Mentre Jona e Judittha erano gentilmente accolti nella corte di Minosse, una barca navigava alla volta di Creta. Seppur composta di pregiato legno siciliano, le vele dell'imbarcazione erano di purissima seta araba. Era una delle cento scialuppe della schiera del re Oloferne. Un uomo calvo, El Greco, e un uomo robusto dalla faccia astuta, capelli e pizzetto di un chiaro castano colore noce, Spranga, erano di servizio ai remi, mentre il terzo e, forse, il più crudele degli sgherri, Nibbale, osservava con attenzione una cartina geografica.
«Dove possono essere scappati quei due delinquenti?» parlò tra sé e sé Nibbale, non alzando gli occhi nemmeno per un secondo dalla cartina, arrotolando inconsciamente con un dito la punta dei suoi baffi brizzolati.
«Nibbale, che fai me lo dai il cambio?! Non ce la faccio più, sono tutto sudato!» urlò El Greco, con la pelata imperlata di sudore.
«Se io dovessi mettermi ai remi, chi osserverebbe la cartina... tu?!» lo derise il perfido Nibbale, sbuffando. «Lo sanno tutti che il vero cervello nella banda sono io!»
«Permettimi di dissentire!» protestò Spranga. «Io sono il vero cervello!» e tentò di strappare dalle mani del compagno la cartina.
«No, sono io!» disse Nibbale, rafforzando la stretta sulla cartina.
I due continuarono il tira e molla con la cartina, finché essa non si strappò in due.
«Visto cosa hai combinato?!» sbraitò Nibbale, dando uno cazzotto a Spranga.
«Sei stato tu a strapparla!» tentò di difendersi lo sgherro baffuto.
«Minchiaaaa, terraaaaa!» urlò El Greco, contrastando le urla dei due compagni.
L'oro della corte di Minosse splendeva abbagliato dal caldo sole mattutino. Era una goduria vedere un'intera popolazione intenta a fare colazione, tutta seduta nella stessa sala, come se fosse un'unica, grande famiglia. Il pelato e scherzoso Minosse sedeva sul suo lucente trono, dominando dall'alto il suo popolo, ma non come un perfido sovrano, come lo si dipingeva, ma come un buono e magnanimo padre.
Jona fu subito colpito dalla bontà di Minosse, sin da quando invitò lui e Judittha a prendere parte alla colazione e non come semplici popolani, ma come i più fieri e coraggiosi cavalieri, nel tavolo reale! La qualità del cibo era sicuramente superiore di quella popolana. I viveri venivano mandati su direttamente dalla cucine reali che risiedevano nei sotterranei del Palazzo. I calici erano di puro oro e i piatti e le posate d'argento splendente. Nel loro tavolo la gente non si abbuffava, come nei tavoli del popolo, ma dimostrava la propria classe seguendo punto per punto il Galateo.
Accanto a sé, Jona vide che anche Judittha si guardava intorno meravigliata. Lei era una regina, avrebbe dovuto essere ormai assuefatta a tale lusso, ma non poteva fare a meno di rimanere a bocca aperta. D'altronde era stata regina per una sola sera... rifletté tra sé e sé Jona.
«Allora, chi siete, miei cari ospiti?» chiese Minosse ai due nuovi arrivati, rivolgendo loro un sorriso carico di caritas.
«Io sono Jona By e lei è Ju...» cominciò Jona.
«Junone!» completò per lui Judittha, pestando con forza il piede del gondoliere.
«Stavamo navigando sul Mediterraneo per contemplare la bellezza del vostro Palazzo» continuò la siciliana. Poi gettò la forchetta di Jona a terra. Quando il giovane si chinò, sbigottito, per raccoglierla, la ragazza si chinò insieme a lui.
«Siete pazzo?!» lo sgridò. «Io sono una fuggitiva! Tra qualche giorno l'intero continente saprà quello che ho fatto e voi date il mio nome a chinque!?»
STAI LEGGENDO
Sogni di Libertà
AventuraStoria vincitrice ai Wattys2021 nella categoria Jolly 🏆 Premio migliori effetti speciali agli Italian Academy Awards 2021 🎞 Italia, fine XV secolo. Jona è un giovane gondoliere veneziano. Stanco della monotonia della sua vita e del suo lavoro, si...