Capitolo 1

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"Anna vedi di muoverti, alzati."

urlò mio padre dall'altra stanza, mi aveva svegliata non solo in malo modo, ora voleva pure che mi alzassi velocemente?!
Se la mattinata iniziava così non sarebbe stata tra le giornate migliori della settimana.

Sbuffai e mi alzai dal mio comodo letto, già sapevo cosa voleva mio padre, voleva che io andassi a fare il mio solito giro di consegne di routine. Nulla che farebbe una ragazza di sedici anni.

Si avete capito bene, mi occupavo dello spaccio e lo sapevo fare anche bene ma non è mai stato un vanto per me, anzi mi sarebbe piaciuto andare via e fare finta di non aver mai vissuto questa vita, ma non potevo dare questo dolore a mio padre, avevamo perso già mia mamma, se anche io avessi fatto il pensiero di andare via e lasciarlo l'avrei solo mandato in rovina e non volevo, ci tenevo al pensiero di mio padre felice e che fosse orgoglioso di me, qualsiasi fosse stata la strada che voleva per me, non volevo essere un dispiacere per lui, anche se significava fare qualcosa contro la mia stessa volontà.

Mia madre era morta a causa della camorra, volevano uccidere me, per fare un "dispetto" al mio papà, ma lei si prese il proiettile che era rivolto a me, salvandomi la vita si, ma non sapendo che avrebbe portato una parte di me con lei, mi sentivo ancora in colpa per la sua morte e forse non sarebbe mai andato via quel senso di colpa.

Li odiavo, ed è a causa di questo dolore che mio padre mi convinse ad entrare nei suoi affari da quel giorno, iniziando dalle piccole cose.

Andai a lavarmi ed indossai un leggings nero, una maglia della nike che arrivava a metà pancia e al piede misi le alexader mcqueen.

"Sono pronta."

dissi entrando nel salone e vidi mio padre ridere e scherzare a telefono.
Con chi stava parlando?

Gli feci gesto con la mano chi fosse e lui mi disse che me l'avrebbe detto dopo.

Alzai gli occhi al cielo e andai in cucina per fare colazione, mangiai un cornetto a cioccolato fondente e bevvi il cappuccino.

"Piccola a papà domani si va a Napoli. Sei felice?"

disse mio padre entrando in cucina, aveva staccato con la persona con cui stava parlando e scherzando.
A Napoli? Che diavolo dovevamo fare a Napoli?
Ci eravamo stati nemmeno una settimana prima.
Nonostante ciò, amavo quella città quindi mi andava più che bene.

"Come mai?"

chiesi pulendomi le labbra e alzandomi, presi la solita roba che avrei dovuto consegnare e la misi in una borsa.

"Andiamo a trovare un mio amico."

disse lui aiutandomi a nascondere le bustine nella borsa.

"Quello che stava a telefono con te prima?"

chiusi la zip della borsa e la misi a tracollo prendendo le chiavi del mio motorino.

"Si, è un mio vecchio amico d'infanzia, un uomo molto importante per la sua città."

sembrava fiero in quello che diceva, annuii semplicemente senza fare altre domande e uscii di casa dopo averlo salutato.

Salii sul mio motorino nero e iniziai a consegnare quella roba ai soliti "clienti" di papà.

Quando finii il mio solito giro mi diressi verso casa di mia sorella, Sara Greco,era più grande di me, aveva 22 anni, lei mi aiutava con lo spaccio, gestendo le piazze.

"E che ci fai qua?"

chiese mia sorella facendomi entrare.

"Sono venuta per avvisarti che papà ha detto che qualcuno sta facendo cose strane."

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