Capitolo 34

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Something's missing

Claustrofobia.
Chiunque conosce il significato letterale di questa parola, ma solo in pochi lo provano sulla propria pelle. Personalmente non sono mai stata una persona particolarmente claustrofobica. Vertiginosa, tripofobica, coulrofobica e talassofobica, sì, ma non claustrofobica. Almeno fino a questo preciso momento.

Sono dell'idea che finché l'universo non ci mette alla prova, non possiamo realmente sapere cosa ci fa paura. Scommetto che se Adamo ed Eva fossero vivi in questo momento, avrebbero avuto una paura incondizionata dei serpenti e magari anche delle mele, togliendo il significato morale della storia. Esempio stupido, penserete, perché loro subirono letteralmente le pene dell'inferno dopo aver incontrato quel rettile ed aver morso il frutto del suo albero, perciò la loro paura sarebbe stata dovuta a un trauma. Eppure non è così insensato come sembra: non ho mai avuto paura degli spazi ristretti, ma ora che sono a conoscenza di quello che è possibilmente successo ieri notte, persino quest'intero universo mi fa sentire in trappola. Circondata da storia, da vite del passato, vecchi edifici, vecchie strade, persino l'aria che respiro è diversa da quella che respiravo prima di tutto ciò. Una piccola parentesi prima di ritornare a quella che è la mia vita: non fraintendete le mie parole, non gettatevi in mezzo agli squali per vedere se ne avete realmente paura, lasciate che sia il destino a prendere queste decisioni per voi. Chiusa la parentesi, ritorniamo allo scenario patetico che si può definire vita, la mia vita.

«E' out, andato, perso, svanito

Un trauma, come ben sapete, può essere causato da eventi accaduti più volte, o anche solo una volta, che sia durato un'ora, un minuto, un secondo, un attimo. Non importa. Se l'accaduto ha avuto un forte impatto sulla persona, può condannarla all'eterno spavento. D'altro canto, il modo in cui accade ha una forte rilevanza, perché determina il grado di intensità del tuo trauma. Specie quando si tratta di fattori molteplici, il modo in cui ti rivolgi alla persona interessata riguardo argomenti che toccano quell'ambito è davvero importante e quel pomeriggio sembrava mi fosse piombato un elicottero addosso per quanto indelicato fu il modo.

«Che vuoi dire Ashton? Calmati!»

Eravamo tutti seduti sul divano, comodamente in pigiama, a guardarci una serie tv riguardante drag queen. Penso si chiamasse RuPaul DragRace. Ad ogni modo, l'unico per i fatti suoi era il batterista, che era da poco rientrato in camera dopo aver fatto uno spuntino in cucina. Eppure dopo neanche un minuto, era uscito di nuovo dalla stanza con una scatola di cartone fra le mani, urlando parole sconnesse. Sembrava parecchio agitato e quando incrociò il mio sguardo, le sue guance andarono a fuoco e gli occhi diventarono lucidi, lucidi di rabbia quando poi lo fece passare da me a Calum.

«Calmarmi? Calmarmi, dici? Il pezzo più importante, il cuore di quell'affare è scomparso!»

Le mie labbra si schiusero per lo stupore, così come quelle di tutti gli altri e un improvviso silenzio calò all'interno della stanza. Un circolo infinito di sguardi si levò quando mi alzai e mi incamminai verso Ashton: sentivo lo sguardo di Luke, Michael e Calum bruciare su di me mentre puntavo gli occhi in quelli del riccio; seguii la direzione verso la quale guardavano e vidi il bassista, il mio ragazzo, passare lo sguardo da Ashton a me e da me a Luke e Michael. Scossi leggermente la testa e sentii il mio cuore battere sempre più forte dalla paura, perchè era quello il mio trauma e tutti ormai lo sapevano, Calum più di ogni altra persona, soprattutto dopo la nostra ultima sera al planetario.

«Provo qualcosa per te, Megan.»
«Non è vero, tu mi odi. Noi ci odiamo.»

Calum mi guarda come se fossi impazzita, scuotendo piano la testa.
«Ma che dici?» chiede in un sussurro dal quale traspariva chiaramente paura e confusione.
«La verità!» esclamo, alzandomi in piedi, non riuscendo neanche a reggere il suo sguardo.

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