15.Deponiamo le armi?

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- Salve, desidera? - esclamò cordialmente la corvina. Quella mattina si era presentata come ogni giorno alla pasticceria dei suoi per dar loro una mano. Oramai il suo era diventato quasi un lavoro a tempo pieno: arrivava lì un paio di ore dopo l'apertura e ci rimaneva fino a tardo pomeriggio, per poi occuparsi della casa e di tutte le altre faccende domestiche che aveva da sbrigare. In quel momento, aveva appena fatto il suo ingresso un'anziana signora dai lunghi capelli bianchi, che si stava trascinando dietro parecchie buste della spesa. Le rivolse un bel sorriso, indicandole una confezione di ciambelle posta lì davanti a sé. - Mi dia una di quelle e ci aggiunga anche un paio di croissant. Sa, questa sera arrivano i miei nipotini dall'Italia e non voglio di certo lasciarli a pancia vuota. - esclamò raggiante, strizzandole un occhio. Marinette ridacchiò. - Sono sicura che farà un figurone con questi. Grazie e buona giornata! - subito dopo che ebbe pagato il conto, la salutò e se ne andò. A quel punto, la ragazza ebbe qualche minuto di pausa per sgattaiolare in cucina e rubare un dolcetto appena sfornato dal bancone. Lo faceva spesso, a dire il vero, e talvolta capitava lo facesse sparire tanto velocemente da lasciare suo padre interdetto e anche un po' confuso, dato che non si accorgeva nemmeno della sua presenza, immerso com'era nel proprio lavoro. Dopodiché, tornò alla cassa e continuò a servire diversi altri clienti, mantenendo sempre la sua solita aria allegra e gentile che, a detta dei suoi genitori, continuava ad attirarne sempre di molti. In fin dei conti, le piaceva lavorare lì, a contatto con la gente che andava e veniva, spesso indaffarata o semplicemente attirata da quel dolce profumo che si riusciva a percepire fino in fondo alla strada e che faceva venire l'acquolina in bocca a tutti. E poi, non si sentiva mai sola, perché la madre, che era una donna piuttosto seria ed organizzata, era sempre lì al suo fianco, ad aiutare sia lei che suo padre. Era in gran parte proprio da Sabine che aveva imparato tutti i "trucchetti del mestiere". D'un tratto, mentre si prendeva un momento per rimettere in ordine questi suoi pensieri, il campanello posto all'entrata del negozio tintinnò, segnalando l'arrivo di un'altra persona. Lei alzò di scatto la testa, pronta a mostrare il suo miglior sorriso a chiunque stesse varcando quella porta. Si trattava di un ragazzo dalla corporatura asciutta e dalla carnagione molto chiara, che aveva dei lunghi ciuffi di capelli castani che gli coprivano la fronte. Nel lanciarle un'occhiata, ricambiò il suo sorriso, mettendo in mostra la sua dentatura bianca e brillante. - Buongiorno. - salutò. Marinette gli rispose allo stesso modo, attendendo che ordinasse qualcosa. - É nuova? - domandò lui, invece. - Come? - per un attimo, Marinette parve essere stata colta completamente alla sprovvista. - Lei, è nuova? Ha cominciato a lavorare adesso qui? - specificò. - Oh, no. Sono qui già da un po' di mesi. - rispose. L'altro annuì. - Strano, non l'avevo mai vista prima. E, a dire la verità, non riesco proprio a capire come abbia fatto a non notarla. - esclamò lo sconosciuto, passando lo sguardo su tutto il suo corpo con una tale sicurezza da togliere il fiato. La corvina non poté fare a meno di arrossire: non le era mai capitato che qualcuno ci provasse così spudoratamente con lei. - Be'. Vuole... - si schiarì un attimo la voce : - ... ordinare qualcosa? - - Sì, ecco... prenderei una dozzina di macaron al cioccolato e... il suo numero di telefono, se possibile. - "Non ci posso credere!" pensò, cercando di non dare a vedere il fastidio che stava provando, "Ma quanto è sfacciato!". - Mi dispiace, ma il mio numero non è in vendita. Se vuole, potrei darle un bel pacchetto di "Sono occupata" ed una confezione di "Vada a fare il marpione da qualche altra parte": li abbiamo appena sfornati. - se ne uscì invece, allargando ancor di più il suo sorriso, mentre quel misterioso ragazzo scoppiava in una fragorosa risata. - Mi piace, prendo tutto! - fu la sua risposta. L'altra scosse la testa, divertita ed allo stesso tempo anche un po' sconcertata.

- Ho per caso fatto qualcosa di male? - fu Adrien a spezzare il silenzio andatosi a creare. Pronunciò quelle parole con un tono di voce alquanto preoccupato. Nello scorgere l'espressione che gli campeggiava sul viso, chiunque fosse passato di lì avrebbe pensato lo stesso: era decisamente in ansia per qualcosa. Cosa? Be', quando Marinette lo aveva chiamato per chiedergli di incontrarlo perché aveva urgentemente bisogno di parlargli, lui era andato in panico: in che altro guaio si era andato a cacciare questa volta? Inutile dire che in quel momento, mentre continuava a tenere la sguardo fisso sul menù appoggiato davanti a sé e si torceva con nervosismo le mani nascoste sotto al tavolino, non facesse altro che chiedersi cosa diavolo fosse successo. Marinette però, che gli si era seduta davanti da più di un quarto d'ora, non aveva spiccicato alcuna parola, eccezion fatta per un semplice "ciao" sussurrato tra le labbra. Ma, a quel punto, nell'udire quelle del biondo, non poté che lasciarsi scappare un piccolo sorriso e, così facendo, non fece altro che scatenare ancora di più la sua agitazione. Subito dopo scosse piano la testa, passandosi una mano fra i capelli ancora leggermente umidi. - Ne sei sicura? Hai una faccia... - lui aspettò ancora un pochino, prima di tirare un sospiro di sollievo. - E lo dici a me? Perché tra noi due non sono di certo io quella presa da un attacco d'ansia. - ribatté, pronta. Lui si finse terribilmente offeso e: - Che cosa? Non è affatto vero! - borbottò, imbronciato. - No? Be', in ogni caso... hai bisogno di un fazzoletto? Perché hai un po' di sudore che ti cola dalla fronte... - ridacchiò, prendendolo in giro. Lui incrociò le braccia al petto e le lanciò un'occhiataccia di fuoco. - Allora... cosa avevi intenzione di dirmi? - domandò poi, facendo finta di niente. - Tu che cosa ti aspetti che dica? - a quanto pare, a Marinette piaceva davvero tanto stuzzicarlo. - Be', tanto per iniziare, non credo sia del tutto educato rispondere ad una domanda con un'altra domanda e poi... No, in realtà non ne ho la più pallida idea. - rispose. Lei gli sorrise: "Touché", si disse. Aprì bocca per parlare ma, tutto d'un tratto, un cameriere interruppe il loro botta e risposta, lasciando loro le rispettive ordinazioni. Entrambi le consumarono in profondo silenzio, quasi volessero concentrarsi totalmente sui loro piatti. Una volta finito di mangiare, poi fu di nuovo Adrien a riprendere la parola. - É una cosa negativa o positiva? - l'altra alzò gli occhi al cielo, per poi posarli nuovamente sulla sua figura. - Mmmh, non so. Devo pensarci su. - assunse una finta aria pensierosa: lo stava seriamente per portare verso l'orlo dell'esasperazione. - Potresti almeno darmi un indizio? - chiese infatti. Ma lei scosse la testa, così tutte le sue speranze andarono malamente in fumo. Sul suo viso andò a formarsi un broncio tenerissimo, a cui Marinette non potè davvero resistere: - Dai, non guardarmi in quel modo. Paghiamo il conto ed usciamo da qui, così te la dico. - si arrese, cominciando ad alzarsi. L'altro la seguì, d'un tratto raggiante, ed entrambi si diressero verso la cassa. Una volta fuori, entrarono nel parco lì vicino e si sedettero su una panchina leggermente più appartata delle altre. La corvina si guardò un po' intorno, prima di girarsi verso di lui e cercare i suoi occhi verde smeraldo ed il suo splendido sorriso, che la rassicurarono all'istante, inducendola a parlare. - Io... volevo chiederti scusa, Adrien. Scusa per aver dubitato di te, per non aver creduto alle tue parole. Ho rigettato su di te la frustrazione che ho provato nel sentirmi segnata a dito da tutta la scuola come la supereroina di Parigi. Mi dispiace davvero tanto per tutto quello che ti ho detto: me ne pento molto. Adesso so per certo che non sia stata tua la colpa. Spero tu possa perdonarmi. - esclamò, senza prendere fiato un attimo. Adrien ascoltò attentamente le sue parole, stupendosene e rallegrandosene subito dopo. Le sorrise, prima di avvicinarsi a lei, scostarle un ciuffo scuro dal viso ed accarezzarle una guancia in un gesto di estrema dolcezza. - Ma certo che ti perdono. Come potrei non farlo? - le disse, guardandola dritto negli occhi. La ragazza sembrò tranquillizzarsi all'istante, perché il suo volto riprese un po' di quel colore che era solito ravvivarle le guance. Sospirò di sollievo, per poi ricambiare il sorriso dell'altro. - Menomale, non so davvero come avrei fatto a convivere con il senso di colpa. - ridacchiò. - Però, posso chiederti una cosa? - intervenne il biondo. - Dimmi. - lo incitò. - Perché non deponiamo le armi? Voglio dire... Mi piacerebbe molto se tornassimo ad essere amici come prima. Che ne dici? - il cuore della corvina perse un battito, nell'udire le sue parole. Aveva proprio detto "amici"? Ecco che ritornava ad avere quella strana sensazione alla bocca dello stomaco. - D'accordo. - rispose alla fine, e il viso dell'altro si aprì in un grandissimo sorriso. Prima che però, potesse anche solo minimamente provare a reagire, lui le avvolse le braccia attorno ai fianchi e la strinse forte a sé. Intanto, tutto il suo corpo cominciò a dare in escandescenza: il contatto con quello dell'altro le faceva tornare in mentre troppi bei ricordi, scatenando in lei migliaia di emozioni diverse. Dal canto suo invece, Adrien era più che mai al settimo cielo. In quello stesso istante infatti, desiderò con tutto il suo cuore che il tempo si fermasse, perché non si sentiva affatto pronto a lasciarla andare. E fu proprio quando la ragazza gli strinse le braccia attorno al collo che si ripromise che mai, mai più sarebbe accaduto.

Serena

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