Dove tutto ha avuto inizio

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San Pietroburgo

Da dieci ore Sonya si trovava dietro una porta bianca con i vetri smerigliati e, per dieci ore, Dimitrij Morozov aveva atteso, con crescente preoccupazione, notizie della moglie e del suo quartogenito. In quell'interminabile lasso di tempo l'uomo non era riuscito a stare fermo nella stessa posizione nemmeno un minuto. La tensione, per quella lunga attesa, lo aveva portato a rimanere sempre meno seduto su quella vecchia, scomoda sedia e sempre più a macinare decine e decine di metri lungo il corridoio, fuori da quella stessa porta, oltre cui Sonya aveva dato alla luce il suo quarto figlio. Per smorzare il nervosismo e diluire il tempo dell'attesa, il neo papà aveva scrutato con meticolosità, cercando errori inesistenti, il cartello su cui, a grandi lettere, stampate su un pannello bianco, spiccava la scritta: 

REPARTO DI GINECOLOGIA E OSTERTICIA POKROVSKAYA HOSPITAL

Dimitrij e Sonya, avevano varcato la soglia del complesso ospedaliero, in una delle "notti bianche", così vengono chiamate in Russia, in particolare a San Pietroburgo, le notti in cui il buio scende solo dopo le dieci di sera, rendendo ancora più suggestiva e affascinante la metropoli. Era  un'estate stranamente afosa quella che avvolgeva il nord del grande paese russo.

Due cose molto importanti erano successe in quella notte al "Pokrovskaya Hospital": una bella, come solo una nascita può essere, e una brutta come solo la morte può essere. Due cose talmente opposte: la vita e la morte, da dilaniare l'animo di qualsiasi essere umano. 

L'infermiera mise tra le braccia di Dimitrij  quel corpicino morbido avvolto in un copertina immacolata. Le piccole mani spuntavano come per afferrare la vita appena iniziata.

Dimitrij  Morozov aveva appena appreso che la sua compagna non avrebbe mai conosciuto il suo piccolo.

– Ecco suo figlio signor Morozov. Come lo vuole chiamare questo angioletto appena sceso sulla terra?

– Mia moglie avrebbe voluto chiamarlo Sergey... Adesso come farò? A casa ho altre tre figlie, aspettavano il fratellino con gioia, cosa dirò a Olga, Katerina e Alina! Povere bambine...  e come riuscirò a prendermi cura di un neonato? Non sono capace, non ce la farò! Dio mio, ti prego, aiutami tu.

 Stravolto da quella tragedia che lo aveva così duramente colpito, l'uomo non riusciva a darsi pace. Era talmente devastato da non riuscire nemmeno guardare quel bambino biondo, dalla pelle bianchissima, che teneva tra le braccia come un bambolotto di gomma. Provava una indicibile, assurda repulsione verso quella povera creatura. Abbassò lo sguardo al pavimento lucido pieno di sensi di colpa e vergogna. Che padre si era ritrovato a essere? Come poteva provare sentimenti tanto ignobili nei confronti di suo figlio?

Con voce tremante si rivolse verso la donna che da pochi minuti gli aveva messo tra le braccia il piccolo Sergey.

 – Era Sonya, la mia Sonya a prendersi cura dei bambini, io... io... non c'ero mai! Sono impegnato tutto il giorno con il mio lavoro, parto la mattina presto e torno a casa la sera tardi. Dio, come è potuto succedere? Come farò senza di lei?

 Dimitrij tornò a sedere stancamente sull'unica sedia disponibile, addossata alla parete lavabile, dell'angusto passaggio. Finalmente guardò il volto sereno di quel figlio maschio tanto desiderato. La straordinaria somiglianza con Sonya era un pugno nello stomaco per il pover'uomo, ancora incredulo e incapace di versare lacrime liberatorie.

– Signor Morozov, mi dispiace tanto per sua moglie, era così giovane e bella, povera ragazza... Non so cosa dire, in questi casi non si trovano mai le parole giuste, posso solo consigliarle di rivolgersi al consultorio familiare del suo distretto, sicuramente sapranno aiutarla, mi creda, è la soluzione migliore. Il ginecologo le vuole parlare, mi dia il bambino, lo porto nella nursery, lo studio medico si trova alla fine del corridoio, ultima porta a sinistra. Vada pure, il dottore la sta aspettando. Ci vediamo più tardi.

Il bambino venuto dal freddo #wattys2021Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora