29.Una persona migliore

476 31 1
                                    

- Adrien! Adrien, fermati: ci scopriranno! - bisbigliò Marinette, presa dal panico. - Fidati di me, ti dico! - le rispose lui, aumentando la presa sul suo polso e inducendola a seguirlo. Quel giorno, dopo aver trascorso gran parte del pomeriggio nello studio fotografico dove era solito lavorare anche suo padre, Adrien e Marinette avevano cominciato a sentire la necessità di rintanarsi in un posticino appartato per stare un po' da soli, così, una decina di minuti prima dell'effettivo stop delle attività quotidiane, entrambi avevano deciso di sgattaiolare fuori dall'edificio. Dopotutto, villa Agreste non distava poi così tanto da lì: perciò era proprio quella la prima meta a cui aveva pensato il biondo. "Mio padre e il suo autista rimarranno in studio ancora per un po'. Vedrai: a casa non ci darà fastidio nessuno", aveva esclamato, e Marinette non aveva potuto fare a meno di arrossire su tutto il volto, imbarazzatissima. Nonostante i numerosi tentativi di dissuasione che aveva messo poi in pratica per cercare di farlo tornare sui propri passi, Adrien non aveva esitato neanche per un attimo, e alla fin fine era stata proprio lei a cedere. Era sempre stato piuttosto chiaro a tutti che fosse Marinette la più razionale della coppia, eppure ancora non riusciva a spiegarsi come mai il suo cervello potesse spegnersi così d'improvviso ogni qualvolta si trovasse assieme all'altro. Ma d'altronde, non aveva nulla di cui preoccuparsi, perché ad intervenire in ogni sua situazione critica ci pensava il proprio cuore, che scalpitava sempre come un matto per farsi notare. In quel preciso istante, per esempio, sembrava saltellare su e giù come su un trampolino elastico, e la cosa non la straniva più di tanto, perché oramai ci aveva fatto l'abitudine. Con Adrien, ogni giorno era un turbinio di emozioni diverse, divertimenti e finali inaspettati: portare la loro relazione alla luce del sole non aveva fatto altro che renderli ancor più affiatati e innamorati di prima. Entrambi non avrebbero potuto meritare di meglio. - Avanti, sbrighiamoci. Se facciamo in tempo dovremmo riuscire ad entrare dalla porta sul retro. - - Avete una porta sul retro? - domandò lei, aggrottando le sopracciglia. - Sì, ma la usano principalmente i domestici. - rispose. Dopodiché, fece qualche passo in avanti e le mimò di raggiungerlo e di posizionarsi al suo fianco con un gesto della mano. Arrivati al cancello della residenza però, tastatosi più volte le tasche in cerca delle chiavi: - Non ci credo. - sospirò. - C'é qualche problema? - intervenne Marinette. - Sì, ho dimenticato di cambiarmi i pantaloni. Le chiavi devono essere rimaste nei jeans con cui sono arrivato. - realizzò, spiattellandosi una mano sulla fronte. - Oh. - se ne uscì allora la corvina, dispiaciuta, ma pur sempre con l'ombra di un sorrisetto divertito ad incresparle le labbra. A dire la verità, le ci vollero davvero pochissimi secondi per trasformarlo in una grossa risata: le bastò puntare lo sguardo sul volto di Adrien, e scorgerne l'espressione delusa ed afflitta. - N-no p-perdonami, Adrien. - lo interruppe ancor prima che potesse aprire bocca per replicare. - Ma é s-solo che... D-dovresti vedere la t-tua f-faccia! - a malapena riuscì a parlare, tanto le faceva male la pancia per le troppe risate. - Ma brava, prendimi pure in giro quanto vuoi. Intanto siamo rimasti chiusi fuori di casa. Immagino tu sia contenta, no? - la sfidò lui, alzando un sopracciglio ed incrociando le braccia al petto. - No che non sono contenta. - mentì poi, non appena si fu un attimo ripresa. - Però penso che ti stia bene se per una volta qualcosa non va come l'avevi prevista. - alzò il mento e lo guardò con finta aria da superiore. Adrien, in risposta, spalancò quasi completamente la bocca, sconcertato, e: - Che cosa hai detto? - chiese, riducendo gli occhi verde smeraldo a due minuscole fessure e fingendosi sull'orlo di una sfuriata. Ma lei non si fece intimidire né dal suo sguardo né dalle sue parole, e anzi, con lo stesso identico ghigno da furbetta che aveva imparato a fare sin da quando era bambina: - Ho detto - ribatté - che ti sta bene. - dopo che ebbe pronunciato questa frase però, non ebbe nemmeno il tempo di realizzarlo, che il biondo le si era gettato subito addosso per farle il solletico. - Mi sta bene, eh? Mi sta bene? Aspetta che ti sistemi per le feste, e vedremo a chi starà bene cosa! - esclamò, mentre il ventre di Marinette veniva scosso da mille altre risate, illuminando il suo sguardo. - D-daccordo, d-d-d'accordo! Basta, s-smettila: t-ti prego! - lo supplicò, ad un certo punto. Stava praticamente piangendo, quando: - Non mi fermerò fino a quando non mi avrai chiesto scusa come si deve! - le rispose lui, le labbra incurvate all'insù in un sorriso di scherno. - S-cusa, A-drien. Ti c-chiedo scusa! - disse lei, Adrien scosse la testa. - E no, mia cara: non crederai mica che io ti possa perdonare così tanto facilmente, vero? - - Ci sarebbe bisogno di molto di più, ma siccome sono un bravo ragazzo, ho deciso che ti farò un piccolo sconto. - la guardò con aria provocante, e Marinette non poté fare a meno di spalancare gli occhi per lo stupore. Proprio in quel momento, Adrien si fermò, anche se non si azzardò a interrompere il loro contatto visivo nemmeno per un secondo. Con un agile movimento della mano, l'afferrò poi per un fianco e l'attirò a sé con fare sensuale, avvicinando i loro nasi e unendo le loro labbra in un bacio appassionato. Il corpo della corvina, che in un primo momento si era irrigidito come quello di una statua, divenne della stessa consistenza della gelatina, non appena fu stretto dalle calde braccia del suo fidanzato. Le sue mani raggiunsero sin da subito il volto di lui e lo accarezzarono dolcemente, mentre i loro bacini si scontrarono. Marinette, salita in punta di piedi, si lasciò travolgere dalla potenza di quel bacio come poche volte in vita sua, con la consapevolezza di star facendo ciò che realmente il proprio cuore desiderava. Quando pian pianino si fecero distanti: - Il mio Adrien. - mormorò lei, con lo sguardo fisso sulle labbra leggermente gonfie dell'altro: le stesse che non vedeva l'ora di ribaciare. - La mia Insettina. - Adrien le sorrise. - Insettina? Era da tanto che non mi chiamavi così. - la ragazza ne rimase piuttosto sorpresa. - Be', se preferisci, posso sempre continuare a chiamarti Puuur-incipessa. - ridacchiò. Le si avvicinò e le scostò la frangetta scura da un lato del viso, carezzandone poi la guancia con il pollice. - No. - rispose Marinette. - Insettina non mi dispiace affatto. -

- E con questa credo di aver terminato. - Chloé sospirò. Aveva appena messo giù il telefono per l'ennesima volta in quella stessa giornata e, a dire il vero, era rimasta anche piuttosto colpita dal fatto che non avesse ancora perso l'orecchio, dopo tutte le chiamate che aveva effettuato. Si stropicciò il volto stanco con una mano e riprese un attimo fiato. Passare dal non sentire le voci dei propri compagni di classe per almeno cinque anni, al doverle ascoltare una per una a distanza di pochi minuti tra loro, era stato davvero difficile da sopportare per i suoi nervi, ma alla fine ce l'aveva fatta: ci aveva parlato animatamente e aveva addirittura chiesto loro perdono per come si era comportata durante tutto il corso del liceo. La cosa che la sorprendeva di più però, era che, paradossalmente, la persona con cui aveva avuto più piacere a conversare era stata proprio Marinette, quella che una volta avrebbe definito senza ombra di dubbio la sua "più acerrima nemica". - Come ti senti? - le chiese Adrien. Ancora non era riuscito a realizzare che l'amica avesse accettato di fare ciò che aveva fatto, perciò il suo sguardo pareva alquanto sconvolto. La verità era che non si sarebbe mai aspettato che la loro amicizia significasse così tanto per Chloé perché, dopotutto, se così non fosse stato, di certo non avrebbe insistito in quel modo per farsi perdonare da lui. - Bene. Mi fischiano un po' le orecchie, ma... Tutto sommato bene. - se ne uscì lei, mentre sul volto del biondo si apriva un sorriso divertito. - No, intendevo: cosa provi adesso? - si spiegò meglio. Chloé dovette prendersi qualche secondo in più per rispondere alla sua domanda. - Io... Non lo so di preciso. Mi sento... Strana. Sì, insomma... È tutto così nuovo per me, e non ci sono abituata. Ma avresti dovuto sentirli: sono stati davvero gentilissimi con me, e mi hanno trattato come una loro vecchia amica, invece che come una loro spiacevole conoscenza. - rispose, alla fine. Non arrivò mai ad incontrare i suoi occhi, fino a quando: - Si vede che nel mondo non ci sono solo brutte persone... - esclamò lui. La bionda annuì piano. - Già, penso che tu abbia proprio ragione. - gli sorrise. - E soltanto perché tu lo sappia... Credo anche che Marinette sia una ragazza davvero, davvero speciale, e sono contenta che abbiate deciso di trascorrere il resto della vostra vita insieme. Non ho voluto dirlo né a te né a lei perché ai tempi ero fin troppo orgogliosa, ma... Ho sempre sperato che le cose potessero andare diversamente tra me e Marinette, perché da come me ne parlavi sembrava essere un'amica mille volte migliore di quella che sarei potuta essere io per te. Mi sarebbe piaciuto imparare da lei e starti accanto nei momenti più difficili, ma non l'ho fatto, e per questo me ne pento. - rivelò, abbassando nuovamente lo sguardo per la vergogna: aprirsi in quel modo davanti ad un'altra persona che non fosse Adrien l'avrebbe mandata al manicomio. - Non dovresti farlo, perché diventare come lei avrebbe significato trasformarti completamente in un'altra persona, e non ne sarebbe valsa la pena. - quando le si affiancò e le poggiò una mano sulla spalla, lei tornò a guardarlo finalmente in viso. - E lo sai perché? - scosse la testa. - Perché così avrei perso la mia migliore amica. - disse poi, senza fare troppi giri di parole. Chloé si ritrovò a strabuzzare gli occhi azzurri per la sorpresa. - Tu potrai avere tutti quanti i difetti di questo mondo, ma non devi rinnegare ciò che sei e cercare di nasconderti dietro alla maschera di qualcun altro. Per riuscire a vivere bene con te stessa, per prima cosa devi imparare ad accettarti, e poi incominciare a migliorarti: non il contrario. - - Lo so, adesso lo so. Mi dispiace soltanto di non essere riuscita a capirlo prima: mi sarei risparmiata anni ed anni di sofferenza inutili, e probabilmente ora avrei fatto pace con me stessa già da un bel po'. Ma è andata così, e che senso ha continuare a rivangare il passato? Ciò che importa è che sono riuscita ad ammettere a me stessa di aver sbagliato, e che ho già cominciato a mobilitarmi per rimediare, no? - le sue iridi chiare si illuminarono, nel momento in cui le sue labbra pronunciarono quelle parole: la speranza intrisa nel suo sguardo non lasciava più spazio ad alcun dubbio. - Ma certo. È solo che... Sei sicura di aver fatto proprio tutto tutto ciò che ti eri prefissata di fare? - le domandò Adrien. Lei aggrottò le sopracciglia, confusa. - Non ti seguo. Che intendi dire? - - Sabrina: le hai più parlato? - e nell'udire quel nome, il cuore della ragazza perse un battito.

Serena

Everything is paw-ssible with you #Wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora