Capitolo due

4K 249 100
                                    



Aveva perso Camila. Aveva perso la scommessa. La sua scuderia era imprevedibilmente riuscita a prevalere sulla GelsP, portando a casa il risultato. Ora era definitivamente candidati e in rotta per il premio finale. Ancora non era chiaro quale fosse, questo premio, ma sarebbe stato svelato alla prima corsa. Il torneo era stato istituito da una compagnia privata che desiderava far crescere aziende medio-basse sul mercato, restando in forma anonima. Una beneficienza alquanto spassionata, ma erano coinvolte diverse multinazionali (non solo automobilistiche), come la Ferrero, che garantiva la veridicità del premio in palio, è molto spesso lusingava anche tale onore.

Dovevano soltanto decidere dove si sarebbe gareggiato. Un autodromo indipendente era ciò di cui necessitavano, ma non molti benefattori erano disposti a mettere in vetrina il loro parco giochi. Ci fu un bel putiferio, prima di sorteggiarne uno che diede il lasciapassare.

Quando Camila lesse la comunicazione ufficiale, le si rizzarono i peli sulla nuca.

Spirit Economy, Los Angeles, California.

C'era inciso in bella grafia, con il suo nome sotto. To: Camila Cabello.

La cubana prese un bel respiro. America. America. Aveva giurato che non avrebbe rimesso piede sul suolo americano nemmeno a pagarla oro, ma adesso le stavano offrendo molto più dell'oro: le stavano servendo su un piatto d'argento la possibilità di accrescere la sua azienda. Non era in ballo solo il destino di Camila, ma anche di tutti i suoi colleghi, di tutto il suo staff. Ma la decisione dimorava nelle mani di una sola persona: la sottoscritta.

Camila non ne parlò per molti giorni, né a lavoro né a Dinah, ma quando le convocazioni ufficiali vennero spiattellate su internet, venne indetta una festa a sorpresa in ufficio che accolse una Camila un po' frastornata e spaesata. Erano tutti convinti di aver fatto jackpot, di dover solo allungare la mano e prendere le monete. Ma la cubana era quasi tentata di lasciarle lì, le monete, e di darsela a gambe.

«Secondo me non è buona idea.» Fu la prima Jessie a schierarsi inconsapevolmente dalla sua parte. «Insomma, dovremmo trasferirci quanto meno tre mesi in America. Non mi piacciono le metropoli, e non vado d'accordo con la sabbia.» Rabbrividì la donna, immaginando di dover convivere un clima tropicale.

«Sono indecisa anche io.» Ammise la cubana, oscillando nervosamente la penna. 

«Perché invece di andare in America non andiamo in Italia? Che ne dici? Ci prendiamo una vacanza di qualche giorno, non di più. Mi sembra più fattibile, no?» Jessie si posizionò dietro la cubana. Il suo sguardo languido e malizioso aveva allettato Camila, che si era quasi convinta a dire sì quando le mani della donna erano capitolate sulle sue spalle, distendendo con movimenti decisi i muscoli irrigiditi. Jessie si era incurvata all'altezza dell'orecchio della cubana, le aveva depositato un bacio sul collo e si era accinta al suo orecchio. «Hai bisogno di rilassarti.» Le aveva sussurrato, continuando a baciarle la pelle.

Camila aveva socchiuso gli occhi e fatto scivolare una mano dietro la nuca della donna. Si era goduta ancora qualche istante la sensazione dei baci sul collo, una delle migliori al mondo. Poi aveva reclinato la testa all'indietro, cercando le labbra della donna, ed infine... Infine era stata bruscamente interrotta dall'irruzione turbolenta di Dinah che era approdata senza preavviso.

«Oddio! Non ho visto niente, non ho visto niente!» Squittì, portandosi inorridita le mani agli occhi.

Jessie inspirò sonoramente, frustrata e scocciata dall'interruzione. Camila serrò le labbra in un'espressione dispiaciuta ma non così mortificata. Jessie aveva raccolto i documenti e marciato fuori dalla stanza, dando una leggera spallata alla polinesiana che aveva imprecato sottovoce mandandola al diavolo. Quindi la porta si era chiusa con un tonfo sordo.

Towers 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora