Capitolo sei

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«Vorrei sapere perché non sono stata informata,» recriminò piccata Dinah che, venuta a conoscenza della nuova invitata alla serata, non ne fu affatto felice.

«Dinah, lo sto facendo per me. So che avrei dovuto informarti, e mi dispiace non averlo fatto. Ma, per stasera, potresti provare a mettere da parte il rancore?» La pregò la cubana, la quale aveva disperatamente bisogno di vivere spensieratamente la serata, di lasciarsi andare alle sue emozioni senza esser condizionata da musi lunghi o vibrazioni negative.

La polinesiana sbuffò e si crucciò, ma i suoi occhi onesti emanavano già involontariamente la risposta. Alla fine Dinah acconsentì mutamente, senza vocalizzare il suo esito, dato che non poteva promettere niente se non uno strenuo impegno.

Camila optò per un abito leggero, svolazzante, non troppo succinto né esageratamente coprente. L'abbinò con un paio di scarpe in pendant in stile sportivo. Dinah si vestì un po' più forbita, ma in linea generale entrambe di attenevano ad un pensiero a quanto pare condiviso: il troppo stroppia. Ally era sgargiante come sempre, erano più rosse le sue labbra delle sue scarpe lucide. Jessie aveva messo una camicetta un po' più elegante che si appaiava suadente al jeans strappato.  

Uscirono tutte e quattro dall'albergo e trovarono Normani appoggiata contro la portiera dell'auto. Il sole riverberava gli ultimi strali della giornata. Il calore si sprigionava in maniera più tenue, baciando leggiadramente la pelle ormai brunita dalla canicola pomeridiana, alla quale Dinah sottoponeva tutte le presenti come fosse una messa religiosa improrogabile.

«Arrivava sempre in ritardo, stasera è puntuale,» bofonchiò sottovoce la polinesiana, alzando gli occhi al cielo.

Camila le lanciò uno sguardo di tralice che Dinah incassò con un respiro; cancellò il precedente astio con un sorriso tirato che non avrebbe ingannato nemmeno un cieco.

Tutte insieme si avvicinarono alla donna che, visualizzandole da lontano, si era discostata dalla fiancata dell'auto, e congiunto le mani dietro la schiena in una posa umile e allegra.

«Ciao,» salutò generalmente Normani.

«Tu devi essere l'amica di Camila. Piacere, Jessie.» Sorrise amichevolmente la donna, all'oscuro di tutto.

Normani le strinse civilmente la mano, anche se dentro di se una miriade di congetture la macerava di curiosità. Non le piacevano le nuove comparse, questa in particolare. Gli occhi vigile della donna guizzarono verso Dinah, che la fissava senza batter ciglio, e poi verso Camila, che invece deflesse lo sguardo verso il mare. Bingo, constatò fra se e se, ma senza esultare, anzi in tono alquanto mesto.

Normani sarebbe stata contenta se Camila si fosse davvero rifatta una vita, ma le dispiaceva per l'amica che aveva scaricato in albergo con un espediente banale al quale con molte probabilità non aveva bevuto nemmeno per un secondo.

Era una situazione precaria alquanto difficile da incastrare. Un passo per volta, forse... Sperando di non avere le stringhe allacciate fra loro.

«Dove andiamo?» Normani ruppe il silenzioso imbarazzante, strofinando le mani fra loro.

Dinah mugolò annoiata, e l'oltrepassò assestando un'occhiata truculenta. «Inutile,» esordì volgendosi all'altezza della spalla dell'altra «è un locale etero.» E proseguì verso il lungomare, seguita da Ally che salutò più cordialmente Normani e le chiese dove avesse acquistato gli orecchini. Jessie le seguì.

Camila e Normani rimasero arretrate, al che la cubana assottigliò le labbra in un sorriso mesto e l'altra incassò le spalle. «Dovrò far gavetta,» concluse, incoraggiandosi come sempre aveva fatto. Camila annuì vigorosamente, incamminandosi assieme alla donna verso il locale preferito dalla combriccola.

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