22.Rimpianti e rimorsi

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Marinette sbadigliò rumorosamente, mentre il suono del campanello echeggiava ancora una volta forte e chiaro per tutta la casa. Si stropicciò il viso ancora mezzo addormentato con una mano e percorse il corridoio a piedi scalzi, per poi raggiungere l'ingresso e spalancarne subito la porta. Appostata dall'altra parte, la figura di una Alya stranamente pimpante di prima mattina la strinse in un abbraccio e: - Buongiorno! - la salutò. Per poco non rischiò di farsi sentire dall'intero vicinato. Una volta allontanatesi l'una dall'altra, la castana lanciò uno sguardo alla sua migliore amica, rimanendo piuttosto sconcertata nello scoprire in che stato si trovasse. Strano: Marinette avrebbe pensato la stessa cosa di lei. - Alya, cosa ci fai qui? - biascicò qualche parola, aggrottando le sopracciglia scure. - Che ore sono? - - È quasi mezzogiorno, Mari. Avevamo appuntamento più o meno un'oretta fa ma, conoscendoti, avrei dovuto prevedere che avresti fatto ritardo. - esclamò lei, facendo strabuzzare gli occhi alla corvina. - Mezzogiorno? - non credeva alle sue orecchie: aveva davvero dormito così tanto? Forse aveva dimenticato di mettere la sveglia, ma allora perché il suo Kwami non l'aveva avvisata? Con in testa questi dubbi, oltre ad un groviglio informe di nodi: - Oh, cavoli! La nostra sessione di shopping! Mi dispiace tanto che sia saltata, è stata tutta colpa della mia solita sbadataggine. - realizzò, spiattellandosi una mano sul volto. Erano settimane che non uscivano insieme per fare compere: quello sarebbe stato il loro primo sabato libero dopo tanto tempo, e invece... - Dai, non fa niente. Ci rifaremo la prossima volta. - le sorrise lei, facendole un occhiolino complice. Marinette avrebbe riso se la reazione della sua migliore amica non l'avesse appena lasciata a bocca aperta. Normalmente si sarebbe infuriata a morte per una simile dimenticanza: cosa le era successo? - D'accordo... Ehm, ti preparo un caffè? - cercò di far finta di nulla, pur ipotizzando lo stesso la ragione del suo buonumore. - No, non preoccuparti: faccio da sola. Tu piuttosto, va' a vestirti, che qua ci penso io. - ordinò, con tono autoritario e sguardo serio, e Marinette non potè far altro se non ubbidirle.

- Aspetta, vuoi farmi credere che questa meraviglia sia tua? - furono le parole di Alya che, dal momento stesso in cui aveva posato i suoi occhi su Bisou, aveva letteralmente perso la testa per lui. In quel momento, si trovavano tutti e tre in salotto, e quest'ultimo era acciambellato sopra ad un bracciolo del divano, dove ronfava indisturbato da più di mezz'ora. Non appena le due erano uscite dalla cucina per gustarsi una bella tazza di caffè davanti alla tv, l'attenzione della castana era stata catturata all'istante da quel bellissimo gattino dal pelo scuro che, a dire il vero, non l'aveva degnata nemmeno di uno sguardo. Be', di certo Alya non avrebbe dovuto necessariamente conoscerlo per capire che fosse un dormiglione. Ad un certo punto, si sporse in avanti e prese ad accarezzargli il corpicino peloso con il dorso della mano. - È dolcissimo. Gli hai già dato un nome? - l'amica annuì, con un sorriso ad incresparle le labbra. - Si chiama Bisou. Dorme per la maggior parte della giornata, anche se di tanto in tanto si sveglia per rimpinzarsi di croccantini o per usare la lettiera, ma è raro che faccia altro. - risero insieme. Marinette bevve un sorso del suo caffè macchiato, per poi puntare lo sguardo sul volto dell'altra. - Allora? Come sta andando a lavoro? - domandò, interessata. - Oh, non immagini quanto sia emozionante salire sul palco di un set televisivo! Tutti i miei colleghi sono gentilissimi, e l'intera struttura è eccezionale, con le sue luci, le sue telecamere... - rispose, entusiasta più che mai. L'altra riuscì persino a scorgere i suoi occhi color nocciola venire illuminati da un pagliuzza dorata che li fece risplendere di gioia. Si sentì davvero felice per lei. In fondo, Alya aveva studiato anni ed anni per riuscire a raggiungere pienamente il suo obbiettivo di diventare una giornalista. C'era voluto molto duro lavoro, oltre che a tanta, tantissima pazienza, ma alla fine ce l'aveva fatta. A differenza sua, a Marinette non era andata tanto bene. Il lavoro che conduceva al momento non era neanche a tempo pieno, benché i suoi genitori avessero spesso cercato di abituarla ad orari più lunghi e ben definiti di quelli a cui era abituata. Ma dar loro una mano in negozio non era di certo mai stata la sua più grande aspirazione. Piuttosto, era sempre stata un' appassionata di  moda, ed erano gli abiti che lei stessa si era confezionata nel corso degli anni a dimostrarlo. Nonostante suo marito fosse il figlio di uno degli stilisti più famosi di tutta Parigi però, non era mai neanche stata in grado di avvicinarsi concretamente alla realizzazione del proprio sogno, e un po' se ne rammaricava. Insomma: sentiva quasi di non aver fatto abbastanza, di essersi lasciata un po' andare, di non aver impiegato al massimo tutte le sue forze. Avrebbe tanto desiderato frequentare l'Institut français de la mode, ovvero una delle università di moda migliori di tutto il mondo, gestita niente poco di meno che dal fondatore di Yves Saint Lauren. Purtroppo però, essendo anche molto prestigiosa, accedervi senza una borsa di studio le sarebbe risultato impossibile, così aveva dovuto rinunciarvi. - E Nino come sta? Non ho più avuto occasione di vederlo dopo l'incidente... - le chiese poi, dopo un attimo di silenzio. - Decisamente meglio. - fu la risposta di Alya. - Perciò... Deduco che sia dovuto a questo il tuo improvviso cambio d'umore. - Marinette le lanciò uno sguardo malizioso, facendola arrossire di colpo. - Be', direi di sì... - lei cercò di non dare a vedere il proprio imbarazzo, nascondendosi il viso tra le mani. - Allora? - la corvina si sporse in avanti, in attesa di sentire più dettagli a riguardo. - Cosa? - l'altra fece la finta tonta. - Che è successo? - - Ma niente, cosa dovrebbe essere successo? - - Dai, Alya. Ti conosco, so riconoscere le bugie... Coraggio: sputa il rospo. - la spronò. - E va bene... - la sua migliore amica trasse un respiro profondo, un attimo prima di sganciare finalmente la bomba e: - Ci sposiamo! - urlare, seguita a ruota da Marinette, che le andò incontro e le passò un braccio attorno al collo per stringerla a sé. - Ma è fantastico! - quando la castana fece un passo indietro e le si allontanò, le mostrò il proprio anello, che sbrilluccicava già stretto attorno al suo anulare sinistro da qualche giorno. Marinette era certa che un tipo romantico come Nino non si sarebbe soltanto limitato ad una semplice proposta fatta in una stanza d'ospedale, per chiedere alla sua ragazza di trascorrere il resto della sua vita insieme a lui, e così era stato. - Per quando avete fissato le nozze? - - Abbiamo pensato per gli inizi di giugno. Sai, oramai stiamo insieme da moltissimi anni, e crediamo che la scelta migliore sia proprio quella di attendere il meno possibile. - spiegò, con un sorriso che non accennava assolutamente ad andar via dalle sue labbra. - Hai ragione: perché aspettare? Persino io ed Adrien abbiamo preso la stessa decisione, quando ci siamo sposati. - - A proposito... Lui ci sarà, non è vero? - chiese Alya. - Certo che ci sarà, altrimenti lo andrò a prelevare direttamente io da New York, e cercherò di dargli una bella punizione. - sì sfregò i palmi delle mani l'uno con l'altro, mentre nella sua mente si faceva spazio un'idea a dir poco malefica. - Lo lascerai in astinenza per un mese? - domandò l'altra, ridacchiando. La corvina scosse la testa, in risposta. - Molto peggio: per un anno. - rivelò. - Uuuh, cattiva... Mi piace. - risero ancora. Subito dopo però, fu il suono di un cellulare ad interromperle: era quello di Marinette. La ragazza lo tirò fuori dalla tasca dei propri jeans e: - Oh, è proprio lui. - esclamò, per poi premere il pollice sulla cornetta verde posta a sinistra della tastiera e rispondere alla chiamata. - Hey. - esclamò solamente, uscendo dalla stanza. La voce dall'altra parte della cornetta però, non sembrava affatto quella di suo marito: - Ciao, Marinette. Ti disturbo, per caso? Be', non importa. Non ho idea di che ore siano a Parigi, ma ho il bisogno urgente di dirti una cosa... - iniziò, strascicando leggermente le parole. - Chloé? Perché hai il cellulare di Adrien? È successo qualcosa? - la corvina cominciò a preoccuparsi. - Adrien? Oh, no no. Me lo ha solo prestato perché credeva che se avessi usato il suo tu non avresti esitato nemmeno per un secondo a rispondere, e infatti... - iniziò. - Aspetta, non ti seguo: se non gli é successo nulla allora perché mi hai chiamata? - aggrottò le sopracciglia. - Ecco, io... Volevo chiederti scusa, Marinette. - quella sua unica frase bastò a renderla ancor più confusa di prima. - Eh? - domandò, certa di non aver capito bene. Udì l'altra sospirare sonoramente nel microfono del cellulare. - Ti chiedo scusa per tutto ciò che di brutto ti ho fatto durante gli anni delle medie e del liceo. - a quel punto, la corvina si ritrovò letteralmente a strabuzzare gli occhi azzurri. "Allora non é uno scherzo", si disse. - Oh, be'... Grazie, credo. - si grattò la nuca, in imbarazzo. Era stata presa così tanto alla sprovvista da non saper che dire. - Ma sono passati così tanti anni ormai... È acqua passata. - - Lo so, però... Quando si é adolescenti gli insulti e le prese in giro fanno più male, perché non si é ancora abbastanza maturi per capire la loro inutilità nella vita reale. Io... Stenterai sicuramente a crederlo ma... Sto cercando di cambiare. È da molto, in realtà, che vorrei farlo e... Ho pensato che un gesto come questo potesse essere, non so, un inizio. - esclamò. Non appena si interruppe, Marinette cominciò a rimuginare su quello che le aveva detto. Non era mai stata una persona rancorosa nella sua vita: solitamente infatti, riusciva a perdonare una persona anche senza che quest'ultima si dimostrasse minimamente pentita delle proprie azioni. Il fatto che, pur a così tanto tempo di distanza, Chloé pensasse ancora a quelle che adesso entrambe avrebbero senz'altro definito delle semplicissime "stupidate da ragazzini" la colpì: significava che essere la bulletta della scuola le avesse provocato diversi sensi di colpa già all'epoca. - Hai ragione, Chloé: a quell'età anche una frase detta per scherzare può ferirti, se sei una persona insicura. Ammiro molto il fatto che tu stia finalmente capendo quanto fosse inutile e stupido comportarti in quel modo con gli altri. Se non l'avessi già fatto, ti perdonerei senza pensarci due volte. - sul viso dell'altra non poté che spuntare un enorme sorriso: ottenere una risposta così tanto gentile e disponibile era il miglior regalo che potesse ricevere. A dire il vero, la percepì più come una sorta di sua benedizione, del tipo: "Sono molto contenta per te. Continua così e cerca sempre di fare del tuo meglio", perciò non riuscì a fare a meno di prenderla alla lettera. - Grazie mille, Marinette. Lo sai, credo che questo viaggio mi abbia aiutata molto a capire chi voglio realmente diventare e, sempre se non chiedo troppo, una volta tornata a casa mi piacerebbe molto poter incontrarti, anche soltanto per un caffè ed una piccola chiacchierata. Che ne diresti? - ridacchiò, un po' imbarazzata. - Direi di sì: perché no? - furono le parole di Marinette, sulle cui labbra si era andato a formare lo stesso identico sorrisetto dell'altra.

Serena

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