Capitolo 4

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"Tu e Salvatore siete promessi sposi."

Sentii il mio respiro bloccarsi per qualche secondo e la mia vita scorrere davanti ai miei occhi.

Un matrimonio? A sedici anni? Con il figlio del boss di Napoli? Solo per i loro sporchi affari.
Io non lo conoscevo nemmeno Salvatore, potevano scordarselo, non avrei mai sposato una persona che non amavo.
Sapevo a cosa andavo incontro scegliendo questa vita, anche se non avevo molta scelta, essendo la figlia del boss, ma mai avrei immaginato di dover fare quel passo.
Il passo più lungo della gamba.

Mi alzai sbattendo le mani sul tavolo e vidi mia sorella sobbalzare, Andrea guardarmi stranito e gli altri tre compreso mio padre guardarmi in cagnesco.

"No, scordatevelo, io non sono un burattino. E tu, non puoi decidere senza una firma. Ai matrimoni servono le firme no? Beh la mia non ci sarà."

Mi allontanai dal tavolo lasciando lì anche il mio cellulare e la mia borsa, ma non volevo tornare indietro.

Come poteva mio padre farmi questo.
Avevo già subito molto dalla vita, adesso voleva togliermi tutto così?

"Anna vieni qua"

sentii una voce alle mie spalle quando uscii dal ristorante, ma non avevo intenzione di fermarmi.

"Anna ti ho detto di fermarti, non stai nemmeno a sentire?"

era Salvatore, si era avvicinato a me tanto da prendendomi per il polso per bloccarmi, mi stava guardando male, aveva gli occhi da fuori e respirava in modo affannoso.

"Mi devi lasciare stare, hai capito? Io non ti voglio sposare non ti conosco, non ti amo e non faccio quello che dicono loro solo per allargare il loro territorio. Non voglio fare questa cosa."

Iniziai a parlare a raffica, il mio tono di voce si alzava sempre di più, la sua risposta non tardò ad arrivare come aumentò la presa sul mio polso tanto da farmi quasi male.

"Non ti permettere, tu devi fare quello che dico io, ormai teniamo tutto programmato, tra due mesi ci sposiamo e mi devi portare rispetto. E da quando siamo nati che è stato deciso."

mi urlò contro anche lui stavolta e io lo guardai arrabbiata e stizzita allo stesso tempo.
Due mesi? Due fottuti mesi?
Avevo solo due mesi per conoscere questo pazzo difronte a me e capire solo di più che non lo volevo al mio fianco.

"Portare rispetto?"

chiesi e mi scappò una risata provocando un ringhio da parte sua.

"Il rispetto si da a chi ti rispetta, ti sembra che obbligarmi a stare con te e sposarti è portarmi rispetto? Tu non mi rispetti ed io non ti voglio rispettare non sei nessuno per me. Non lo sei e non lo sarai mai."

dissi incrociando le braccia sotto al seno, quando finalmente mi liberai dalla sua presa. Lo guardai con un'espressione da perfetta stronza e lo vidi stringere le mani in pugni, sapevo che stava per diventare una sorta di sfida.

"A te sembra che io voglio stare con una stupida ragazzina come te? Pure io sono stato obbligato ma non mi lamento."

disse arrabbiato scagliando un pugno sul muro accanto alla mia testa, sussultai ma non mostrai alcun timore.

Aveva ragione anche lui era stato costretto, e stranamente le sue parole mi avevano ferita, aveva detto che ero una stupida ragazzina.
Ma che cazzo mi interessava di lui.
Che se ne andasse al diavolo.

"Non mi voglio sposare a quest'età, non ti conosco nemmeno, mi sento un peso sulle spalle, tutto all'improvviso."

mi sfogai con lui, dopo minuti di silenzio imbarazzante e sembrò annuire come se lui stesse capendo quello che dicevo.
Come se anche lui provava questo peso.

"Hai ragione ma non possiamo fare nulla."

disse infilando le mani nella tasca della sua giacca.
Lui si era perfino reso elegante per questa occasione, io, che ne ero comunque ignara, avevo un vestito normale.

"Torniamo al ristorante, chiedi scusa, so che non vuoi farla, ma sappiamo entrambi cosa ti consegnerebbe tuo padre."

mi fece un sorriso che io ricambiai appena e annuii, era contro la mia volontà chiedere scusa ma dovevo, come aveva detto lui non volevo subite conseguenze, e sinceramente per quella giornata ne ero davvero piena fin su.

Salvatore avvolse un braccio attorno alle mie spalle come se fosse un gesto normale, che faceva sempre, per una volta decisi di starmene zitta e ritornare dentro.
Quando ci videro arrivare, sorrisero entrambi i nostri padri vedendoci vicini.
Vaffanculo. Avrei voluto dirgli ma in realtà dissi tutt'altro.

"Scusate per prima."

mi misi seduta di nuovo a tavola.

"Bene adesso che è tornata la pace. Tu e Salvatore  dovete fare una cosa per noi."

io e il ragazzo ci girammo verso mio padre, che cacciò  due pistole, come se nulla fosse, alla luce del giorno.

"Dovete rubare un carico di droga che arriverà stanotte al molo a Napoli, degli infami hanno provato a tradirci, ma noi non ci facciamo mettere i piedi in testa, giusto Anna?"

disse mio padre guardandomi e vidi Salvatore prendere la pistola e metterla dietro al suo pantalone.

Io non avrei ucciso nessuno, non volevo portarmi persone sulla coscienza.
Avrei avuto almeno l'occasione di conoscere come gestiva queste situazioni il ragazzo, forse avrei potuto conoscerlo meglio e scoprire se almeno in quel campo  ci saremmo trovati.

"Va bene papà."

dissi prendendo anche io la pistola e nascondendola nella mia borsetta.

Girai la testa e subito incontrai i suoi occhi e una mano calda, la sua, appoggiarsi sulla mia coscia nuda a causa del vestito e dovevo ammettere che non mi dava fastidio, fin quando la teneva al suo posto.

"Sei pronta?"

mi chiese insicuro, pensava davvero che io non ne fossi in grado?

"Io sono nata pronta Esposito."

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