Capitolo 6

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Erano le undici e mezza di sera avevo appena finito di indossare un jeans, con una maglia bianca sopra della gucci e le scarpe della stessa marca della maglia.

Alla fine avevo seguito il consiglio di Salvatore, ma non per lui, non mi importava affatto del suo parere, ma perché effettivamente sarei stata in mezzo a molti uomini e meno mettevi in evidenza meglio era, soprattutto per quello che andavo a fare.

Afferrai la pistola, che mi aveva dato mio padre a pranzo, dalla borsa e la infilai dietro al jeans. La coprii con la maglia e indossai una giacca di pelle nera con le borchie sulle spalle e alcune sulle maniche.

Uscii dalla mia stanza ma mentre stavo per andare in salone una voce mi fermò e mi girai.

"Stai attenta sorellina."

disse mia sorella e io le feci un sorriso, le mandai un bacio con la mano prima di andare in salone. Eravamo molto legate e ogni volta che dovevamo fare qualcosa divise, eravamo sempre in pensiero l'una per l'altra.

"Sei pronta Anna?"

chiese mio padre che era in salotto con il boss di Napoli, quest'ultimo stava a telefono a parlare con qualcuno.

"Come ho già detto, sono nata pronta."

dissi avvicinandomi a lui e mi guardai attorno, Salvatore non c'era, forse era già uscito per compiere quell'atto così orribile.

"Piccola devi andare, andrai con due dei nostri uomini fidati, Antonio e Giuseppe.
Appena arrivati lì c'e già la barca con due uomini che vi daranno le borse con la droga, hai capito?

il boss di Napoli aveva staccato la chiamata e mi stava spiegando cosa avrei dovuto fare nel dettaglio.
Ascoltai senza obbiettare o commentare.

"Stai attenta a tutto, e soprattutto non ti fidare di nessuno."

continuò.

"Va bene ho capito. Mo vado."

mi avvicinai alla porta e salutai mio padre.

"Stanno qua fuori Antonio e Giuseppe, ah Anna prima di andartene, apri le borse e vedi se ci sta quello che deve starci."

disse mio padre fermo sullo stipite della porta d'ingresso, annuii e mi avvicinai alla macchina dove stavano questi due uomini.

"Dove dobbiamo andare signorina?"

chiese Antonio credo, stava alla guida, mentre Giuseppe accanto a lui, io ero seduta dietro.
Gli diedi la giusta posizione e iniziò a guidare, mi chiedevo se avessi dovuto fare davvero tutto io o Salvatore sarebbe arrivato in tempo.

Ad ogni modo dovevo dimostrare che anche noi donne eravamo forti, e solo perché vengono messe sempre in disparte non significava che non servivamo a nulla, anzi.
Quindi se non fosse arrivato e io avrei completato la missione senza problemi era tanto di guadagnato.

Arrivati a destinazione scesi dalla macchina e mi incamminai a passo deciso e sicuro, seguita dai due uomini di fiducia, verso la barca che avevo notato fosse quella descritta dal boss di Napoli.

"Chi siete voi?"

chiese un uomo sulla quarantina guardandoci con una brutta espressione.

"Sono venuta a prendere quello che è mio."

dissi rivolta all'uomo che avevo capito fosse uno dei principali.
Lui mi squadrò e buttò la sigaretta, che stava fumando a terra, ormai finita.

"Avete un conto in sospeso con la mia famiglia e sappiamo tutti come funziona qua, ora sapete cosa dovete fare."

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