Le verità nascoste

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                       Natale era ormai alle porte. La prima neve, sui monti che sovrastano il paese, creava una cornice suggestiva. Il borgo stava scivolando, giorno dopo giorno, nella quiete ovattata della stagione invernale. L'atmosfera era mutata, così pure le temperature che di notte, da queste parti, si abbassano di parecchi gradi sotto lo zero.

La moka, preparata con largo anticipo, era sul fornello del gas; tre tazzine in porcellana bianca facevano bella mostra sulla tovaglietta ricamata, anch'essa bianca. Zuccheriera, cucchiaini, piccolo bricco con il latte. Mancavano pochi minuti alle dieci e trenta. Mi sentivo un po' agitata, come ci si sente prima di un esame scolastico. Il quadernino con gli appunti era a portata di mano, così come la penna per eventuali annotazioni. Tutto pronto per l'incontro. Prima visita domiciliare. Altra emozione. Un leggero battere sul vetro avvisava che il momento era arrivato. Mi guardai allo specchio poggiato sulla cassapanca, quella grande, collocata vicino alla porta d'ingresso. Avevo raccolto i capelli, vestivo in modo semplice e pratico. Mi ero concessa solo una pennellata di fard sulle guance per ravvivare la carnagione oramai sprovvista del caldo colorito estivo.

– Buongiorno! Prego, accomodatevi.

L'assistente sociale entrò per prima, seguita a ruota dalla psicologa. 

– Che bel calduccio qui dentro!

La dottoressa De Nardi si avvicinò alla cucina economica, orgoglio delle donne degli anni sessanta ma anche di quelle come me che amano il calore delle cose d'altri tempi e delle vecchie cucine a legna.

– La mitica "Zoppas", che meraviglia! Ricordo che in casa nostra ne avevamo una così, il calore della legna non è paragonabile a nessun altro tipo di riscaldamento. E questa è tenuta benissimo e vedo che ha tutti i pezzi originali, oramai sono sempre più rare da trovare...

– Sono d'accordo con lei, è un calore diverso, molto più avvolgente e asciutto. Sono stata fortunata, questa meraviglia era già qui, fa parte dell'arredamento della casa; anche a me evoca antichi ricordi, mia nonna ne aveva una uguale ma... datemi i cappotti, li porto sopra.

Portai di sopra i giacconi. Non avendo un attaccapanni li adagiai sopra il letto.

Le due donne si accomodarono sulle sedie impagliate. Si guardarono intorno.

– Carino qui, li ha fatti lei quei quadri? 

La dottoressa De Nardi si alzò per ammirare i miei lavori a punto croce.

– Sì, ho imparato a ricamare dalle suore fin dalla prima elementare. Quello è stato il mio primo lavoro; avevo solo sei anni. Gli altri li ho ricamati successivamente, adesso però ho smesso, affatico troppo la vista.

Anche la dottoressa Silvia Donadel espresse il suo compiacimento per l'accogliente abitazione.

– Gradite un caffè? La moka è già pronta sul fornello, devo solo accendere il fuoco.

Le due donne si guardarono annuendo.

– Ci sembra un'ottima idea, arriviamo da un'altra visita domiciliare, ci tirerà un po' su.

Il sorriso della psicologa accolse la tazzina fumante. Un buon odore di caffè si diffuse nella stanza rendendo l'atmosfera conviviale e rilassata. Finita la breve pausa, tolsi tazzine e zuccheriera dal tavolo, nel frattempo, l'assistente sociale, seduta alla mia sinistra, estrasse una voluminosa agenda poggiandola sul tavolo. Contemporaneamente la psicologa prese dalla sua capiente borsa la cartellina gialla: quella con su scritto SERGHEI. Era tutto pronto ma, improvvisamente, mi prese una strana agitazione. Non era stata una buona idea bere un altro caffè, dopo quello della colazione mattutina.

Il bambino venuto dal freddo #wattys2021Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora