Capitolo 18: Alla deriva

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Lo sciabordare del vento e le gocce d'acqua in piena faccia svegliarono Jona. Sentiva contro il suo fianco il calore familiare del corpo di Judittha, che dormiva tranquilla e serena come un bebè. Il giovane gondoliere si guardò in torno. Sbigottito, non vide il legno della caravella, quel legno che era solito scorgere ogni mattino al suo risveglio. Bensì vide solo acqua. Alla sua destra, a sinistra, a nord e a sud. Le tre caravelle erano solo due figure lontane, dietro quella piccola imbarcazione su cui erano a bordo. Cercò a tentoni un remo per poter remare, ma di esso neanche l'ombra.

«Judittha, svegliati» chiamò, disperato.

La siciliana mormorò qualcosa nel sogno e fece per girarsi dall'altro lato.

«Judittha, siamo alla deriva!» riprovò Jona, scuotendola ora più violentemente.

A quelle parole, Judittha si destò. Aprì lentamente gli occhi, abbagliata dalla luce del primo sole.

«Che sta succedendo?» furono le prime parole che rivolse al compagno, che appariva visibilmente scosso.

«Non siamo più sulle caravelle» riuscì a dire Jona.

Anche Judittha si guardò intorno, come se non volesse credergli.

Oceano. Un vasto e tranquillo oceano.

«Devono averci calati con la nave di salvataggio...» ragionò la siciliana.

«Si tratta sicuramente di uno scherzo...» ipotizzò Jona, incapace di credere alla mala fede dei marinai con cui aveva diviso il "tetto" ormai per quasi due mesi.

«O forse volevano due persone in meno da sfamare...» diede la sua Judittha, che, al contrario del compagno, non si faceva scrupoli a trovare il marcio nella società.

Che si trattasse di cinismo o di semplice obiettività, la siciliana aveva sofferto troppo a causa degli esseri umani per credere ancora negli abitanti di questo pianeta.

«Oddio!» esclamò, poi, accorgendosi solo adesso di come il futuro sposo non indossasse niente sotto la sua tipica polo da gondoliere. «Rimettiti i calzari!» gli intimò, godendosi la visione delle sue natiche nude, ma augurandosi che nessuno dalle tre caravelle stesse ammirando la sua mercanzia.

Jona si scrutò le gambe e si accorse di essere totalmente nudo! Frugò nella coperta su cui erano avvolti fino a poco prima e (grazie al cielo!) trovò i suoi vestiti.

Finalmente vestiti da capo a piedi, i due sventurati cercarono di calmarsi a vicenda. L'acqua non era molto agitata, tutt'altro. La piccola nave su cui erano scorreva quasi per inerzia. Appena il vento fosse stato un po' più violento, Colombo avrebbe potuto aprire le vele e recuperarli senza troppa fatica.

Nel frattempo, a bordo delle caravelle

«Voi avete fatto cosa?!» stava urlando Colombo ai suoi uomini.

«Doveva essere uno scherzo innocente, tutto qua...» provò a giustificarsi uno dei marinai, Livio, a cui era venuta la brillante idea di calare in mare la barca di salvataggio con a bordo i due giovani innamorati addormentati, senza alzare lo sguardo dalle sue logore scarpe in cuoio.

Nessuno poteva prevedere che la corda non avrebbe retto.

«Prima regola del mare: NON SI SCHERZA MAI CON IL MARE!» continuò la sua sfuriata Colombo, sillabando bene ogni parola come se stesse parlando a un gruppo di poppanti.

I marinai, d'altro canto, si comportavano come dei bambini. Sguardo basso e tremanti di paura. Da quando furono arruolati dal capitano, non lo avevano mai visto così infuriato. E dire che stavano per arrivare nel Nuovo Mondo... se solo avessero resistito a non fare stupidaggini per qualche ora!

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