Ti ho ritrovato

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Follina

2018

Capita di trovarci in fila alla cassa del supermercato in attesa che arrivi il nostro turno. Frequentemente, per fare trascorrere il tempo, ci inoltriamo con lo sguardo, il più delle volte superficiale, sulle persone ordinatamente in coda che ci precedono o che ci affiancano nel caso di grandi ipermercati dove si contano decine di casse e rulli trasportatori stracolmi di una gran varietà di merce: multicolore, multietnica, multiculturale...

Ma quel giorno mi trovavo in un piccolo supermercato di paese.

Mancavano pochi giorni a Pasqua, un vento sferzante che arrivava dalle vicine montagne non faceva ben sperare. Avevo raggiunto il supermercato infagottata come fosse pieno inverno.

"Distanziamento sociale" era una definizione ancora sconosciuta. Le persone potevano stare vicine, si poteva parlare a pochi centimetri uno dall'altra senza il terrore di essere contagiati da quella che, di lì a qualche mese, sarebbe diventata la peggiore pandemia, dopo la peste manzoniana del 1630. Il mio turno stava per arrivare, avrei compiuto azioni consuete, gesti metodici accumulati negli anni, consumati fila dopo fila, carrello dopo carrello.

 Più invecchio e più mi convinco che noi donne passiamo più tempo in coda ai supermercati che in famiglia. Forse stavo pensando a questo quando, una giovane coppia alle prese con lo svuotamento del carrello, attrasse la mia attenzione. Lei, una bella ragazza dai lunghi capelli castani, teneva in braccio una bambina di circa due anni, con capelli color del sole e le gote paffute. Lo sguardo curioso e vivace della bimba si posò sulla mia faccia che le stava appena dietro. 

Le sorrisi facendo una smorfia credo assai buffa, visto il grande sorriso con cui la bimba aveva ricambiato. Agitai una mano in segno di saluto, con quell'espressione tipica di chi vuole attrarre l'attenzione di una bimbetta graziosa e socievole. La piccola a sua volta alzò la manina e ricambiò il saluto. 

Deliziosa bambina, pensai, mentre continuavo a sorriderle cercando di non rendermi ridicola agli occhi delle tante persone, anche loro in attesa di arrivare alle casse. La mamma della bambina si girò verso di me. Lo sguardo intelligente dietro gli occhiali da vista, un cenno con la testa in segno di saluto e un sorriso spontaneo verso la donna magnetizzata da quella dolce bambina bionda.

L' uomo che le stava accanto mi dava le spalle, potevo solo immaginare il volto giovanile e felice. Intento a depositare la merce sul nastro della cassa, non aveva assistito a quel piccolo, tenero siparietto tra me e la bimba. La sua figura esile nascondeva un altro bambino seduto sul seggiolino del carrello, a quel punto già completamente svuotato.

 Il maschietto, anche lui dall'apparente età di due anni, anch'egli biondo e molto simile alla bambina, era totalmente assorto nell'osservare le azioni del padre, mentre la sua manina paffuta cercava di afferrare un pacco di biscotti. Ero magnetizzata e intenerita da quella giovane famigliola. I bambini avevano lo stesso colore dorato dei capelli del padre, l'incarnato appena velato dalle guance rosate. Non riuscivo a vedere il volto del ragazzo ma qualche cosa in lui mi era familiare.

– In totale sono trentacinque euro. 

La cassiera prese dalle mani dell'uomo, la tessera elettronica passandola nell'apposita fessura del lettore POS.

Salutò il cliente il quale ricambiò con un: "Grazie, buona giornata a lei".

Quel "grazie" era inconfondibile, per sempre impresso nella mente. Non potevo sbagliarmi.

Serghei

– Serghei! Ma... sei proprio tu?

Lo avevo di fronte. Lo avevo trovato. Grazie, destino. 

Il bambino venuto dal freddo #wattys2021Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora