41.Andare avanti o ricominciare?

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"Coraggio, Marinette: non è poi così difficile come sembra. Puoi farcela" si ripeté a mente, cercando di tirare su un bel respiro. Quella mattina, quando aveva finalmente preso un po' di coraggio ed era riuscita a dire tutta la verità al suo amato Adrien, quasi aveva sperato in una reazione negativa, magari accompagnata da un suo: "Ma sei impazzita, per caso?" o da una qualsiasi altra affermazione esterrefatta o magari anche un po' delusa che le facesse cambiare idea all'istante. Sfortunatamente per lei, però, il biondo si era dimostrato più che comprensivo, incoraggiando i suoi progetti strampalati, ed arrivando persino ad entusiasmarsi per ciò che l'aspettava. Ed ecco che si era ritrovata a navigare per siti internet sconosciuti e fitti di informazioni, con un mal di testa che si faceva più forte man mano che andava avanti, e che in parte era anche dovuto al nervosismo con il quale aveva iniziato la giornata. Sbuffò, passandosi una mano sugli occhi stanchi e brucianti a causa della forte luce blu. Erano passate almeno un paio di ore da quando si era seduta sul proprio divano in pelle con il computer sulle gambe ed una tazza di caffè appoggiata sul tavolino, eppure il liquido scuro dal sapore amarognolo era terminato già da un pezzo, mentre di una buona università non si vedeva nemmeno l'ombra. Perché sì, fin dal primo momento in cui era andata via dallo studio di Philippe, non era riuscita a togliersi dalla testa nemmeno per un secondo la conversazione che avevano avuto, e in particolare le parole che lui le aveva rivolto. Ed era proprio per questo motivo che aveva pian piano iniziato ad insinuarsi dentro di sé un quesito abbastanza insolito: come sarebbe stata la sua vita se avesse frequentato l'università e si fosse laureata? Una domanda che molto probabilmente non avrebbe mai potuto ricevere risposta, ma che aveva suscitato in lei la stessa curiosità di quando era bambina. Quella che la portava ad immaginare mille mila storie di principesse, di cavalieri dall'armatura scintillante e, perché no, anche di abiti sfarzosi che lasciavano a bocca aperta. Quella curiosità che oramai non l'apparteneva più, e che voleva a tutti i costi indietro. Voleva provare a riprendersela, questa volta per davvero, perché, la mattina appena sveglia, la sua prima preoccupazione era rivolta al lavoro, e la sola idea di recarvisi le creava un profondo senso di sconforto. Così aveva pensato di darsi un'opportunità, di ricominciare tutto da zero, di tuffarsi a capofitto in una nuova avventura tutta da scoprire. E sì, sapeva benissimo che oramai non aveva più la mente fresca come quando andava al liceo, e che mettersi a studiare dopo così tanti anni di pura nullafacenza non sarebbe stato affatto semplice, ma sentiva anche di aver assoluto bisogno di un cambiamento, per poter dare la svolta che mancava alle sue giornate diventate sin troppo noiose e inconcludenti. Ma nonostante tutte le buone intenzioni che l'avevano spinta a fare quella scelta, l'intero suo corpo continuava ad essere costantemente invaso dal terrore di sbagliare. Quello di bloccarsi a metà strada e di realizzare, di punto in bianco, di aver sprecato altro tempo prezioso della propria vita, nell'inseguire lo stupido sogno di una ragazzina di sedici anni che ha sempre visto il mondo con occhi speranzosi e sprizzanti di gioia. Come una ragazzina che ha creduto di poter affrontare i momenti più brutti allo stesso modo in cui si corre a perdifiato lungo un prato oramai ingiallito a causa della siccità, e si ringrazia il cielo per i bei fiori che in passato sono stati in grado di colorarlo. Era tutta una questione di se e di ma, perciò l'unica cosa che restava da fare era semplicemente buttarsi, altrimenti non se ne sarebbe fatto più niente. Allora Marinette si rimboccò le maniche per la seconda volta, e continuò la sua ricerca, non dandosi per vinta. Proprio quando fu in grado di riconoscere il sito internet di un istituto francese abbastanza conosciuto, però, qualcuno suonò al campanello di casa sua con così tanta forza da farla sobbalzare sul posto, spaventata. Si portò una mano al petto e cercò di riprendere fiato, mentre si alzava dalla sua postazione improvvisata e spalancava la porta dell'ingresso, oramai abituata ad accogliere la sua migliore amica Alya a qualsiasi ora del giorno e della notte. - Questa volta hai deciso di passare per un orario quantomeno decente, vedo. - esclamò. Ma, subito dopo aver pronunciato quelle parole, si ritrovò a sbarrare totalmente gli occhi azzurri, nel riconoscere che la figura alta e sinuosa che si ergeva dall'altra parte non assomigliava per niente alla castana. - Oh, ciao Chloé. Non mi aspettavo una tua visita. - esclamò, lanciandole una breve occhiata. - Nemmeno io immaginavo che sarei arrivata qui di corsa, ma si tratta di un'emergenza, e ho assoluto bisogno di parlare con Adrien. - lei entrò in salotto a passi svelti e senza nemmeno chiedere il permesso, iniziando a guardarsi attorno in cerca del suo amico. Marinette decise che avrebbe fatto finta di niente, per quella volta, seppure il suo comportamento maleducato non la predisponesse tanto bene nei propri confronti. - Adrien è uscito un'oretta fa. - le disse, guardandola trasalire. - Oh, merda. Sai dove é andato? Non risponde alle mie chiamate. - la risposta di Marinette bastò a farla agitare, tanto che la ragazza iniziò addirittura a mangiucchiarsi le unghie, che, solitamente perfette e super curate, in quel momento apparivano, invece, sbeccate e ricoperte di graffi. - Mi dispiace, ma non me l'ha detto, e credo anche che abbia dimenticato il telefono sul suo comodino. - rispose. Mentre la guardava camminare da una parte all'altra della stanza con lo sguardo che saltellava di qua e di là, Marinette non poté fare a meno di provare pena per lei. "Chissà cosa le è successo per farla stare così male" si chiedeva. Ed era convinta del fatto che molto probabilmente se ne sarebbe subito potuta pentire, ma: - Se vuoi, puoi... Sì, insomma... Puoi confidarti con me... Se ti va... - propose, insicura. Non era di certo diventata amica di Chloé dopo una singola telefonata di scuse che le aveva fatto durante il suo soggiorno a New York, però era come se si sentisse in qualche modo in dovere di aiutarla. D'altronde, che male avrebbe fatto a lasciarla sfogare un po' con lei? - Io... No, grazie. Ho... Ho solo bisogno di parlarne con lui, perché é una faccenda piuttosto privata e lui... Lui la sa lunga. - rifiutò, servendosi dei modi più garbati di cui disponeva: per una volta non voleva apparire come la solita cafona scortese ed intrattabile, e Marinette lo apprezzò molto. - Ma se si tratta di Gabriel io so già tutto, non ti devi preoccupare. - la rassicurò. - No, io... - iniziò l'altra, per poi sospirare sonoramente. - Non so se me la sento di parlartene... Insomma... Non siamo nemmeno amiche... - si morse il labbro inferiore, indecisa su cosa fare. Doveva essere davvero disperata per volersi confidare con la sua "ex acerrima nemica"! - Ho sentito dire che aprirsi con qualcuno che non si conosce può risultare molto più semplice di farlo con un vecchio amico che invece sa tutto di te e che potrebbe giudicarti. - non sapeva perché le stava dicendo quelle cose. Voleva forse cercare di avvicinarsi a lei? Di capire cosa nascondeva dietro quell'enorme muro che la proteggeva dagli occhi indagatori di tutti? O era semplicemente incuriosita dall'aura di mistero che le girava attorno? - Io... E va bene. - accettò, alla fine, non credendo alle sue stesse parole.

- Allora... Dove eravamo? - domandò Marinette, prendendo posto sul divano accanto a lei e facendo tintinnare ancora una volta le tazze di caffè sul tavolino in vetro del suo salotto. Forse avrebbe fatto meglio a preparare una bella tisana rilassante, ma aveva bisogno di rimanere sveglia, se voleva realmente seguire il filo del discorso della sua ospite inaspettata. - Ehm... - Chloé ne bevve un lungo sorso tutto d'un fiato, cercando di mascherare il proprio imbarazzo con un sorrisetto appena accennato delle labbra. Dopodiché si schiarì la voce e aprì la bocca per parlare: - Okay, be'... - iniziò, ma si interruppe subito dopo, alzandosi improvvisamente dal divano. - Sai una cosa? Dimentica quello che ho detto: ripensandoci... Non ho nulla di cui vorrei parlare, quindi... Grazie mille del caffè, ma adesso devo proprio scappare. - cominciò ad indietreggiare verso la porta di ingresso, pentita di aver pensato anche soltanto per un momento di potersi sentire a proprio agio, chiusa in quelle quattro mura che non conosceva. - Chloé, aspetta! - la richiamò l'altra, andandole incontro. - Io ti capisco, davvero. Se non te la senti non devi raccontarmi assolutamente nulla che ti riguarda. - le sorrise. - E anche se non siamo propriamente amiche e magari non potremo nemmeno mai diventarlo, sono convinta che quell'immenso mondo che tieni nascosto dentro di te sia tanto misterioso quanto bellissimo, ed è davvero un peccato che tu non lo lasci uscire, di tanto in tanto... - esclamò. Per la prima volta da quando la conosceva, le labbra della bionda si aprirono in un autentico sorriso sincero, mentre i suoi occhi incominciavano man mano a riempirsi di lacrime. - T-tu... Non... Non sai quanto mi faccia piacere sentirtelo dire... - si coprì il volto bagnato con le mani, prima che Marinette le si avvicinasse, e d'istinto le avvolgesse le braccia attorno al corpo, carezzandole dolcemente la schiena. Grata del suo gesto, Chloé continuò a tirare su con il naso e a stringerla forte a sé: non ricordava l'ultima volta in cui aveva ricevuto un abbraccio così importante, e fu per questo che cercò di farlo durare il più a lungo possibile. In fin dei conti ne aveva davvero bisogno. - Marinette, io... Ho passato tutta la mia vita cercando di sembrare più forte, di non mostrare i miei sentimenti, le mie fragilità e le mie paure a nessuno. - esclamò, tutto d'un tratto, allontanandosi da lei quanto bastava per poterla guardare dritto negli occhi. - Ho allontanato tutti quelli che mi circondavano, con il timore che mi avrebbero feriti, o che si sarebbero approfittati di me. H-ho allontanato persino la mia più cara amica, la persona a cui volevo più bene al mondo, e... - abbassò lo sguardo, coprendosi gli occhi gonfi con le mani. - E h-ho fatto di tutto per cercare di andare avanti, di rimediare... Ma la verità é che... È che o-ora non so più cosa fare, p-perché lei è tornata in città e-e io... - si bloccò, cercando di riprendere fiato. Poi ripuntò finalmente gli occhi azzurri sulla sua figura e la implorò non soltanto con lo sguardo, ma anche con le parole: - Marinette, a-aiutami, ti prego. I-io... Io sono ancora innamorata di lei... -

Serena

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