Capitolo 37

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Anna's house

MICHAEL

Anche i migliori sbagliano. Tipica frase motivazionale che viene rifilata a chiunque commetta un errore. Dentro di me ho sempre smontato questa affermazione, la trovavo una bella e buona balla da riservare a chi piange sul latte versato. Pensavo a quanto fosse stupido insinuare che una cosa come uno sbaglio potesse essere commessa anche dai più bravi. I migliori non commettono errori, altrimenti non sarebbero migliori.

Poi, però, ho avuto l'occasione di trovare davanti ai miei occhi la ragione per cui il mio pensiero fosse impreciso. Essere migliore di qualcuno non vuol dire essere perfetto. È la perfezione a escludere ogni possibilità di errore, non la superiorità. Luke è la persona migliore del mondo, ma questo non lo rende immune agli sbagli.

Le sue motivazioni sono più che sufficienti a farmi capire quanto soggettive siano le opinioni e altrettanto affrettate le azioni umane.
«Fare la cosa più giusta non mi è mai sembrato così sbagliato.» mormora il biondo, con lo sguardo chino sulle converse nere e il labbro stretto tra i denti.
«Questo perché, in realtà, è stata la cosa più sbagliata a sembrarti tanto giusta.» ribatto con tono pacato, cercando di catturare il suo sguardo. Quando le sue iridi blu oceano saettano in cerca delle mie, percepisco la colpevolezza e il dispiacere di chi si è lasciato abbindolare da uno sbaglio mascherato da buona azione.

La frustrazione si dipinge chiaramente sul suo viso, ora coperto dalle proprie mani affusolate. Non avrei permesso ad un ragazzo tanto genuino quanto avventato di distruggersi in mille pezzi, specie Luke.
«Devi dirglielo.»
«Lo farò.»
«Quando?»
«Non voglio che mi odino.»
«Luke..»

Il ragazzo si alza di scatto, afferrando il pezzo di elettronica. Gli occhi lucidi, si guarda intorno come a dover scovare qualcosa, poi finalmente si acquieta, incamminandosi verso la libreria.
«Lo lascerò qui, non troppo in vista, ma abbastanza per poter essere trovato casualmente.»
L'oggetto era posizionato dietro una foto, con un angolo sporgente verso l'esterno ma che non destava troppe attenzioni. La cosa mi sorprende, anzi, mi lascia di stucco.

«Non farai sul serio, vero?»

MEGAN

Trovo che le vasche siano sopravvalutate. Dicono che un bel bagno caldo riesca a portar via ogni male, ma a me sembra solo di essere immersa in un mucchio di negatività che ristagna in dell'acqua saponata.

Non posso fare a meno di pensare alla sua pelle ambrata, al colore dei suoi occhi e l'espressione del suo viso. Dovrei odiarlo, portargli rancore e dimenticarlo, ma risulta quasi impossibile. Ogni ricordo mi tocca nel profondo più del dovuto, riportando alla luce certe emozioni e certi sentimenti che erano marciti dentro di me come un fiore sotto al sole, strappato dal terreno. Per quanto io voglia smettere di pensarci, la mia mente mi riporta sempre lì, nel posto in cui meglio sono stata. So quanto irrazionale e insensato sia quel sentimento masochista che continua a bruciarmi dentro, ma non so come smettere, come liberarmene. Probabilmente perché non voglio, perché anche se avessi un secchio d'acqua davanti, preferirei incendiarmi fino a ridurmi in cenere. Qualcosa di così forte non può essere fermato neanche dal più brutto dei torti. Solo l'orgoglio e la delusione riescono a domarlo, poiché le uniche due cose che al momento mi mantengono lucida.

Ho bisogno di andare via, di respirare un'aria nuova, di un nuovo posto e di nuova gente. Mi prefisso questo in testa, mentre svuoto la vasca e mi avvolgo nell'asciugamano bianco latte. Sto qualche minuto ad osservarmi allo specchio. Raccolgo i miei folti capelli come meglio riesco e aggiusto i due ciuffetti più corti dietro le orecchie. Il viso pallido, le occhiaie visibili e le labbra screpolate: tutti segni di quella lunga notte passata in bianco, a rigirarmi nel letto neanche fossi una trottola. Ogni posizione risultava scomoda, come quella verità che ronzava nelle mie orecchie. Era stato Calum. Calum. La persona di cui mi stavo potenzialmente innamorando. E fa tremendamente male in quanto inaspettato, ma mai abbastanza da permettermi di metterci una pietra sopra.

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