Settembre 2012
Ho fatto bene a portare l'ombrello.
Salutai con un sorriso l'autista del pullman e, appena messo piede a terra alzai lo sguardo verso un cielo gremito da grosse nuvole, sporche e cariche di pioggia. La corriera, partita quaranta minuti prima da Cison di Valmarino, aveva chiuso dietro le mie spalle la porta automatica con una sorta di sibilo. Per mia fortuna la fermata del mezzo pubblico era situata a pochi passi dalla palazzina a tre piani verso cui mi diressi a passo sostenuto.
Il colore dell'intonaco presentava diverse screpolature che serpeggiavano sulla patina grigiastra dei muri a testimoniare che gli anni erano trascorsi sbiadendo la tonalità originale dello stabile, il cui aspetto conservava ancora la parvenza di un piccolo ospedale situato nel centro storico di un grosso paesotto, ai piedi delle Prealpi trevigiane.
Un appuntamento importante mi attendeva quella mattina con il sole oscurato e il vento a scompigliarmi i capelli. Una porta a vetri, fin troppo tecnologica, data la vecchiezza dello stabile, si aprì di scatto. Varcai la soglia, dirigendomi senza esitazione verso la rampa di scale in granito chiaro.
Prima di allora non ero mai stata in quel posto ma sapevo dove mi stavano attendendo. Mancavano quindici minuti alle nove. Era quello l'orario indicato nella e-mail ricevuta la settimana precedente al mio indirizzo di posta elettronica.
Secondo piano, ultima porta a destra. Chiusa. Come tutte le porte che si affacciavano in quel lungo e stretto corridoio. L'ambiente circostante trasmetteva la sterile atmosfera di un ricovero ospedaliero. Il linoleum consunto e le porte, di un antico color crema, confermavano, senza ombra di dubbio, l'origine di quel luogo.
Un foglio A4, fissato con nastro adesivo, spiccava sulla parete lavabile verde acqua.
SI PREGA DI NON SOSTARE NEL CORRIDOIO.
Allungai lo sguardo per individuare un'area dove collocarmi durante l'attesa. Alla fine del corridoio, osservai una grande vetrata da cui entrava una fascia luminosa perlacea, lattiginosa. Una luce biancastra in fondo al tunnel. Il rumore di una porta che si apriva, interruppe la ricerca di uno sbocco dove poter attendere, senza ingombrare l'angusto ambiente.
– Signora Stocco?
– Sì, sono io.
– Prego, mi segua...
Pochi passi ed eccomi all'interno di una piccola stanza. Scrivania. Quattro sedie. Attaccapanni in acciaio. Calendario di Padre Pio alla parete. Tre donne.
Rimasi in piedi di fronte alla scrivania, sproporzionata rispetto alle dimensioni della stanza, tanto che la signora, di cui al momento, conoscevo solo l'aspetto esteriore, dovette appiattirsi tra il muro e il lato del tavolo per prendere posto sulla sedia in tessuto blu.
– Bene, possiamo iniziare. Sono Adele De Nardi, assistente sociale e lei, - volgendo il capo alla sua destra - è la dottoressa Silvia Donadel, psicologa presso il nostro Centro Affido.
Ci scambiammo un saluto stringendoci le mani. Ancora in piedi attendevo un cenno per sedermi.
– Prego signora Stocco, si accomodi pure.
Con voce pacata, dal forte accento veneto, la dottoressa De Nardi mi invitò ad accomodarmi. Presi posto. Scostai i capelli dietro le orecchie.
Faccio sempre così quando mi sento osservata.
E osservata lo ero davvero.
L'assistente sociale non si perdeva un movimento. Ogni mio gesto veniva fissato sotto un' immaginaria lente d'ingrandimento. Lo sguardo ceruleo, penetrante, oltrepassava le spesse lenti degli occhiali poggiati sul naso minuto. Sentivo quegli occhi quasi a sondare ogni anfratto della mia mente, cercando di captare impercettibili sfumature intellettive... ma non solo. La dottoressa De Nardi, austera nella sua posizione, stava seduta di fianco alla psicologa intenta a seguire la conversazione appena iniziata. La scrivania divideva le nostre persone. Le nostre vite. Della mia conoscevo ogni piccolo particolare, della loro, sapevo solo che facevano parte della equipe del Centro per L'Affido di Pieve di Soligo.
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Il bambino venuto dal freddo #wattys2021
General Fiction🎇STORIA VINCITRICE WATTY 2021🎇 ➡️TRAMA Quattordici anni e già un passato da adulto. Un adolescente problematico, con tutta la rabbia di un'infanzia che non vuole ricordare e che lo porterà molto vicino al punto di non ritorno. Questa che sto per...