dell'azienda.» La donna balzò in piedi, in preda alle palpitazioni; avvolse la spalla di Camila e la virò verso di se, ma quest'ultima la incenerì, fregandosene del suo sguardo avvilito e penitente.
«Non puoi fare del bene facendo del male.» Sibilò Camila, abbastanza vicina da farla retrocedere.
«Non è sempre vero, Mila. A volte il male è solo commisurato ad un bene superiore.» Se stava cercando di applicare la filosofia o la psicologia inversa su di lei, beh, stava toppando di grosso.
«Non credo a nessun piano determinatistico o qualsiasi cazzata simile.» Si incattivì la cubana, già fin troppo stizzita per poter tollerare il filosofeggiare intempestivo dell'altra.
«Credo solo tu sia stata avventata, stupida e poco professionale.» La penalizzò la cubana, rimproverandola autoritaria e giudiziosa.
Dopo qualche minuto di silenzio: «Mi dispiace,» sentenziò in un filo di voce la donna, sottile come i suoi aneliti.
Camila le dedicò uno sguardo quasi compassionevole, ma velato d'un differenza. Le diede le spalle in un sospiro greve, reclinando il collo all'indietro. Non era questa la politica aziendale che inculcava ai suoi dipendenti: meglio perdere onestamente che vincere barando. Sapeva, in cuor suo, che Jessie aveva assecondato solamente un fraudolento impulso generoso, e non riusciva ad odiarla per questo, ma era davvero arrabbiata, molto.
«Che cosa faranno i giudici?» Chiese la cubana, neutra ed asciutta. Dentro di se detestava il timbro sufficiente che autonomamente si impadroniva di lei, eppure non poteva controllarlo.
«Valuteranno se eliminarci o sospenderci per qualche gara.» Che era comunque un'eliminazione, dato che ogni giornata era fondamentale, e mancare significava arrivare ultimi, e arrivare ultimi significava regredire nella classifica, e regredire significava perdere.
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Towers 2
FanfictionCONTINUO TOWERS 1; Leggere la prima parte. La verità è venuta a galla. Quasi tutta. Le strade di Camila e Lauren si sono inevitabilmente separate, ma, a distanza di 3 anni, nessuna delle due è più la stessa. Ancora qualche segreto dovrebbe essere...