17.Mi manchi

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- Chloé, hai per caso visto il mio cellulare? - domandò Adrien, non appena uscì dal proprio bagno con ancora i capelli umidi a causa della doccia. La ragazza scosse la testa, continuando a mantenere lo sguardo fisso sullo schermo del proprio smartphone. - Cavolo, sono giorni che non lo trovo. - lui si ritrovò a sbuffare sonoramente. Dopodiché, si strofinò i capelli con un asciugamano e: - Ne ho bisogno, devo effettuare una chiamata. - esordì, quasi sperando lo avesse preso lei per sbaglio. A quel punto, la Bourgeois alzò lo sguardo e lo puntò sulla figura dell'altro, rivolgendogli finalmente la sua completa attenzione. - Sarà di sicuro qui in giro, da qualche parte. - scrollò le spalle con noncuranza e indicò con un gesto vago della mano l'interno della camera dell'amico, in cui si trovava da poco più di una ventina di minuti. Sul suo volto campeggiava un'espressione piuttosto annoiata, mentre le sue labbra erano contratte in una linea dritta. Francamente non le importava un'accidente di dove fosse finito il cellulare di Adrien. Perché? Be', non riusciva proprio a mandare giù il fatto che fosse l'unica a cui, in più di vent'anni di vita, non era mai arrivata una telefonata fatta per il semplice gusto di sapere come le stessero andando le cose. Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce davanti a nessuno ma, c'erano delle volte in cui avere al proprio fianco una persona che ci tenesse o che semplicemente le volesse bene era l'unica cosa che desiderava davvero. Da adolescente era stata troppo presa dall'acquisto di borse e di abitini firmati super costosi per capire quanto fossero realmente importanti gesti come questi. Da adulta invece, sembrava proprio non riuscire a mettersi il cuore in pace una volta per tutte, perché un momento prima bramava per sé una vita come tutti gli altri, mentre quello dopo negava tutto e si diceva: "Ma a chi servono gli amici? Non fanno altro che portarti rogne e preoccupazioni, e io ne voglio stare fuori!". Insomma, si trovava in conflitto con se stessa da praticamente tutta la vita: non c'era da stupirsi del fatto che si comportasse in modi diversi a seconda del suo umore. Infatti, in quello stesso istante: - Mi presteresti il tuo? - le domandò Adrien. I suoi occhi parevano quasi supplicarla, perciò lei non fu in grado di dirgli di no. Di tanto in tanto infatti, quando la giornata pareva andare per il verso giusto, si rendeva conto che non tutti meritassero di fare la sua stessa identica fine. Così, annuì piano, quasi in modo impercettibile, e glielo porse senza fare storie. Il biondo lo afferrò e le rivolse un piccolo sorriso. - Grazie. - e mentre si affrettava a comporre il numero di sua moglie sulla tastiera, ed attendeva con impazienza che gli rispondesse, Chloé si alzò e lasciò la stanza, non prima però, di avergli fatto segno con la mano di aver bisogno di fumarsi una sigaretta. Adrien, in risposta, fece un cenno di assenso nella sua direzione, pur sapendo benissimo che l'altra non fumasse affatto: quello era semplicemente il suo modo per schiarirsi le idee e per scacciar via il proprio nervosismo. Subito dopo che fu uscita dalla camera, il telefono cessò di squillare e la voce proveniente dall'altra parte domandò: - Pronto? - - Mari! Sono io, Adrien. - esclamò lui. - Oh, ciao Adrien. - lei non rispose in maniera troppo entusiasta. - Non sembri tanto felice di sentirmi. - aggiunse infatti il ragazzo, un po' deluso. - Be', come pretendi che stia? Non ho avuto tue notizie per quasi una settimana! Certo che una telefonata avresti anche potuto farla prima. - controbatté la corvina. Adrien la immaginò incrociare le braccia al petto ed aggrottare le sopracciglia come era solita fare quando era arrabbiata. - Mi dispiace, ho perso il mio cellulare. Ero convinto di averlo lasciato in tasca, eppure... - - Mmh... - cominciò lei, cercando di capire se stesse dicendo la verità o meno. Qualche secondo dopo però: - D'accordo, ti credo. - disse, addolcendo i modi. Ora che la rabbia era andata via, non doveva più nascondere la tristezza che provava nel non averlo accanto a sé, per cui: - Mi manchi. - sussurrò. - Anche tu. Tanto. - Era strano come la distanza che li teneva lontani risultasse loro quasi infinita, mentre ciò che avevano da dire poteva benissimo essere espresso in poco più di qualche semplice mormorio. - Per quanto ancora dovrai rimanere a New York? - gli chiese. Lui sospirò, sconsolato e: - Se andrà tutto bene, per ancora un paio di settimane, altrimenti... - cominciò, tristemente, non avendo il coraggio di terminare la sua frase. - Mi dispiace tanto, davvero. Giuro che mi farò perdonare, in qualche modo... - "Se potessi, prenderei il primo volo disponibile e tornerei subito da te, a qualsiasi ora del giorno o della notte", avrebbe voluto aggiungere. - Va bene, lo capisco. D'altronde, è il tuo lavoro. Non puoi farci niente... - questa volta fu lei a sospirare. - Ma non importa: io sarò qui ad aspettarti, come sempre. - la sua voce si incrinò leggermente, anche se lei tentò di nasconderlo con un finto colpetto di tosse. - Ti amo. - esclamò il ragazzo, provando un forte ed improvviso moto di tristezza. - Ti amo anch'io, Adrien. - terminarono la chiamata in questo modo: con una tacita promessa di amore eterno, nonostante i quasi seimila chilometri che li separavano l'una dalle braccia dell'altro.

Serena

Everything is paw-ssible with you #Wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora