Capitolo sedici

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La mattina seguente, Camila avrebbe voluto non presentarsi in ufficio, ma sarebbe stata l'ennesima fuga, e aveva finito di scappare. Si sarebbe comportata normalmente, professionale come era giusto che fosse. Lauren era dello stesso parere. Il loro tempo a New York stava scadendo, l'aereo sarebbe decollato quella sera stessa, perché l'indomani era programmato un evento secondario alla competizione ma che richiedeva la presenza in prima linea di ambedue. Si trattavano di poche ore di viaggio, anche se sarebbero state chiuse in uno spazio angusto a diretto contatto con il silenzio peccaminoso.

Camila arrivò in ufficio puntuale come sempre. Doveva assolutamente parlare con Lauren per aggiornarsi sugli sviluppi dell'inchiesta interna.

Trasse una boccata ingente prima di aprire l'uscio e presentarsi con un «Buongiorno» schietto, indolente.

«Buongiorno.» Replicò la corvina, con lodevole professionalità ma un pizzico in più di gentilezza.

«Allora? Si è saputo niente?» La cubana pareva un rappresentante, non il genere che spigliatamente illustra ogni categoria e sottocategoria di prodotti e sottoprodotti, ma il tipo che entrando nella stanza non sa nemmeno quello deve dire, e così resta impassibile sul tappeto.

«Niente.» Sospirò la corvina, continuando ad aggiornare la sfila di email. «Il direttore mi ha assicuro che avrebbe chiuso un occhio e mi avrebbe spedito l'indirizzo email da cui è partita la soffiata, ma non mi ha ancora contattata.» Era rigorosamente compassata, ma il suo indice cliccava compulsivo il mouse, caricando e ricaricando la casella elettronica.

«E una volta ricevuta l'email come procediamo?» Lauren sapeva che Camila usava il plurale riferendosi all'azienda generalmente, ma le piaceva che il "noi" fosse esplicito in ogni frase.

«A quello penserà Tina.» Non si dilungò sui dettagli. Non stava bene sparlare riguardo tecniche poco legali.

«Ok... Allora, intanto mi informo se sia tutto in ordine per la partenza di stasera, onde evitare sorprese.» Sicuramente la cubana non era così impaziente di tornare, dato che l'attendeva una scampagnata di eventi, e dato che era già tanto se conservava la forza per alzarsi dal letto, era già stanca al pensiero di dover camminare dodici ore sui tacchi, sorridere apertamente e stringere mani.

«Grazie mille.» Sorrise Lauren, e per la prima volta i loro sguardi ebbero l'ardire di lambirsi.

Camila rimase come folgorata dalla profondità di quel contatto. Avvertì un brivido rotolarle giù per la spina dorsale. Voltò le spalle forse un po' troppo velocemente, e nell'intento di svignarsela  esternò  tutto l'imbarazzo. Lauren non fece niente, a parte un blando sospiro.

La giornata trascorse relativamente lenta, in confronto alle precedenti. Lauren ricevette l'informazione circa tre ore dopo, la inoltrò immediatamente a Tina e aspettò. Il suo volo sarebbe decollato fra poche ore, era quindi il caso di sperare che il processo non richiedesse più tempo.

Camila rimase in ufficio, sbrigò alcune pratiche e alternò capatine nello studio di Lauren per accertarsi se ci fossero o meno novità. Non ce ne erano. La quinta ed ultima volta, Lauren era davanti al computer con sguardo attonito e bieco.

«Novità?» Si accigliò la cubana.

Ci mise qualche secondo Lauren a capacitarsi della presenza fisica dell'altra. «Si, a quanto pare Tina ha rintracciato la fonte. Ha detto che entro domani mattina sapremo l'artefice.» Spense sbrigativamente il computer, e le sorrise. Camila era sollevata dal sapere che finalmente avrebbero potuto prendersi una rivincita. Salì sull'aereo molto più tranquilla, tanto che dormì per tutta la durata.

Lauren rimase in fibrillazione per tutte le ore di volo. Non si riposò e non staccò lo sguardo dal computer. Ticchettava lentamente le dita sul ripiano reclinabile, scrutava i banchi di nuvole, sospirava. Non vedeva l'ora che il carrello toccasse terra.

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