Capitolo 16: Sogni di Libertà

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Poco oltre lo Stretto di Gibilterra, mezz'ora più tardi

Judittha osservava l'oceano con sguardo assente ormai da un bel po', appoggiata al corrimano in legno del ponte di poppa della Santa Maria, una delle tre caravelle che avevano soccorso lei e il compagno dall'ennesimo assalto dei tre sgherri di Oloferne.

La fanciulla aveva a malapena salutato il capitano dell'imbarcazione, il genovese amico di penna di Jona, lasciando quest'ultimo a ringraziarlo per il salvataggio operato in favore dei due giovani. Lei, invece, era salita subito sul ponte posteriore, incurante del braccio sanguinante a causa del proiettile sparato da Nibbale (che l'aveva colpita solo di striscio, per fortuna) per tenere d'occhio il terzetto che le correva dietro ormai da un anno. Con i nervi tesi, sussultava ogni volta che scorgeva un puntino all'orizzonte, sicura si trattasse dei tre sgherri, per poi scoprire si trattava di un semplice pesce saltellante o di un gabbiano. Aveva già portato la morte nella vita del suo primo soccorritore, Jona, non voleva portarla anche nella vita di un intero equipaggio. Se Nibbale, El Greco e Spranga fossero entrati nel suo campo visivo, si sarebbe arresa, anche a costo di gettarsi in mare. Era pronta a pagare per i suoi peccati, pur di evitare che ancora una volta qualcun altro si facesse male per salvarla.

«Ehi!» interruppe il filo dei suoi pensieri Jona, poggiandosi accanto a lei, volgendo le spalle all'oceano a lui tanto caro.

Era molto più rilassato, finalmente nel suo habitat naturale. Le sorrideva, incoraggiante.

«Novità su quei tre?» chiese, subito Judittha, temendo la risposta.

«Nessuna imbarcazione avvistata nell'ultima mezz'ora» le rispose il gondoliere veneziano, certo di porre fine alla sua preoccupazione. Ma non era così, i nervi di Judittha non volevano saperne di rilassarsi. Semmai, strinse con ancora più forza il corrimano della caravella, fino a sentire le schegge di legno sul palmo.

«Rilassati!» la esortò Jona, stringendo la sua mano gelida con la propria, calda, rassicurante. «Va tutto bene, è finita! Sei libera!» continuò, sorridendole, fissando i suoi occhi azzurri colore del mare in quelli verdi della siciliana. «Non ci stanno seguendo! E, anche se fosse, non potrebbero sopravvivere in mare aperto con una barca...»

A quelle parole, Judittha inarcò un sopracciglio, riacquistando una parte del suo carattere schietto.

Con un timido sorriso che lentamente le si disegnava sul viso, chiese, ironica: «Che fine ha fatto l'uomo che voleva attraversare il Mediterraneo in gondola?»

«Ha incontrato una donna forte e coraggiosa che gli ha insegnato a ragionare con la testa» rispose Jona, sorridendo a sua volta.

Tuttavia il sorriso di Judittha ebbe vita breve. Distolto lo sguardo dal compagno, tornò a fissare le onde dell'oceano, aggrottando le sopracciglia.

«Non sarei su questo ponte a guardarmi spaventata alle spalle, se fossi coraggiosa...» disse, con una smorfia di biasimo rivolta a se stessa.

Jona non si lasciò sconfortare dalle parole della compagna, desideroso più che mai di tirarla su di morale.

Ancora col sorriso sulle labbra e continuando a tenerla per mano, disse: «Affronteremo qualsiasi problema, se e quando giungerà, insieme, come abbiamo sempre fatto. Senza lasciare che la paura condizioni la nostra felicità.»

Sentire quelle parole da parte del compagno scaldò il cuore della siciliana. Da una parte c'era lei che, per amore di Jona, era disposta a consegnarsi ai tre sgherri, pur di evitare altra sofferenza al suo innamorato. E dall'altra c'era Jona, pronto a tutto, persino alla morte, pur di tenere al sicuro Judittha.

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