Capitolo 32

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Surf's lessons

Solo a me spaventa la velocità che il tempo impiega per passare? Ho visto Michael mangiare una pizza e non credevo ci fosse qualcuno o qualcosa più veloce di lui. Sono seria. Ad ogni modo, tutto ciò mi spaventa e non mi riferisco solo a Michael che divora del cibo. Al di fuori della mia scelta, la crescita è qualcosa che inizia a preoccuparmi sempre di più e solo crescendo credo di poterlo dire. Anche io non vedevo l'ora di crescere quando ero più piccola, per questo vorrei poter dire a tutti i bambini che è una grande fregatura: pensavate che avreste potuto giocare fino a tardi, mangiare schifezze e fare quello che vi pareva? Beh, nel contratto non hanno aggiunto un paio di cosette come lo studio assiduo che sfocerà nel lavoro, i brufoli, le crisi esistenziali e poi le responsabilità. Volete ancora crescere? Io credo proprio di no.

«Che mangi?» la voce familiare del tinto mi distrae dai miei pensieri, facendomi girare nella sua direzione. Mando giù una cucchiaiata della mia colazione, guardandolo con fare abbastanza ovvio.
«Latte e cereali. Perché?» chiedo, avvicinando l'ennesima cucchiaiata del mio pasto alla bocca, quando Michael mi dà un colpo sulla mano, facendolo rovesciare sul mio pigiama.
«Perché?» chiedo di nuovo, stavolta scandendo bene la parola e fulminandolo con lo sguardo nel momento in cui scrolla le spalle, divertito. Se non fosse arrivato Calum a cingermi i fianchi da dietro le spalle, probabilmente avrei dato il peggio di me. Perché essere così tanto masochisti e provocarmi di mattina?

«Respira, va tutto bene.»
«Lo ammazzo.»
«È tutto okay.» mormora continuando ad accarezzarmi i capelli mentre guardo Michael scappare, con occhi ridotti a due fessure. Cerco di fare uno scatto in avanti per rincorrerlo, furiosa, ma Calum mi stringe a sé proprio sul più bello, quando ero riuscita a scendere dallo sgabello.
«Accuccia.» dice il bassista, opponendo resistenza ai miei tentativi di fuga. Maledizione ai suoi bicipiti.
«Lasci- cosa mi hai appena detto?» chiedo con voce stridula, spalancando la bocca.
«Che sei bellissima-» mente spudoratamente. Ma per chi mi ha preso?
«Brutto figlio di una buona donna!»
«Ferma!» urla, lasciandomi andare prima di farsi da scudo con le braccia.

La rabbia svanisce subito alla vista di quella scena esilarante.
«Ma che macho che sei.» mormoro, lasciandomi sfuggire una risatina mentre poso le mani sui fianchi, guardandolo con aria divertita. Calum, in risposta, si rimette composto, sospirando.
«Faresti paura a chiunque, soprattutto la mattina. Non biasimarmi.» si difende il neozelandese, puntandomi un dito contro il petto. Come se fosse un motivo di vanto, sposto i capelli dietro la spalla con un rapido gesto della mano, sorridendo.
«Grazie, anni e anni di stress e tensione accumulati insieme.» dico, rendendomi conto solo dopo che non fosse poi una cosa da invidiare. Se mi dicessero di poter entrare in pensione a diciotto anni senza aver fatto niente, metterei subito la firma. Non sono una persona eccessivamente pigra, necessito solo di una pausa da tutte le bellissime e per niente desiderate sorprese che la vita mi riserva ultimamente.

«Interessante quasi quanto la macchia di latte che hai qui...» mormora, passando un dito sul mio petto sporco di latte al cioccolato prima di portarlo alle labbra, facendomi contrarre il viso in un'espressione scioccata.
«Sei disgustoso.»
«E tu non sai bere il latte.»
«È stato Michael!» sbotto, aprendo le braccia in un gesto teatrale prima di farle ricadere lungo i fianchi; Calum sorride, posando una mano sul mio fianco per poi sporgersi verso il mio viso e baciarmi la fronte.
«Cambiati, ti porto a mare.»
«A mare?» chiedo confusa.
«Non c'è il mare nella tua epoca?» chiede ironico, facendomi alzare gli occhi al cielo.
«Certo che c'è, idiota.»
«Preparati, allora, ti porto a surfare!» mormora ancora, ammiccando.



ASHTON

Mi chiedo come alcune persone riescano a scovare le ombre da cui silenziosamente vengono seguiti, smascherandole prima che prendano potere su di loro. Tutti i segreti, le cose non dette... mi sento così stupido, seduto ai piedi del letto della persona che amo e, ancora più importante, credevo mi amasse; il peso riversato sulle ginocchia, le mani giunte a pugno, pressate contro le labbra. Avrei tanto voluto accorgermene prima, avrei tanto voluto dare più peso a quei piccoli segnali che magari cercava di mandarmi, come l'essere più distante, costantemente distratta, diversa persino quando facevamo l'amore. O forse era solo sesso per lei?

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