CAP. 41

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Doveva farlo.

Sarebbe anche potuta morire in quel lurido stanzino.

Se l'era cavata in situazioni ben peggiori, non poteva morire adesso, soprattutto perché Sergjo non gliel'avrebbe mai perdonato.

Gliel'aveva promesso: con lei all'interno delle mura gli imprevisti sarebbero diminuiti, invece aveva combinato un casino.

Adesso la squadra si trovava con un capo in meno e un assassino professionista a piede libero.

Bisognava conbattere il fuoco con il fuoco.

Prendendo un lungo respiro, serró la mascella.

Doveva fare lo stesso gioco di Gandia: doveva lussarsi il pollice.

Aveva scelto la mano sinistra, in modo tale che la mano con cui sapeva sparare meglio sarebbe rimasta intatta.

Con uno strappo deciso, tiró la mano fuori dalla stretta manetta, soffocando un urlo a dir poco straziante.

Mentre una lacrima di dolore le rigava il viso sporco di sudore e polvere, sfiló dolorante una forcina dalla propria tasca, per poi armeggiare con la manetta di destra.

Non aveva tempo da perdere, Gandia era appena uscito e non sapeva quando sarebbe ritornato, solitamente le sue escursioni duravano un'oretta, ma non si poteva mai sapere.

Dopo pochi minuti, scanditi da rantoli di dolore, anche l'altra mano fu finalmente libera.

Con l'arto libero cercò di risistemare il pollice della mano sinistra.

Un sonoro crack si libró nell'aria, seguito da un suo urlo di disperazione, dolore, rancore e soprattutto rabbia.

Si osservó i polsi:
i lividi dalle sfumature rossastre/violacee  assomigliavano a dei tatuaggi floreali.

Prendendo un altro lungo respiro, si accinse a liberare le gambe, tenute ferme da un'apposita manetta più grossa e spessa.

Per quella impiegó qualche minuto in più, ma fortunatamente potette finalmente ritenersi libera.

Roteando lentamente le articolazioni, Ana riprese sensibilità in queste ultime.

Sfilandosi la maglietta e rimanendo solo in reggiseno, la giovane assassina ne annodó un'estremità, costruendo uno zaino di fortuna, all'interno del quale infiló le manette con le quali era stata legata, un paio di pistole trovate in un armadietto e tutte le scorte di cibo che quel bastardo si era procurato.

Damasco: Che i morsi della fame possano tenerti compagnia Gandia...

Con una pistola in una mano e il sacco nell'altra, aprì lentamente la porta di quel nascondiglio di cemento.

Ora doveva solo trovare l'uscita di quel labirinto, sperando di non incrociare l'assassino.

DAMASCO 💣/LA CASA DI CARTA/ 💵 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora