30. Alce e Leone

12 2 1
                                    

POV’s Alice
Ryan è strano da quanto abbiamo finito il film. È pensieroso e non credo che “l’appuntamento” che abbiamo tra poco lo aiuti a concentrarsi. C’è sicuramente qualcosa che lo turba ma non ho ancora imparato la telepatia. Sono sempre nel mio mondo quindi difficilmente presto attenzione a chi ho intorno ma Ryan è un eccezione. Con Ryan è complicato capire quello che prova e allo stesso tempo quello che sento io; l’unica certezza è che adoro stare con lui ma non abbiamo futuro. Ho spiato una conversazione tra mamma e Dom: nel giro di poche settimane - al massimo - dobbiamo tornare a casa. Dom - Domenico Villa - è stato un padre per me e Tommy e stava con mamma quando aveva bisogno: ha insegnato a Tommy il football e a combattere, mi ha insegnato a guidare - anche se devo ancora aspettare per prendere la patente -, ci ha portato a fare gite e vacanze in quasi tutto il mondo - l’anno scorso siamo andati in Cina! -. Se avevo litigato con qualcuno o ero stata presa in giro, correvo tra le sue braccia. Dom mi proteggeva dai miei stessi incubi senza fare domande; l’unico a sapere tutto è Tommy e mi ha sempre aiutata come poteva. Ora, ogni attimo che passo con Ryan, mi convinco che se conoscesse ogni cosa di me non scapperebbe tuttavia lo hanno fatto tutti...perché lui non dovrebbe?
“Vado un attimo in bagno poi possiamo andare” dice Ryan alle mie spalle mentre sciacquavo i piatti per metterli in lavatrice.
“Allora vado nel bagno di Becky a lavarmi i denti” sorrido con il più falso sorriso del mio repertorio. Perché deve sempre fare così dannatamente male? Ho deciso che non avrei fatto entrare nessuno visto quanto già da sola soffro.

Stiamo parcheggiando davanti a un grande edificio. Entriamo nella hall e tutti gli sguardi sono puntati su di noi, o meglio, su di Ryan. “Signor Walker. Il Signor Dubois l’aspetta di sopra. Vuole lasciarmi i capotti?”
“Sì” dice freddo togliendosi la giacca e passandola al facchino. Lo imito ma non stacco gli occhi da lui. Che cosa? Perché è diventato così freddo? Devo preoccuparmi?
Gli rimango appiccicata fino all’ascensore. Quando le porte si chiudono gli afferro la mano e lo guardo timorosa: “Ci faranno del male?”
“No. Diciamo che ho una reputazione da mantenere” dichiara con un piccolo sorriso imbarazzato. Gli occhi azzurri sono tornati a brillare e non gelano sul posto chiunque gli passi davanti.
“Posso tenerti la mano?” gli chiedo ancora con la paura nella punta dei piedi congelati.
“Da quando chiedi il permesso?” scherza però vedendo che sono davvero terrorizzata, passa un braccio intorno alle mie spalle continuando a tenermi la mano.
“Grazie” bisbiglio e lui mi bacia sui capelli prima che le porte si aprano. Siamo nel piano ristorante dove ci sono una grande quantità di tavoli rotondi coperti da una semplice tovaglia bianca. Camminiamo verso l’uscita e apriamo la porta alla fine del corridoio. Davanti a noi si estende una stanza di grandi dimensioni con una semplice scrivania in legno di cedro, tre poltrone - due davanti alla scrivania e una dietro, la più grande e la più comoda direi - e un sofà rivolto verso la mastodontica vetrata che da una magnifica vista su tutta la città.
“Ciao, Ryan. Come va?”
“Tutto bene, Leon. Lei è Alice” mi presenta e stringo la presa sulla mano di Ryan. L’uomo vicino alla cinquantina con i capelli quasi completamente bianchi, mi fissa stupito. Come l’ultima volta che lo visto, indossa un completo elegante che gli fascia il corpo donandogli un’aria seria che conoscendolo, non gli appartiene.
“La Alice di cui mi hai tanto parlato è lei? La piccola e dolce Alce?”
“L-Leone?” balbetto presa alla sprovvista.
“Vi conoscete?! Leon voglio una spiegazione!” esclama Ryan preoccupato dalla mia reazione.
“Ryan, ti presento la mia cara nipote Alice Villa, la figlia di mia sorella”.
Senza esitazione, corro verso di lui e lo stringo forte. Leone è ancora vivo! Mi metto a piangere sulla sua spalla mentre con movimenti lenti e regolari disegna sulla mia schiena piccole circonferenze: “Su, piccola Alce. Dobbiamo dare una spiegazione al ragazzone qui davanti o mi ritrovo senza la lingua”
“S-sì. Non eri morto?”
“Ufficialmente lo è” irrompe Ryan turbato.
“Il nostro Ryan è impaziente di sapere. Piccola Alce, gli raccontiamo la tua storia? La nostra storia?”
“Se ti fidi come mi fido io, sì. Posso farlo io?”
“Certo. Chiedo di farci portare qualcosa da bere. Intanto accomodatevi sul divano”.
Prendo un respiro profondo e inizio: “Mia madre e Tommy non sono proprio mio fratello e mia madre...Isabelle, colei che considero mia madre, è in realtà mia zia, la sorella minore di Leone e Clarisse, la mia madre biologica. Riccardo De Luca, mio padre, sposò mia madre dopo aver stipulato un accordo con mio nonno, Leopold Dubois. Con il passare del tempo, i miei genitori si innamorano follemente l’uno dell’altra e a renderli ancora più felici, arrivò la notizia di aspettare un figlio. Mia madre divenne sempre più debole e il giorno della mia nascita, morì dandomi alla luce. Mio padre impazzì per la sua morte e Leone e Isabelle mi portarono via quando cominciò a diventare troppo violento. D’allora, mi cerca senza sosta. Ah! Inoltre, Tommy è stato adottato da Isabelle prima della mia nascita”.
Il silenzio cala nella stanza e Ryan alza un muro. Non il solito muro che erge per incutere timore e non essere ferito. Questo muro invalicabile non l’ho mai visto.
Leone mi porta un bel bicchiere di latte caldo al cioccolato e sorrido dicendo: “Coccolato”
“So quanto ti piace il nostro Coccolato” ridacchia Leone.
“Grazie, Leone” sussurro prima di bere un lungo sorso.
Ryan si alza e si dirige a passo spedito fuori dalla stanza.
“Vai” mi incita Leone visto che sono già saltata in piedi.
“Quel ragazzo subisce sempre le azioni degli altri…” sento prima di scappare ufficialmente fuori.

Il nostro universo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora