26. Arrabbiatura temporanea

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POV's Alice
“Allora ci vediamo” saluto con la mano Travis.
“Certo, Alice” dice il biondino lasciando un bacio tra i miei capelli.
“Oh. Potresti prestarmi il telefono così chiamo un taxi?”
“Ecco”
“Grazie” e si allontana.
È stata una bella giornata dopotutto. In qualche modo devo sistemare con Ryan. Sia per gli incubi sia per quel stupido litigio, non ho chiuso occhio e non penso di poter resistere per una settimana.
“Grazie ancora. Ci sono una miriade di messaggi. Ci metterai tre ore a leggerli” ridacchia lui.
“Credo che non possa bastare una vita intera” dico in modo drammatico.
“Buona fortuna, tesoro” mi saluta salendo sul taxi.
Ci sono un sacco di messaggi ma prima di iniziare quella tortura risponda alla chiamata di Derek.
“Aliceeee! Stai bene?!”
“Ahia! Mi hai spaccato i timpani! Comunque sì, sto bene”
“Dove sei?!”
“Mmm...Al Time Lunch”
“Arrivo” e attacca. Che gli prende? Chi li capisce gli uomini? Scorro i messaggi e rispondo a tutti: ‘Sto bene. Ci vediamo a scuola’ o ‘a casa’. Mi soffermo sui messaggi di Ryan e dopo essermi seduta su una panchina poco distante dalla tavola calda, li leggo uno per uno:
‘Aly...Dove sei?’
‘Stai bene?’
‘Ti prego, rispondi’
‘Sono tutti preoccupati’
‘Lo so che sei arrabbiata con me e non ti do torto ma puoi rispondere almeno agli altri’
‘Per favore’
‘Piccola...ti prego’ e va avanti così per altri trecento messaggi.
Chiudo gli occhi e rivedo i suoi occhi azzurri glaciali che mi osservano come se fossi un mostro, un rifiuto o qualcosa di orrendo. Perché mi fa così tanto male? Dovrei far scorrere gli insulti come l’acqua sulla pelle come ho imparato a fare ma con lui non riesco. Una lacrima solitaria mi solca il viso.
“Hey” mi risveglia una voce roca e calda, molto piacevole e tremendamente conosciuta.
“Dov’è Derek?” domando leggermente scocciata senza voltarmi.
“Ero più vicino...stai bene?”
“Me lo state chiedendo tutti. Ero a mangiare con un amico” e ora lo guardo: indossa dei jeans strappati sulle ginocchia, una T-shirt bianca nascosta da una felpa nera, una vecchia giacca di pelle e per concludere il quadro della perfezione, ha i capelli nero pece tutti spettinati ma assurdamente magnifici.
“Amico?”
“S-Sì, il tuo sfidante di ieri. È simpatico” balbetto risvegliandomi da quella visione mozzafiato.
“Ma pericoloso. Sai che lavora con tuo padre”
“L’ho incontrato e ci siamo fermati a mangiare. Mi ha fatto compagnia”
“Mi arrabbierò un’altra volta. Ora andiamo a casa?”
“Perché una domanda?”
“Vuoi venire a casa da me e Becky?” chiede con fare distante per paura di una risposta negativa.
“Solo per Becky”
“Va benissimo! Tieni” e mi passa un casco da corsa nero con delle saette bianche.
“Sei venuto con la moto?” strillo per la felicità.
“Oui, mon amie” e per un attimo dimentico tutta la rabbia e la tristezza del giorno precedente e lo abbraccio. Per i primi attimi, si dimostra confuso tuttavia mi stringe a sé per non farsi scappare l’opportunità.

Torniamo a casa in silenzio. Da dietro lo abbraccio forte e inspiro felicemente il suo profumo godendomi anche del vento gelido sulla pelle scoperta.
"Lo sai che non ti parlerò più, vero?"
"Recupererò la tua fiducia a qualsiasi costo"
"A qualsiasi costo?"
"Sì"
"Preparati al peggio" ridacchio in modo malefico però la mia minaccia lo fa solo ridere.

Arriviamo davanti a casa e comincio ad avere un po' paura: "Adesso mi salteranno tutti addosso"
"Dovevi stare attenta al telefono"
"Diventerà il mio migliore amico". Ho sempre odiato i telefoni. La gente ci si attacca e non si muove più per secoli. Me lo porto dietro solo perché sono obbligata ma ammetto che è utile per certi versi: fare fotografie, ascoltare musica,... e basta.
Ryan apre il portone e da vero gentiluomo mi fa cenno di proseguire. Che codardo! Sicuramente questo farà aggravare la sua situazione. Con gli occhi chiusi, avanzo però non sento nessun rumore.
"Dove sono tutti?"
"Li ho avvisati e anche obbligati a lasciare la casa libera"
"Hai guadagnato qualche punto" bofonchio in maniera incomprensibile.
"Lo so" sorride sornione mentre si dirige in cucina.
"Mademoiselle! Cosa desidera per cena?" pronuncia cercando di imitare l'accento francese.
"Scegli tu. Vado a cambiarmi"
"D'accordo". Non lo perdonerò così su due piedi nonostante odio questo strano muro che c'è tra noi ma non sarò io a demolirlo.
Entro in camera di Ryan e rubo una bellissima felpona rovinata dall'uso e dal tempo con un pantalone della tuta che rigiro al fondo e fisso sui fianchi per farlo aderire alla mia bassa corporatura. Odio anche solo pensarlo ma i suoi vestiti sono comodissimi - per il momento odio il pensiero, perché credo di aver usufruito del suo armadio nell'ultimo mese senza alcun ritegno.
"Piccola! È pronto!"
"Arrivo" urlo per farmi sentire e cado a peso morto sul letto. Come posso mantenere il muso a qualcuno di così dolce? Non riesco a rimanere arrabbiata.
Mi giro sprofondando il viso nel suo cuscino per impegnarmi nella mente il suo inconfondibile essenza e dopo non so quanto tempo, mi obbligo a rialzarmi e ad andare di sotto.
Appena scese le scale, mi butto sulla penisola in cucina e guardo la delizia della serata: le crêpes. Tutto intorno ci sono salumi, salse, dolciumi. Alzo lo sguardo per vedere i suoi occhi luminosi quanto insicuri.
“Bon appétit!" esclamo per poi lanciarmi su quelle prelibatezze.
“Altrettanto” e silenziosamente ceniamo scambiando qualche occhiata.
Sfortunatamente per me, il mio cuoco personale è sicuramente il migliore in circolazione e questo mette in difficoltà l’idea di dover farlo pentire delle sue azioni ma non crollo.
“Buone?”
“Lo sai cosa penso sulla tua cucina”
“Ho guadagnato altri punti?”
“Segreto della giuria”
“Inflessibile. Posso corromperti?” e si avvicina pericolosamente al mio viso. Sia per il gesto improvviso sia per la vicinanza, smetto di respirare godendomi tuttavia i lineamenti solitamente duri che ora sono rilassati da un sorriso malizioso. Non proferisco parola e considerandolo come un assenso, Ryan diminuisce sempre più la distanza e le sue pupille si estendono rendendo le sue iridi azzurre, quasi del tutto nere. Istintivamente, metto le mani sul suo petto e una scintilla nasce nei suoi occhi immobilizzandomi. Si avvicina ancora un poco e mi bacia il naso, poi mi prende in braccio come una principessa e mi conduce al divano - tutto ciò sempre in sacro silenzio. Si siede sul divano e mi mette sopra di lui e scombussolata, mi volto a guardarlo.
“Tutto bene?” gli chiedo.
“Sì” afferma distogliendo lo sguardo.
“Con me non funziona”. Con chi crede di parlare?
“Non ho voglia di parlarne”
“Ti starò appiccicata fino a quando non sputerai il rospo”
“Sicura?” sorride mettendomi le mani sul fianco e io capisco che è giunta la mia ora. Con maestria, si alza facendo cadere me sul divano e comincia la tortura più divertente di sempre. Rido come una pazza calciando a destra e a manca per allontanarlo, senza successo. Anche con le lacrime agli occhi, scorgo un sorriso sincero quanto stanco. Così, con tutte le forze che mi rimangono in corpo, mi aggrappo alle sue spalle e lo faccio cadere su di me.
“Hai provato a distrarmi ma sono molto testarda. Quindi se non vuoi dirmi niente, passeremo tutto il resto della giornata così” ordino stritolando il suo collo muscoloso e costringendolo a rimanere sdraiato su di me.
“Va bene, piccola Cesare. Possiamo solo sistemarci meglio?” e vedo come siamo messi. Ahhhh! Che imbarazzo! Ragionare poi agire! Divento rossa e striscio il più lontano possibile facendolo ridere.
“Dai, serpentello. Vieni qui” cerca di dire mentre ride con le lacrime agli occhi e tasta il posto al suo fianco.
“Dai, su! Non ti mangio mica. Ho già lo stomaco pieno. Vieni?”. Annuisco piano e lentamente mi avvicino finché non solo ad un braccio di distanza. Ryan strabuzza gli occhi, mi prende per le spalle e mi trascina contro il suo petto poi mi da un bacio sui capelli e mi accarezza gentilmente la guancia.
“Ti credevo una ragazza schiva...invece, sei una coccolona”
“Già, sono una coccolona...Con gli estranei mi comporto in modo relativamente impulsivo, anzi mi comporto sempre così”
“Non ho nulla da ridire” dichiara in modo solenne e si becca sul braccio un mio pugno alla massima potenza.
“Ahia! Adesso chi è la manesca?” esclama ricordando come l’avevo chiamato all’inizio.
“Scusa” dico con un piccolo broncio.
“Non fare mai più quella faccia! Mai più!” dice preoccupato dalla potenza che ha il mio sguardo sul suo cuoricino.
“Sarà la mia arma segreta” ghigno.
“Spero vivamente di no. Avrei una piccola domanda da farti...Perché ti piacciono i miei incontri? O meglio, perché vuoi così tanto venire a vederli?”
“Prometti che non mi prenderai in giro”
“Perché dovrei?”
“Niente domande. Promettilo e basta”
“Va bene, lo prometto”
“Come ti senti quando hai un incontro?”
“Devi rispondere, non fare un’altra domanda”
“Dimmelo”
“Bene...Vivo”
“Pensa come ti vedo io. Sembri rinascere ed è veramente meraviglioso” sussurro mentre sulle guance compare un colorito rossiccio e abbasso lo sguardo.
“Sei ancora arrabbiata con me?”
“Non come stamattina e ieri sera”
“Ho dovuto parlare con tuo fratello per più di cinque minuti quando pensavamo che fossi scomparsa...mi reputo già abbastanza punito”
“Amo il mio fratellone!” e lui mi guarda malissimo provocandomi un sorriso “Se mi prometti che non dirai più quelle cose, forse ci penserò su. Però ci vorrà comunque del tempo...non troppo”
“Sei fantastica, piccola!” sorride con tutto se stesso abbracciandomi e rischio di sciogliermi tra le sue braccia. Alzo gli occhi per finire bloccata tra i suoi: sembriamo due gemme incastonate, unite da secoli e inseparabili. Si fa sempre più vicino fino a quando sento il suo respiro solleticarmi le labbra. Si accosta e mi lascia un bacio all’angolo delle labbra, rimanendo forse più del dovuto ma non potrebbe essere più perfetto.

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